mercoledì 31 ottobre 2007

Ratzinger, pericoloso papa antimoderno

La figura di papa Ratzinger è affascinante, anche se in fin dei conti molto irritante per un laico come me.
Ascoltando le frequenti esternazioni del pontefice ed osservando le sue iniziative, sembra di avere di fronte un papa del passato che grazie a qualche prodigio, magari ad una macchina del tempo, è piombato nel bel mezzo del 21° secolo.
Ratzinger è latore del messaggio di una chiesa vecchissima e tuttavia viva: una chiesa preconciliare, come dicono alcuni commentatori.
Meglio ancora tridentina, in ricordo del Concilio di Trento (1542-1563), che segnò l'avvio di un'energica e spietata reazione teologica e politica da parte della chiesa di Roma, che stava subendo l'emorragia dello scisma protestante.
Quella reazione passata alla storia come controriforma, che grazie all'appoggio del "braccio secolare", vale a dire delle istituzioni degli stati europei rimasti vicini a Roma, soffocò con violenza il libero dibattito culturale che si stava sviluppando in molte regioni d'Europa.
Lo storico del 700 Giambattista Vico sosteneva che la storia è fatta di "corsi e ricorsi". E' come un pendolo che oscilla da destra a sinistra e viceversa.
Nella vicenda plurimillenaria della chiesa, alla riforma protestante è seguita la controriforma; adesso, dopo il Concilio Vaticano II (1962) che aveva ufficializzato una linea di confronto più moderato ed aperto con la società civile, Ratzinger si fa guida di una nuova controriforma.
E' una battaglia dagli esiti in parte imprevedibili; emerge con chiarezza però una grave tensione fra mondo cattolico e laico particolarmente sofferta in Italia, dove ha sede il Vaticano.
Per non parlare della crescente incomunicabilità interreligiosa di cui Ratzinger è responsabile.
Ne è esempio la presa di posizione contro il mondo protestante (ricordo la polemica di qualche settimana fa con la piccola, dignitosa e civile comunità dei Valdesi).
Oppure le dichiarazioni critiche verso l'ebraismo, rieccheggianti la sinistra polemica del passato contro "i fratelli che sbagliano" perchè non riconoscono il messaggio di Cristo, grazie a cui si sono giustificate ignobili persecuzioni.
E pensare che, in una razionale prospettiva di analisi storica, Cristo non era altro che un ebreo ortodosso... Chi ha il coraggio di dirlo ai cattolici?
L'unica cautela che Ratzinger osserva, per ovvi motivi, è nei riguardi del mondo islamico, oggi più che mai un bacino di intolleranza e totalitarismo in grado di far esplodere rapidamente dimostrazioni sanguinose in ogni parte del globo.
Fatte le debite proporzioni, fra l'oscurantismo di molti imam e quello di Benedetto XVI, non c'è poi una grande differenza.
Le tirate ratzingeriane paiono autorevoli ma sono in realtà tesi semplicistiche, o se vogliamo clamorose castronerie.
Il 900 è da condannare, dice il papa, perchè allontanandosi da Dio ha creato i totalitarismi (nazifascismo e comunismo) e quindi la seconda guerra mondiale e la guerra fredda, omettendo di ricordare quante guerre sono state combattute ben prima per motivi religiosi da cattolici mossi da un identico spirito totalitario.
L'ultima perla regalataci dal papa preconciliare ed antimoderno è la direttiva impartita ai farmacisti, che non dovrebbero prescrivere terapie contrarie all'etica cattolica.
Questo episodio dimostra la linea di contrapposizione con le regole dello stato sovrano sostenuta con fermezza dal teologo tedesco.
L'offensiva di Ratzinger ripropone un dilemma che ha lacerato per secoli le coscienze: viene prima il potere temporale o quello spirituale?
Pensavamo che con l'avvento della modernità e del concetto di stato "aconfessionale" avessimo trovato una risposta accettabile: lo stato aconfessionale o laico garantisce eguale spazio di espressione ad ogni confessione religiosa.
Ma Ratzinger ci riporta indietro, ci da addirittura la possibilità di celebrare la messa in latino. Non ce n'era proprio bisogno.
Benedetto XVI continua a bacchettare la società pluralista per conservare la chiesa cristallizzata.
La sua estrazione del resto è quella del teologo, del docente che indica la verità da seguire; e che se necessario, boccia e punisce.
Dopo la carriera accademica, Giovanni Paolo II chiama Ratzinger (1981) a ricoprire la carica di prefetto per la congregazione della fede, l'istituzione è bene ricordarlo che in passato si chiamava Inquisizione.
Il solerte professore prende sul serio l'incarico e perseguita senza requie tutte le tendenze di pensiero non allineate all'interno della chiesa, a cominciare dalla famosa teologia della liberazione di padre Boff.
Dopo aver svuotato il dibattito interno alla chiesa, adesso da papa Ratzinger prova ad allineare il mondo: compito titanico e sicuramente irrealizzabile anche per un uomo dalla ferrea volontà e dalla convinzione di essere nel giusto come lui.
Senz'altro però ha realizzato un obiettivo: rimettere in discussione per la sventura di tutti, laici e cattolici, principi che parevano affermati e avevano assicurato un minimo di civile convivenza.
Grazie Ratzinger.
Per chi vuole approfondire il pensiero del papa antimoderno, consiglio la lettura di "Contro Ratzinger", ed. ISBN.
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domenica 28 ottobre 2007

Costituente del Partito Democratico: osservazioni

La costituente del partito democratico svoltasi ieri è un evento molto importante, non c'è dubbio, come le primarie del 14 Ottobre.
Giudicarlo con sufficienza o con spregio, come ancora una volta ha fatto Berlusca, sarebbe sbagliato oltrechè poco rispettoso e democratico.
Da questo punto di vista bene ha fatto Veltroni a ricordare che il disprezzo per l'avversario, la tattica denigratoria come mezzo di propaganda non può trovare posto nel nuovo partito.
Questo in effetti è uno dei mali peggiori della sgangherata seconda repubblica in cui viviamo. Speriamo che il PD rompa con una tale pessima abitudine.
A parte questo, il racconto della giornata fatto dai media mi suggerisce perlomeno tre osservazioni.
Numero 1: i sospetti sulla reale volontà del vertice del PD di rompere con le vecchie tradizioni di gestione del potere non sono stati smentiti.
Infatti la selezione degli organismi dirigenti locali (in particolare i segretari provinciali) non avverrà con le primarie come invece sarebbe stato auspicabile e soprattutto coerente con le premesse del PD, vista l'importanza assegnata all'investitura dal basso fin dai primi passi di questa esperienza.
Saranno invece Veltroni ed i segretari regionali a sceglierli. I Veltroniani vogliono blindarsi? Brutto autogol.
Criticabile anche l'approvazione delle norme transitorie per acclamazione fatta dall'assemblea. Sarebbe stata preferibile una discussione aperta con votazione finale, visto che la minoranza interna al partito raccolta intorno alla Bindi ha espresso riserve, che in questo modo non hanno avuto la giusta considerazione e sono state scavalcate a pie' pari.
Numero 2: la relazione ed il discorso di chiusura di Veltroni hanno insistito sul carattere "nuovista" del partito, che continua ad essere il contenitore di un'idea di riformismo imprecisa ed ambigua.
L'unico riferimento al passato è stato Berlinguer. Un pò pochino... nella storia del paese c'è molto di più. Uno dei rari riferimenti al presente invece è stato il Cardinale Martini: che c'entra?
Numero 3: gli oratori, fra cui Prodi, hanno detto che il PD è la migliore risposta all'antipolitica, il nuovo spauracchio, il belzebù che ha fatto irruzione nella vita pubblica italiana e che i politici vogliono esorcizzare considerandolo un male che mina le basi della democrazia.
Prendiamo atto e attendiamo il Partito Democratico al varco. Tuttavia, a Prodi, Veltroni e a tutti gli altri ricordiamo che l'antipolitica nasce dal disastroso status quo in cui versa l'Italia.
I cittadini, sempre più numerosi, che danno segnali di insofferenza e disgusto verso la politica non sono bambini cattivi da correggere.
Sono le vittime della cattiva politica che ha dominato in questi anni e che tutti, a destra e a sinistra hanno contribuito a creare.
Il bersaglio da colpire non può essere Beppe Grillo e chi trova, nelle battaglie civili di Beppe Grillo, una ragione di sfogo contro la drammatica crisi del sistema paese.
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sabato 27 ottobre 2007

Fratello, dove sei? Un gran bel film

Bello questo video, no?
Stanotte su Canale 5 verrà trasmesso "Fratello dove sei?", film del 2000 diretto dai fratelli Cohen, con George Clooney ed altri bravissimi interpreti, fra cui John Turturro e l'impagabile John Goodman.
Tanto per cambiare, i film migliori vengono trasmessi ad orari adatti solo agli insonni; finiscono relegati in fondo a palinsesti per lobotomizzati, intasati come sono da reality, quiz, fiction pallose e retoriche a base di preti, carabinieri e dottorine del pronto soccorso altruiste.
Comunque... a proposito del film, credo che sia uno dei capitoli migliori della produzione dei Cohen; azzeccata l'ambientazione nell'America della grande depressione, che è stata resa da una deliziosa fotografia seppiata.
Trama spumeggiante, strizza divertita l'occhiolino nientedimeno che all'Odissea di Omero: il protagonista interpretato da George Clooney si chiama Ulysses, che appena evaso con due compagni dalla colonia penale incontra sulle traversine della ferrovia un vecchio nero cieco (ovvero Omero), che gli predice il futuro.
I tre simpaticissimi galeotti intraprendono un viaggio attraverso l'America squattrinata e rurale di quegli anni, dove gli capitano molte peripezie, fra cui l'incontro con un venditore di bibbie imbroglione cieco da un occhio (John Goodman - Polifemo), che li pesta ben bene e li deruba e con il famoso gangster pazzoide Baby Face Nelson, che li implica loro malgrado nelle sue scorrerie.
Devono sfuggire alla caccia di un bieco sceriffo munito di occhialoni neri e muta di cani, nella speranza di raggiungere il tesoro nascosto da Clooney prima della condanna, in realtà una bufala rifilata agli altri per convincerli ad evadere con lui.
E finiscono addirittura coinvolti nella campagna elettorale per il governatore dello stato, fra due candidati di complementare cialtroneria.
"Fratello, dove sei" è la storia di un viaggio con cui i Cohen ripercorrono la storia dell'America e la sua cultura popolare in maniera giocosa e colta.
E' una commedia brillante, stilosa e nel contempo godibile, dove la musica occupa una parte rilevante, come del resto in tutta la loro filmografia (basta pensare alla colonna sonora del Grande Lebowski).
Anche da questo punto di vista, interessante è la rivisitazione della cultura americana: folk, country e blues accompagnano piacevolmente il procedere del film.
Dialogo fra Ulysses e il suo compagno Delmar:
U - Mai fidarsi di una femmina, Delmar. Ricorda questo semplice principio e il tempo con me non sarà stato speso invano.
D - Ok Everett.
U - Travolto da un treno... la verità non significa niente per una donna. E' il trionfo della soggettività. Sei mai stato con una donna Delmar?
D - Beh io... prima di pensare a certe cose devo recuperare la fattoria di famiglia.
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venerdì 26 ottobre 2007

Kyuss, l'estinzione della specie


I Kyuss hanno suonato assieme circa dieci anni, dal 1988 al 1997. Una band californiana che non lo sembra affatto.
Se si pensa alla California e la si associa alla musica, cosa viene in mente?
D'istinto si pensa ad un tipo di rock solare, da classifica, da "easy listening". Possono venire in mente i Beach Boys, con le loro sciocche canzonette da spiaggia o magari l'orecchiabilità di vari gruppi AOR che impazzavano fra gli anni 70 ed 80.
Possono venire in mente i Van Halen, esponenti di un rock commerciale che però bilanciavano con un indiscutibile talento ed i furibondi raid chitarristici di Eddie Van Halen, grande innovatore della sei corde.
Le ville di Malibù con vista sul mare, i Grammy Awards, l'oca miliardaria Britney Spears e la dolce, eccessiva vita delle rockstar: celebri sono rimaste le scorribande di Vince Neil dei Motley Crue in Limousine attrezzata con Jacuzzi ed escort prosperose.
Ma la California ha anche un altro volto; esiste una California periferica e poco frequentata; un entroterra sabbioso ed oscuro, più scarno e trasognato se vogliamo. Questa California ha il volto dei Kyuss.
Nome curioso, preso dal gioco di ruolo Dungeons & Dragons, per una band che parte dai Black Sabbath, dalla loro idea di musica inquietante ed angosciata e li mescola alla pesantezza del Trash Metal.
Altra numerosa famiglia di guastatori del suono che ha avuto i natali proprio nella solatia California, in particolare nella bay area di S. Francisco, a smentire la spensierata immagine da copertina che ha questa terra.
I Kyuss sono gli interpreti più rappresentativi dello "Stoner Rock", vale a dire del rock fumato (stoned significa appunto questo in inglese).
Un filone con vari protagonisti, un fenomeno comunque rimasto a livello underground, a lato della musica da classifica, per tutto il suo ciclo di vita.
La sonorità dei Kyuss oscilla fra il metal d'impatto e suite complesse e spesso sbilenche; passa da pezzi aggressivi a momenti malinconici e sballati.
Sono una band dal suono particolare, che regala all'ascoltatore piccoli deliziosi viaggi in un luogo marginale e rarefatto, nell'entroterra della California con le sue strade secondarie e le sue piane isolate, dalle valenze metafisiche.
Dovremmo dire erano, visto che si sono estinti con tutta la specie degli Stoner Rockers. Due dei loro membri (il chitarrista Josh Homme ed il batterista Alfredo Hernandez) hanno fondato i Queens Of The Stone Age. Nuove esperienze, l'evoluzione della specie.
Ma il "Desert Sound" ogni tanto resuscita: Homme si è dato cura di gestire un progetto (the Desert Sessions), che prevede la pubblicazione di raccolte di brani dei musicisti della scena californiana.
L'altra s'intende, non quella delle classifiche e della dolce vita.
Caldamente consigliati: Blues For The Red Sun (1992) e Welcome To Sky Walley (1994).
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mercoledì 24 ottobre 2007

Caso De Magistris: la notte della giustizia

Faccio una previsione pessimistica, facile facile: il PM De Magistris perderà la sua partita contro il potere, contro il governo ed il ministro di disgrazia ed ingiustizia Mastella.
L'ultimo colpo di scena: Lombardi, procuratore generale di Catanzaro (e avversario sostanzialmente dichiarato di De Magistris) ha chiesto il trasferimento, mentre il suo facente funzione Favi, ha rinviato gli atti dell'inchiesta condotta dal PM a Roma, al tribunale dei ministri. L'indagine si spezzetta, si sfilaccia, mentre sul PM di Catanzaro continua a pendere l'ipotesi del trasferimento.
L'inchiesta Why Not sta approdando al porto delle nebbie.
Come scrive Beppe Grillo nel suo post sull'argomento, stando così le cose Mastella e Prodi agli occhi dei cittadini saranno comunque colpevoli. E' ovvio che sarebbe invece nel loro interesse di dimostrare che con l'ipotesi della truffa ai danni dell'Unione Europea non hanno nulla a che spartire.
Ma, possiamo dire, i due tengono famiglia; devono cercare ad ogni costo di salvare il governo, anche se ormai sembra molto difficile. Sono l'uno prigioniero dell'altro.
Prodi non può scaricare Mastella, che minaccia la crisi. Mastella non può perdere il suo ministero, soprattutto in questo momento.
E' davvero una stramba democrazia la nostra (ma lo è realmente ormai?). Qualunque procedimento penale coinvolga esponenti della classe politica non arriva mai al termine.
Per i magistrati se non c'è una prescrizione c'è un'avocazione, se non c'è un'avocazione c'è un trasferimento, se non c'è un trasferimento c'è una campagna di stampa denigratoria.
Proprio come è accaduto a De Magistris, accusato di parlare troppo, di cercare il protagonismo. In realtà, nelle rare occasioni in cui si è concesso ha dimostrato un certo applomb, anche se traspariva una rabbia contenuta a stento.
Rabbia comprensibile: quanto sta accadendo metterebbe a dura prova chiunque. Si pretende bizzarramente dal magistrato di tacere, in ossequio al riserbo proprio della sua funzione, mentre viene sottoposto ad un attacco concentrico in grande stile.
Interessante poi la reazione del centrodestra alla vicenda. Non ha mai toccato il merito della questione, limitandosi a dire che la vicenda dimostra che il governo deve lasciare e bisogna tornare al voto.
L'ostilità alla magistratura accomuna centrodestra e centrosinistra. E' il consociativismo perfetto.
E' la notte della giustizia. E della democrazia... a proposito: non sono ancora fugati i dubbi sull'operazione bavaglio ad Internet tentata dal sottosegretario Levi.
Tira una brutta aria.
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Dormitorio Italia

Riprendendo il tema del precedente post, l'Italia mi sembra assomigliare sempre più ad un gigantesco dormitorio, fatto su misura per gli anziani e per chi non tollera il minimo disturbo alla quiete pubblica.
Qui nel Veneto per esempio i giovani hanno un diritto allo svago sempre più limitato, controllato, sottoposto a sanzioni.
A Treviso da tempo è stata dichiarata la guerra ai bar, numerosi nel centro e sempre più punto di aggregazione per i giovani, non solo nelle sere del fine settimana.
A Padova il tradizionale "spritz hour" (fra le 18,00 e le 20,00) in Piazza delle Erbe è stato stroncato.
I bar disturbano con la musica ed il vociare dei ragazzi il sonno dei residenti, lo spritz hour porta confusione e spazzatura che deve essere ripulita.
A Jesolo le discoteche, in virtù dei nuovi piani urbanistici, sono state espulse dal centro e spostate sull'anello stradale esterno. Troppo rumore, troppi problemi di traffico.
E' stata predisposta un'area per una cittadella del divertimento dove però ad oggi ha traslocato solo il vecchio luna park con le sue noiose giostre, le stesse da vent'anni.
Di investitori disposti a fabbricare locali per i ragazzi non se ne vedono, e difficilmente se ne vedranno, date le norme molto restrittive varate in tema di orari e somministrazione di alcolici. In compenso fioriscono le speculazioni immobiliari; casette a schiera ed orridi casermoni (moderni alveari per accogliere i turisti - api). Una colata di cemento.
I residenti di certe zone, come accaduto quest'estate vicino a Treviso, si muniscono di periti ed apparati per misurare i decibel delle discoteche vicine e le fanno punire dai comuni. Multa e chiusura forzata.
A Milano Vasco Rossi sempre quest'estate ha avuto problemi con i residenti di San Siro, che mugugnavano per la confusione ed il volume troppo alto.
Il Blasco con gli anni si è imborghesito e rabbonito, però ha tirato fuori il vecchio spirito e gli ha risposto di tapparsi le orecchie, che tanto il concerto si sarebbe tenuto comunque al volume adeguato per un evento rock.
Insomma i giovani vengono espulsi ovunque, vengono invitati o costretti ad andare altrove, non si sa bene dove.
Viviamo in una società sempre più a misura dei vecchi, che difatti stanno diventando la maggioranza della popolazione e sono rappresentati da una classe politica altrettanto geriatrica.
Pensiamo agli esponenti più illustri: Prodi è ultrasessantenne, Berlusconi ha passato i settanta, anche se cerca di nasconderlo con il lifting ed il trapianto di capelli.
Si sa che con l'età diminuisce la tolleranza, si diventa bizzosi e capricciosi, si va a dormire presto e non si vuole sentir ragione.
Così sindaci e pubblici amministratori in genere vengono messi in croce da chi reclama silenzio totale durante le ore notturne. Come nei dormitori o nelle caserme dopo il contrappello.
Intendiamoci: il diritto al divertimento non può essere assoluto. Va contemperato con le esigenze della popolazione, con il diritto al riposo, con il rispetto verso il prossimo.
Però suscita amarezza questa chiusura emergente verso le nuove generazioni, che come i loro fratelli maggiori, padri e nonni, vivono intensamente, si radunano, cercano avventura ed amore, fanno inevitabilmente un pò di chiasso. Come sempre in questo disgraziato paese, non si trova mai un equilibrio accettabile.
Ho compassione per i giovani; gli si prospetta un futuro di precariato, di bassi salari, magari dopo aver preso addirittura una laurea; quando saranno vecchi a loro volta dovranno arrangiarsi con una pensione misera.
Gli riducono sempre di più anche gli spazi per divertirsi. La società gli da il foglio di via, ma per dove?
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lunedì 22 ottobre 2007

Tempi duri per la gente della notte

Ieri sera ero in pizzeria con alcuni amici. Uno di questi gestisce un locale, un disco pub che dalle mie parti sta avendo un buon successo. Finora.
Naturalmente siamo finiti a parlare della nuova normativa, varata il 2 Ottobre, che proibisce la vendita di alcolici in pub e discoteche dopo le 2.00.
Una normativa partita proprio dal Veneto dove abito, una regione che, va riconosciuto, detiene in tema di ubriachezza al volante e morti sulle strade un primato assai triste.
Il mio amico, in toni molto sconsolati, ci raccontava il suo punto di vista e quelle che a suo parere sono le incongruenze della normativa (piuttosto efficace come sintesi questo articolo che ho trovato navigando).
Il proibizionismo mi ha sempre convinto poco; credo che ognuno debba decidere come agire ed eventualmente, se sbaglia, pagarne le conseguenze. Si chiama responsabilità personale.
Se bevo e mi metto al volante, e magari provoco un incidente, il mio comportamento deve essere sanzionato con la dovuta severità. Il mio personale comportamento.
In questo caso invece lo stato ha deciso per tutti, imponendo un divieto che va a colpire indiscriminatamente tutti; in primo luogo i gestori dei locali notturni, a cui di fatto viene appioppata in maniera impropria la responsabilità della sicurezza stradale.
E lasciamo stare le solite illogicità delle leggi del bel paese; niente alcol dopo le 2.00 in discoteca, ma il paninaro che staziona fuori può vendere birra tranquillamente.
Se voglio, posso fermarmi in autogrill e comprarmi una bella bottiglia di vodka o vino e scolarmela in parcheggio. Nessun divieto per Autogrill Spa.
Devono anche spiegare poi cosa faranno per chi comunque si sbronzerà entro le 2.00 e poi uscirà buttandosi sulla strada, in contemporanea a tutti gli altri avventori. Infatti, negli ultimi fine settimana si è già visto che alle 3.00 i locali tendono a svuotarsi.
E se le discoteche anticiperanno gli orari di apertura come è stato ipotizzato, cosa faranno? Proibiranno la mescita alla mezzanotte? O le chiuderanno d'autorità?
Io vivo in una parte del paese da cui ha avuto origine questa bella pensata e dove nel contempo la cultura "dell'ombra" risalente alla vecchia società contadina, si perpetua di generazione in generazione con il benestare della classe politica (Lega Nord in primis) e delle categorie economiche.
Tanto è vero che a Treviso proprio ieri si celebrava l'Ombralonga, ed oggi abbiamo assistito al solito codazzo di polemiche fra favorevoli e contrari, mentre i netturbini lavavano via le vomitature dalle strade.
In Friuli ogni anno si svolge Cantine Aperte, un bel tour domenicale dove, degustazione dopo degustazione, si può tornare a casa con una sbornia colossale.
Nella Treviso gioiosa et amorosa capita di vedere aggirarsi ragazzini alticci, di un'età nella quale il sottoscritto invece andava avanti a Coca Cola.
Evidentemente ci sono baristi che non rinunciano ai 2 euro e mezzo dello "sprizzetto", anche se chi lo chiede è minorenne. E i genitori non si accorgono di niente.
Il proibizionismo è inutile; è una foglia di fico, una presa di posizione della classe politica che non va al nocciolo della questione, che è soprattutto culturale.
La diffusione dell'alcolismo, testimoniata dai rapporti delle Usl e di cui gli incidenti sulle strade sono un corollario inevitabile, è una piaga da contrastare con l'educazione, che spetta alla famiglia, alla scuola ed alle istituzioni con campagne di comunicazione mirate.
Senz'altro è una battaglia a lungo termine, ma è l'unico modo di affrontare il problema; nel frattempo, si rendano ancora più aspre le sanzioni per chi infrange le norme, e ci sia più vigilanza sulle strade da parte delle forze dell'ordine. Perchè deve pagare solo chi sbaglia.
E la gente, in questo paese sempre più intristito e diretto da un ceto politico di anziani, ha diritto almeno una sera a settimana, di tirare tardi e dimenticare le varie angosce che ci attanagliano, ballando e bevendo un drink in santa pace. Ovviamente escluso chi guida.
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domenica 21 ottobre 2007

Il maldistomaco della Polonia


Trovo interessante l'evoluzione politica della Polonia. Mi pare una situazione esemplificativa del vento freddo che sta avvolgendo l'Europa.
Oggi i polacchi vanno al voto; elezioni politiche anticipate.
I gemelli Kacinski (chiedo venia ma i nomi polacchi sono difficilissimi) sono andati al potere, due anni fa, con il partito Legge e Giustizia.
Da bravi fratelli gemelli si sono spartiti di buon grado gli incarichi: uno alla presidenza della repubblica, l'altro alla guida del governo. E sono cominciati i problemi. la Polonia ha iniziato a svolgere il ruolo del guastafeste.
Alla faccia se non altro del bon ton, mettiamola così, visto che è stata appena ammessa all'Unione.
Tutti ricordiamo la tenace opposizione polacca al processo costituente nei vari vertici che si sono susseguiti.
Un'opposizione che punta a preservare l'autonomia nazionale contro le norme e le procedure che mirano invece ad una maggiore integrazione politica, e che si è focalizzata contro il principio delle decisioni a maggioranza.
Gli sfrontati gemelli poi non hanno lesinato dichiarazioni incendiarie contro i nemici storici, la Germania e la Russia dello zar Vladimiro, dimostrando così di guardare ad un passato che invece andrebbe lasciato all'analisi degli storiografi.
Hanno governato il paese con il più tipico programma antieuropeista, autoritario e nazionalistico; vorrebbero persino reintrodurre la pena di morte. Gli slogan che usano sono quelli usuali agli ambienti della destra radicale: ordine, severità, patria, Dio.
Persino Ratzinger, il papa antimoderno, ha dovuto richiamare all'ordine una parte della chiesa polacca che ha dimostrato una linea spudoratamente filogovernativa.
Anche in questo caso, il bon ton non è stato rispettato: la Chiesa deve condizionare la politica ma c'è modo e modo, sembra suggerire Ratzinger.
In Polonia l'emittente radiofonica Radio Maria svolge un'intensa propaganda nazionalista ed antisemita, triste leit motiv di questo paese che si porta dietro la colpa di aver agevolato le persecuzioni naziste contro gli ebrei.
Radio Maria è diretta da un solerte fraticello, tale Ridzik (scusate ancora l'ortografia), un passato come commerciante di auto usate ed organizzatore di viaggi a Medjiugorie, che risulta essere uno dei più influenti sostenitori dei gemelli; un ometto che con i suoi atteggiamenti ricorda i monaci predicatori itineranti del Medioevo.
Per non parlare delle polemiche di qualche mese fa contro vari personaggi, fra cui alcuni ecclesiastici, sospettati di connivenza con il regime comunista.
Una faccenda che puzza molto di tentativo di mettere fuori gioco chi non è allineato al nuovo corso. Maccartismo in salsa polacca.
Il maldistomaco che ha colpito la Polonia è un disturbo che sta coinvolgendo trasversalmente quasi tutta l'Europa.
In Svizzera l'UDC di Blocher rinfocola la polemica contro gli Asylanten, nella civile ed avanguardista Olanda crescono paure ed intolleranza. La Francia ha bocciato solennemente la costituzione europea al referendum dello scorso anno.
L'unione europea appare ancora molto lontana, a dispetto dell'ottimismo dei paesi più europeisti come il nostro.
E ad est più che altrove convivono spinte contrastanti: la tendenza all'integrazione esprime il desiderio di crescita economica e di benessere, di agganciare il treno dello sviluppo.
Ma è bilanciata da una forte diffidenza, dall'euroscetticismo, ed è complicata da situazioni nazionali fluide, che in alcuni casi potrebbero sfociare in crisi violente.
Basta pensare a quanto sta avvenendo in Ucraina. L'est Europa rimane un mondo magmatico, di difficile lettura e controllo, che complican non poco il già difficile cammino verso l'integrazione degli stati nell'unione.
Forse era bene pensarci per tempo, prima di allargare indiscriminatamente i confini della casa comune europea. Ma gli interessi delle lobbies economiche, molto influenti a Bruxelles, hanno prevalso.
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venerdì 19 ottobre 2007

Ricardo Levi: è un uomo o un quaquaraquà?

Ricardo Levi...è un uomo o cos'altro?
Fino all'altro giorno ben pochi sapevano chi fosse, ma ora sta diventando famoso, sta guadagnando la notorietà improvvisa (e ovviamente non ricercata) che colpisce molti dei nostri politicanti quando vengono colti sul fatto, con le mani sporche di marmellata.
Questo oscuro signore, attuale sottosegretario alla presidenza del consiglio, che prima di diventare un collaboratore di Prodi ha dedicato la sua vita professionale alla stampa, è l'estensore di un disegno di legge che ha il sapore dell'infamia.
Un progetto governativo che, qualora diventasse legge dello stato, sancirebbe la fine della libertà d'informazione in Internet.
Si prevede infatti una serie pesante ed assurda di obblighi a carico di chi pubblica contenuti in rete, attraverso un blog o un dominio personale.
La mera pubblicazione di contenuti viene equiparata ad un'attività professionale; per aprire un blog occorrerebbe iscriversi ad un registro pubblico (il ROC), nominando un direttore responsabile che deve essere un giornalista iscritto all'albo! Il tutto ovviamente a pagamento!
L'oscuro sottosegretario dice che spetterà ad una regolamentazione supplementare di precisare le modalità e le eccezioni, ma intanto il dado è tratto.
Il consiglio dei ministri ha approvato all'unanimità (mi immagino l'entusiasmo di Mastella) e l'opposizione si è astenuta dal commentare, evidentemente compiaciuta per una scelta che va anche pro domo sua.
Nemmeno Berlusca era riuscito ad imbavagliare in questo modo l'informazione; anzi la controinformazione, visto che la prima in realtà è appaltata a pennivendoli in servizio alla destra e alla sinistra.
Adesso attendiamo una legge che autorizzi ad esprimere opinioni al bar, davanti al caffè, solo ai cittadini muniti di regolare autorizzazione prefettizia, o che permetta di scrivere lettere ai giornali solo a chi è munito del patentino di giornalista.
Mi domando: ma questo è un uomo? E questo è un governo degno di un paese democratico? Questa scelta avvicina l'Italia alla Cina, alla Birmania, alla Russia dello zar Vladimiro, non all'occidente democratico.
Vuoi vedere che se decido di pubblicare un blog con le foto delle mie vacanze devo iscrivermi al ROC?
Vuoi vedere che se scrivo un post su un argomento politico posso incappare nell'articolo 57 del codice penale? (omesso controllo di contenuti diffamatori, già c'è anche questo)
Non c'è limite al peggio; abbiamo toccato il fondo e stiamo iniziando a scavare.
E pensare che, per aggiungere la beffa al danno, l'art. 1 di questo disegno di legge afferma che scopo della legge è quello di promuovere il pluralismo dell'informazione.
Forse una volta tanto il Berlusca aveva ragione, quando ha detto che chi vota a sinistra è un coglione. E' vero, se non altro perchè la sinistra non esiste.
Difatti fa leggi degne di una destra antidemocratica. Qual'è la differenza ormai?
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martedì 16 ottobre 2007

PD, il bambino è nato

Domenica 14 Ottobre ha visto la luce la nuova creatura della politica italiana. Il Partito Democratico è nato. Felicitazioni.
Ora resta da vedere se il bambino potrà crescere forte e sano, per portare nel panorama asfittico della politica di casa nostra la ventata di novità che molti sperano, o se al contrario la creatura verrà ammazzata nella culla.
Come ho scritto in un precedente post sull'argomento, il PD nasce con due vizi che potrebbero comprometterne il futuro.
La scelta del segretario è stata evidentemente pilotata dall'alto e si presume che anche la composizione dei futuri organismi dirigenti lo sarà; le vecchie logiche spartitorie e correntizie, così radicate nella tradizione italiana, non possono svanire in un sol colpo.
I presupposti ideali di questo nuovo partito, poi, sono ancora da definire: la parola riformismo è una delle più abusate e tende, al giorno d'oggi, ad essere un'espressione generica e vacua, che chiunque a turno tira dalla sua parte.
Però oltre tre milioni e mezzo di elettori che si recano ai seggi sono indubbiamente un fatto. Non lo si può negare.
Da questo punto di vista alcuni esponenti del centrodestra, a partire dal suo padrone Berlusconi, hanno perso un'occasione buona per dire finalmente qualcosa di significativo, di diverso, se non addirittura per tacere.
Berlusconi ha bollato le primarie come un evento puramente mediatico; proprio lui, che da quindici anni continua a ridurre la politica ad uno show personale e le assemblee di partito a riunioni simili al congresso del partito comunista cinese od alle sessioni del defunto soviet supremo.
Spiace che Berlusconi ed i suoi cagnolini da salotto (i vari Cicchitto, Bonaiuti etc...), ogni volta che si raduna la base militante degli avversari non sappiano fare altro che seminare odio e disprezzo, cercando la contrapposizione frontale ad ogni costo.
Dalla definizione degli elettori dell'altra parte come coglioni, alle accuse di brogli elettorali contro il personale dei seggi alle scorse elezioni (smentite definitivamente dal riconteggio fatto dal senato... a proposito i tg Mediaset non ne hanno parlato), Berlusconi sommo amante dei plebisciti critica tutte le manifestazioni in cui non è lui il celebrante o l'oggetto dell'adorazione delle masse.
Tanto per far capire chi è il padrone del vapore, non si è nemmeno preoccupato di indire qualcosa di simile alle primarie.
Il battesimo del futuro partito delle libertà è avvenuto con un freddo atto notarile, e con un'assemblea nella quale la signora Brambilla ha consegnato il futuro contraltare del PD al suo monarca di diritto divino.
Ma le primarie del 14 Ottobre, oltre ad essere un innegabile fatto di popolo, hanno anche un'altro importante significato, un messaggio diretto proprio all'organismo dirigente del PD.
C'è una base, esattamente come a destra, che chiede ai politici di tentare un'operazione di semplificazione del nostro caotico quadro politico.
Condizione minima e necessaria per sperare, in un futuro non troppo lontano, che si possano determinare maggioranze più omogenee e stabili.
Se si creassero i presupposti di un processo decisionale più tempestivo ed efficiente sarebbe una rivoluzione, o un miracolo secondo i punti di vista.
La buona amministrazione, nel senso precisato sopra, è l'obiettivo più ambizioso che un partito riformista ed uno conservatore si possano prefiggere, in un paese perennemente in crisi che continua a scivolare lentamente verso il declino.
Questo chiede l'antipolitica tanto criticata anche dai promotori del PD; c'è un filo conduttore fra questa e il popolo delle primarie.
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venerdì 12 ottobre 2007

Giovani neonazisti crescono

Dal giornale di oggi. Alcuni giovani virgulti degli ambienti neonazisti altoatesini, condannati recentemente, sono andati in gita ad Auschwitz.
Si sono fatti fotografare dentro il campo, con magliette raffiguranti simboli del nazismo o mentre facevano il saluto a braccio teso. La meglio gioventù.
Il personale in servizio a quello che è diventato un museo degli orrori della Shoah ha detto che non si possono controllare tutti i visitatori.
Dubito però che non abbiano notato niente, mentre costoro entravano indossando simili magliette.
Il problema è proprio questo: il neonazismo è una mala pianta che sta mettendo radici in molti paesi, grazie all'indifferenza o alla sottovalutazione del suo potenziale di pericolosità.
Come gli estremismi di opposta colorazione ideologica, rappresenta una valvola di sfogo delle frustrazioni di molti ragazzi.
Un'affermazione tragica di identità e di appartenenza al gruppo che viene sapientemente manipolata da un ristretto numero di "teorici" e leader.
Non è naturalmente casuale che questa infezione alligni proprio nei contesti più a rischio: nelle curve degli stadi, nelle periferie degradate o nei paesi dell'Europa dell'est, che stanno vivendo uno sviluppo economico disordinato e contraddittorio (piuttosto seria è per es. la situazione in Ungheria).
Si fa sempre un gran parlare degli estremisti di sinistra, quelli che una volta in Italia erano definiti la sinistra extraparlamentare, ma non ci si preoccupa abbastanza della loro controparte. Almeno per ora è molto meno numerosa e perciò meno dannosa, meno in grado di azioni eclatanti come gli scontri di piazza visti al G8 del 2001; ma anch'essa è un grave pericolo per la convivenza civile e la democrazia.
Oltre a rappresentare un movimento, o meglio un'accozzaglia di disperati che vuole incredibilmente riscrivere il passato, a dispetto di ogni evidenza di prova storica.
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mercoledì 10 ottobre 2007

Black Water is dirty water

Negli USA monta la polemica attorno alla società di vigilanza privata Blackwater, impiegata in Iraq per proteggere il personale diplomatico, a prezzo della vita degli innocenti civili iracheni che hanno la sfortuna di incrociare le pattuglie di vigilantes americani.
L'ultimo grave caso in cui è stata coinvolta la Blackwater è accaduto a Baghdad a metà Settembre, dove, pare a causa di un blocco stradale imprevisto, una squadra ha perso la bussola ed ha aperto il fuoco all'impazzata, uccidendo diversi passanti.
Il bilancio totale da quando questi terminator a pagamento sono in Iraq, secondo un rapporto dei parlamentari democratici è di circa duecento scontri a fuoco.
Nell'80% dei casi sono stati gli uomini della Blackwater a sparare per primi: della serie, prima spara e poi cerca di capire cosa succede. Non fa una piega, almeno nella logica da film d'azione di serie B che ispira questi protetti di Bush.
Già, perchè è stato proprio il texano testa vuota, coadiuvato dalla testa pensante Condoleeza Rice, ad assicurare copertura ai vigilantes finchè è stato possibile.
Ma stavolta l'hanno combinata grossa; il capo del governo iracheno Al Maliki ha chiesto l'espulsione della compagnia, che comunque è tuttora lì.
La testa pensante della Casa Bianca ha detto che nonostante gli errori, che saranno corretti, Blackwater deve continuare ad operare. Al Maliki si rassegni. E si rassegnino gli iracheni, che hanno visto ancora una volta il loro governo cedere alle pressioni americane.
Quel governo che, secondo la linea ufficiale di Washington, è l'espressione della sovranità popolare che l'Iraq ha finalmente riconquistato dopo la caduta di Saddam.
In compenso pochi giorni fa l'FBI ha assunto la direzione delle indagini ed è in corso anche un'inchiesta del congresso.
Il fondatore della compagnia, tale Erik Prince, un passato nei corpi speciali statunitensi, si è difeso davanti agli uomini del congresso, sostenendo che grazie a Blackwater nessun vigilato è morto, mentre ben trenta vigilantes sono deceduti (sentite condoglianze).
Non si può di certo dire che Mr. Prince non onori i contratti (1 mld di dollari per il servizio).
L'Impero Romano, nei secoli della sua decadenza, usava appoggiarsi a milizie barbare mercenarie per proteggere i suoi confini dalle incursioni di altri barbari.
Alcune tribù venivano federate e lautamente pagate per adempiere a compiti sempre più difficili da svolgere per Roma.
In Iraq gli USA ricorrono a commandos di mercenari violenti e senza scrupoli per proteggere i loro uomini dagli attacchi terroristici. Uomini slegati da ogni "regola d'ingaggio" degna di questo nome (vedi il video su You Tube).
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Tony Iommi il signore dei riff

Tony Iommi fra i guitar hero che il rock ha prodotto è uno dei più oscuramente suggestivi.
Il suo stile chitarristico è grezzo e pesante, parte da riff nervosi che restano impressi a fuoco nella memoria.
Tuttavia è in grado di decollare inaspettatamente verso sonorità aeree, cristalline e limpide che spiazzano l'ascoltatore.
Come tutti i maestri della vecchia generazione, Iommi ha robuste basi blues, che nel suo caso si fondono con evidenti influenze jazzistiche.
La sua carriera si è svolta quasi tutta all'interno dei Black Sabbath, di cui è stato l'anima creativa.
Inizia nel natio borgo di Birmingham, Inghilterra, dove si esibisce giovanissimo assieme al batterista Bill Ward con i Mithology.
La rivalità rispetto agli altri complessini locali è forte; lo è in particolare con i Rare Breed, capitanati dall'istrionico ed irrequieto cantante Ozzy Osbourne.
I due non si possono soffrire, ma finiscono per fondare i Black Sabbath (e continueranno a fare scintille), in cui reclutano il fido Ward ed il talentuoso bassista Geezer Butler.
Non prima però di aver calcato brevemente le scene sotto l'improbabile nome di Polka Tulk, preso da un negozio di vestiti indiani (era il periodo dei figli dei fiori).
Black Sabbath è anche il titolo dell'album d'esordio (1970) e della title track, che ne assurge a manifesto e li segnala subito all'attenzione.
Atmosfere cupe, gotiche, immagini horror e richiami al satanismo, concepito più come un'espediente per scioccare che come una fede realmente sentita, data la loro assodata ignoranza in materia esoterica.
Ozzy, nel suo tipico modo, ricorda che Black Sabbath voleva essere una reazione pessimistica a "tutta quella merda di peace, love and happiness che c'era in giro".
Nel giro di pochi anni si costruiscono una fama mondiale basata sugli oltraggi ed un sound particolarissimo, un'ossatura hard su cui si innestano virtuosismi ed architetture progressive.
E' il periodo più espressivo, i capolavori si susseguono: Master Of Reality, Sabbath Bloody Sabbath, Sabotage...
Dopo la pubblicazione del sottovalutato Never Say Die (1978) avvenne la rottura fra Iommi ed Ozzy, che essendo fautore di un rock semplice ed istintivo, non reggeva più lo sperimentalismo del chitarrista ed iniziò una fortunata carriera solista.
Negli anni 80 i Black Sabbath assumono un sound più definito e compatto, un heavy metal che ha dato il via al sottogenere Epic.
A causa dei frequenti cambi di formazione (persino Jan Gillan dei Deep Purple vi ha militato brevemente) diventano sempre più la band personale di Tony Iommi; la vena di una volta si è un pò persa, ma vi sono episodi pregevoli all'inizio del decennio, quando Ozzy viene sostituito alla voce dal piccolo ma grintoso Ronnie James Dio.
Dalla metà degli anni 90 inizia la stasi, l'età della pensione, interrotta da alcune riunioni della line up storica, che ha suonato ancora assieme e ha dato alle stampe il live Reunion.
Operazioni nostalgia, come se ne fanno tante, che ruotano però attorno a Tony Iommi, personaggio cruciale che ha influenzato almeno due generazioni di adepti della sei corde e compare ai primi posti in tutte le classifiche dei migliori chitarristi rock.
Sabbath rules!
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domenica 7 ottobre 2007

Se il buongiorno si vede dal mattino 2

Dicevamo che ormai la nomina di Walter I Have a Dream Veltroni alla segreteria del PD è cosa fatta.
Una volta sbrigata la formalità delle primarie del 14 Ottobre, Walterone potrà cominciare a guidare ufficialmente la nave riformista nel mare molto molto agitato della politica italiana. Avviso ai naviganti: attenzione alle secche e alla nebbia.
Ha ricevuto tutti i placet; Fassino e D'Alema, Scalfari e Rutelli, il Tg3, La7, gli imprenditori vicini al Centrosinistra, la Ferilli, Afef. Vaticano e Alba Parietti...non pervenuti, Ligabue...non pervenuto, ma avanti lo stesso a tutto vapore.
Dispiace che l'idea delle primarie, una delle poche novità della politica degli ultimi anni, che è stata guardata anche all'estero con interesse in occasione dell'investitura di Prodi a candidato premier, si sia svuotata. E' una di foglia di fico per nascondere una semplice elezione a segretario scelto dagli apparatchik di Margherita e DS.
Gli altri concorrenti sono lì solo a titolo decoubertiniano, per partecipare; in effetti, chi li ha visti? Nemmeno la Sciarelli. I riflettori dei media sono solo per Walterone.
Su ogni argomento afferma, risponde, discetta, distingue, sottolinea; consiglia il governo e provoca l'irritazione di Prodi, che a dispetto dell'aspetto pretesco e mite come si sa è peperino.
Forse quest'attenzione e le opinioni lusinghiere dello scorso anno sul fenomeno primarie lo hanno un pò frastornato.
Dopo l'uscita di alcuni anni fa sull'ulivo mondiale, ha fatto il bis spiegando ai 150 partiti dell'Internazionale Socialista che non hanno capito niente, che il mondo è cambiato e devono aprire ai partiti democratici (quali?).
Speriamo che non gli suggerisca, nel suo fervore dichiarazionistico, di convertirsi pure loro. A cosa poi non è chiaro.
A parte le scelte di metodo, che testimoniano la sopravvivenza ostinata di vecchie logiche partitocratiche, nel merito questo Partito Democratico nasce all'insegna di un riformismo che frulla e shakera un pò tutto senza citare con nettezza i suoi riferimenti ideali nella cultura politica del nostro paese.
Nasce però un sospetto, anzi qualcosa di più; il dibattito dei mesi scorsi ha messo in luce che la parola socialdemocrazia con tutto il suo portato di esperienze, valori e personaggi, per i promotori del PD è "out". Cose del passato.
Sarà anche vero, il futuro non si costruisce con la testa rivolta al passato, ma nemmeno ignorandolo. Sarebbe come costruire una casa senza i necessari pilastri di sostegno.
Se eliminiamo questo filone (necessariamente da aggiornare) dalle premesse teoriche del PD, scompare il pilastro del riformismo laico. Cancellato con un tratto di penna.
Allora cosa resta? Ma è ovvio: resta il pilastro del riformismo cattolico, che in Italia purtroppo, soprattutto negli ultimi quindici anni, è stato spesso male inteso ed ha portato a confondere pericolosamente le esigenze della società con quelle della parrocchia.
Sopravvive solo il vecchio spirito democristiano, che gli uomini della Margherita portano dentro il PD mentre i DS assistono inebetiti e confusi. D'altra parte da quando è finito il PCI (era il lontano 1991) non si sono mai chiariti le idee su cosa sono.
Questo è ciò che viene fuori dal frullatore del PD: un pastone dallo strano sapore servito dal nostro I Have A Dream, che viene spacciato per uomo nuovo, il migliore della scuderia. Chissà.
Di certo non è nuovo; deputato del PCI già nel lontano 1987, direttore dell'Unità per molti anni, due volte sindaco di Roma, già segretario del PDS e vicepresidente del consiglio durante il primo governo Prodi, Walterone è un vecchio politico con le radici ben piantate nel passato.
Anche se non lo fa vedere.
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Anna Politkovskaja: in memoriam

Il 7 Ottobre 2006 la giornalista della Novaja Gazeta Anna Politkvoskaja veniva assassinata a Mosca, davanti alla porta di casa.
Cinque colpi di pistola, il primo e l'ultimo in testa, gli altri tre nel corpo. Lavoro da professionisti.
Ancora ignoti mandanti ed esecutori. La procura di Mosca ha recentemente effettuato degli arresti, si ipotizza che siano stati dei criminali ceceni.
Un'affermazione che fa sorridere con amarezza, nella sua evidente illogicità.
Chi più ha da temere dai racconti degli orrori ceceni non è la mafia, che negli articoli della giornalista ha sempre occupato un posto marginale.
Bensì il presidente Putin ed il suo fedelissimo leader locale Kadirov, destinatari costanti delle sue denunce.
Vale la pena di leggere "Proibito parlare" (ed. Mondadori), che raccoglie molti articoli della Politkovskaja divisi per tema, dove la guerra in Cecenia è il principale.
La coraggiosa Anna ha fatto conoscere al mondo la Russia contemporanea, un paese ancora povero, dove diritti umani è un'espressione vuota, oppresso da un potere ormai apertamente autoritario che uccide i giornalisti: dal 1991 ad oggi ne sono caduti più di duecento.
Un regime che ha soffocato con terribile violenza ed abusi spaventosi le rivendicazioni politiche della popolazione cecena.
La Politkovskaja sapeva di essere condannata a morte, ma non ha rinunciato in nome dei valori democratici ad essere una testimone scomoda della nostra epoca; diceva  - vivo la mia vita e scrivo di ciò che vedo. Tanto le bastava.
Va così ad affiancare altri suoi colleghi, morti in varie parti del mondo ed in ogni tempo, perchè vivevano la loro vita e raccontavano ciò che vedevano, in prima linea; il reporter giapponese ucciso in Birmania, il giornalista turco Dink, Enzo Baldoni, Ilaria Alpi...l'elenco purtroppo sarebbe molto lungo.
La libertà d'informazione come la satira fa paura, perchè mette a nudo gli errori e le colpe del potere. I giornalisti vengono ammazzati oppure isolati, neutralizzati.
In Italia, paese di democrazia incerta e fragile, si ricorre al secondo metodo; da Berlusconi con il suo cd. editto bulgaro del 2003, grazie al quale Biagi, Santoro e Luttazzi sono stati espulsi dalla tv, passando per le ultime esternazioni di Mastella contro la Rai, fino alle querele, spesso infondate, ma comunque sempre usate come una clava contro chi cerca di fare il suo mestiere (celebre quella di D'Alema a Forattini per la vignetta sul caso Mithrokin).
Il braccio di ferro fra potere politico e libera informazione è sempre in corso.
Nel caso della Russia è il primo contendente a prevalere; non credo che i veri assassini della Politkovskaja finiranno mai alla sbarra.
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sabato 6 ottobre 2007

Ministro, la mastella è colma!

Il nostro ministro di disgrazia ed ingiustizia è arrivato al limite. Non ce la fa più.
Non vuole finire come Craxi, che è andato in esilio all'estero. Teme forse di finire confinato nel ducato di Ceppaloni?
Magari lì troverebbe la consolazione della solidarietà popolare, visto che ha distribuito benefici al 99% degli abitanti (cioè escludendo animali domestici e da cortile).
Si ribella alla gogna mediatica, teme per la sua sicurezza: sarà per questo che gira con un'auto blindata che costa una fortuna? Minaccia fuoco e fiamme.
E così che fa? Da la caccia ai blogger che esercitano il loro diritto di libera critica, come nel caso di Mastella Ti Odio.
Vuole il licenziamento del Cda della Rai per via dei pesanti ma legittimi e documentati giudizi rimediati ad Anno Zero, riguardo al caso della richiesta di trasferimento del PM De Magistris.
Il titolare dell'indagine Toghe Lucane, che sta mettendo in luce le violazioni di alcuni magistrati di Potenza ai loro doveri d'ufficio e soprattutto i rapporti poco chiari di questi con esponenti politici.
Quindi, il battagliero duca di Ceppaloni indice conferenze stampa dove sbertuccia lo staff della suddetta trasmissione e chiama in causa, ma guarda un pò che originale, un complotto dell'estrema sinistra ai suoi danni.
Si infuria anche con l'Espresso, reo soltanto di aver scoperchiato l'ennesimo verminaio italiano, su alcuni politici che hanno comprato casa per se ed i loro famigli in centro a Roma a prezzi stracciati (nel suo caso ben 26 vani, vista la stazza ha bisogno di spazio).
Il pachidermico e temperamentoso ministro della disgrazia se l'è presa anche con il fratello del giudice Borsellino, che ad Anno Zero lo ha a sua volta criticato; e pensare, ha detto, che ho anche aiutato la sua famiglia. Ingrato!
Come se dare riconoscimenti alla famiglia di un caduto dello stato nella lotta alla mafia non fosse un atto doveroso, ma una graziosa concessione del potente di turno.
Già, questo è il nocciolo della questione. Mastella è odiato a tal punto perchè è una delle più tipiche, classiche incarnazioni del politico italiano.
Ovvero, uomini abituati a gestire il potere come se fosse "cosa loro", che costruiscono il consenso sulla distribuzione di favori ad un giro più o meno ampio di militanti, elettori, persone che occupano posti chiave nell'amministrazione, nella stampa, nella magistratura e così via. Trasformismo, maneggi assortiti, totale spregiudicatezza sono le loro note caratteristiche.
Un ceto, o casta per dirla con Gianantonio Stella, che gode di privilegi, esenzioni ed immunità, anche dal punto di vista giudiziario: per loro la legge è più uguale che per i comuni cittadini.
La casta vive negli agi mentre il paese annaspa; non governa, si limita ad una politica di piccolo cabotaggio finalizzata solo a restare incollata alla poltrona. Lui stesso ha detto che l'importante è sedersi su qualche poltrona...ergo, non importa vicino a chi.
Per questo è transitato con il suo seguito di scherani dal Centrodestra al Centrosinistra, in attesa magari di tornare dall'altra parte.
Ha deciso di appoggiare Prodi alle ultime elezioni solo dopo aver ricevuto l'assicurazione che la poltrona di ministro della giustizia sarebbe stata sua.
Mi ricordo quando, ripreso dalla tv, ad un'assemblea del partito ceppalonese ha stracciato il discorso che si era preparato nell'ipotesi che non fosse stato raggiunto l'accordo e, sorridendo, ne ha tirato fuori un'altro pronto alla bisogna. Mitico Mastella!
La strategia politica, l'adesione ad un programma, ad un sistema di valori per uomini come lui non contano nulla, vanno sempre dove tira il vento.
Come gesto concreto di solidarietà con i blogger minacciati di censura e come piccolo sfogo personale ad uno stato di cose intollerabile, ho deciso di aprire anch'io un blog anti Mastella. Perchè la mastella è veramente colma.
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mercoledì 3 ottobre 2007

Eugene Hutz, un rivoluzionario dall'est

Eugene Hutz è uno dei pochi personaggi genuini ed originali del panorama musicale di oggi.
Nativo dell'Ucraina, del profondo est europeo, e' emigrato negli USA con la famiglia dopo il disastro di Chernobyl.
Ragazzo diviso a metà, come tutti gli emigranti di qualsiasi luogo e qualsiasi tempo, fra inquietudini ed incertezze va a caccia di un'identità mai completamente definita.
Ne di qua, ne di là. Canta e suona la chitarra.
E forse per questo ricerca le sue radici attraverso la musica; è il fondatore ed animatore dei Gogol Bordello, nome che è già tutto un programma.
I Gogol Bordello sono in realtà un collettivo di musicisti dal numero variabile, quasi tutti appartenenti agli ambienti dell'immigrazione russa.
Iniziano a suonare a New York, ai matrimoni degli immigrati dell'est, e a furia di strepitare e sconquassare gli strumenti si mettono in mostra. Fino ad arrivare all'agognato traguardo, l'album in studio (Voi-la Intruder). E' il 1999.
Da qui l'ascesa, fino al recente Super Taranta! (2007), anche se a tutt'oggi appartengono ancora all'underground; dubito che li vedremo mai nella top ten di MTV...ed è meglio così.
Violini, chitarra, percussioni, fiati, basso, armonica, batteria, numeri improvvisati di giocolieri sul palco, ritmi forsennati o astutamente cadenzati.
Tutto questo sono i Gogol Bordello, che recuperano la tradizione popolare slava e la abbinano, in una logica crossover, al rock nella sua accezione più immediata e punk.
Senza disdegnare magari una puntatina verso altri impensabili territori, come il reggae o addirittura le tarantelle mediterranee.
Eugene Hutz del resto non ha mai nascosto la sua simpatia per l'Italia, dove ha vissuto per qualche tempo.
I loro testi, cantati in un inglese dall'inflessione irrimediabilmente slava, sono permeati da graffiante ironia e puntano al divertimento puro. Come nella canzone Think Locally Fuck Globally che potrebbe esserne degno manifesto.
E' un bordello sonoro solo apparente, perchè vive di una regia attenta. E si arricchisce dell'istrionismo di Hutz e dei suoi compari, che dal vivo portano avanti uno spettacolo dai mille colori. L'uomo infatti si fa riconoscere, fra le altre cose, per i bizzarri costumi di scena.
Potremmo definirlo un eclettico immigrant punk (dal titolo di un altro loro brano). Difatti ha anche recitato insieme ad Eliah Wood, il Frodo del Signore degli Anelli, nel film Everything is Illuminated, dove ha interpretato il ruolo di un dj di Odessa.
Forse è solo da un crossover come questo, che sposi la ethnic music, che il rock può riprendersi dal letargo in cui è caduto.
Se è così, allora il rock non è morto.
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Mastella non vede e non sente...

Mastella, al centro della bufera sulla malagiustizia italiana, che si è rinfocolata dopo il caso dell'ex-br implicato in una rapina a Siena, è un pò come le famose scimmiette: non vede e non sente ma in compenso, purtroppo, parla molto.
Pronuncia autodifese che si traducono in clamorose autoreti. Se il tema non fosse drammatico, si potrebbe quasi provare compassione per il ministro, che ormai assurge ad unico capro espiatorio della drammatica emergenza della giustizia.
Ma proprio non si può...Mastella lo impedisce, perchè invece di ammettere le colpe del sistema di potere a cui appartiene e promettere interventi, si lancia, come riportato dal sito Corsera di oggi, in temerarie e traballanti argomentazioni.
A cui si può ribattere come segue.
Primo: nelle democrazie odierne, in virtù della personalizzazione della politica (talvolta troppo spinta, è vero), un ministro, un capo di governo, diventa un parafulmine, il destinatario privilegiato delle polemiche e delle critiche.
Giusto sottolineare che la responsabilità politica tendenzialmente è collettiva, ma dire "mi sono rotto le scatole" è una risposta non pertinente.
Soprattutto se si considera che quando viene fatta una scelta giusta, i politici ed i partiti sono prontissimi ad ascriversene il merito esclusivo. Si assumano anche gli oneri, non solo gli onori (peraltro ben retribuiti) del loro lavoro.
Secondo: se è vero che la legge Gozzini, grazie alla quale un ergastolano in semi-libertà ha commesso una rapina in banca, non è stata varata da Mastella, egli è comunque il ministro di grazia e giustizia.
Quindi, in base al nostro ordinamento ha la facoltà di promuovere, in consiglio dei ministri, un disegno di legge per la modifica della Gozzini.
Ributtare la palla genericamente al parlamento, che secondo l'ineffabile Mastella è l'unica sede per discuterne, è un'altra risposta non pertinente, troppo comoda.
Terzo: considerando i tempi biblici di approvazione delle leggi, la via del disegno governativo appare più rapida. Sarebbe un bel segnale da mandare al paese.
Quarto: dire che la repressione non serve, ma che bisogna invece riflettere sulla gerarchia dei valori per promuovere lo sviluppo morale e culturale della società va bene in chiesa, durante l'omelia del parroco.
Ma un governo degno di questo nome invece ha l'obbligo, più in concreto, di approntare le misure atte a garantire la sicurezza e l'ordine pubblico.
Domanda per l'ineffabile ministro: se l'ex -br fosse riuscito a sparare ai poliziotti? Di cosa parleremmo adesso? Dei valori in crisi?
Purtroppo l'uomo di Ceppaloni non vede, non sente, non ha capito...anzi ribatte con fastidio che si è rotto le scatole. Bontà sua...
Pensasse invece a quanto si sono rotti le scatole i cittadini, si preoccuperebbe se non altro della sua poltrona.
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lunedì 1 ottobre 2007

Se il buongiorno si vede dal mattino

Se il giorno che sarà è annunciato dal mattino, l'alba del Partito Democratico non promette niente di buono.
Questo partito è il risultato della fusione fra DS e Margherita e si propone di coinvolgere settori della società civile estranei al mondo politico, per arricchirsi del contributo di persone ed idee nuove. Bene.
Un partito che si apre alla società civile, come dicono con orgoglio i candidati alla segreteria: benissimo. Questo concorso però, se c'è, è pressochè invisibile.
Ciò che si è notato infatti, è piuttosto la corsa di migliaia di uomini con i piedi ben piantati nella politica ad accaparrarsi i posti nelle liste collegate agli aspiranti segretari. Uno start fulminante, degno dei migliori centometristi.
Pezzi da novanta, da quarantacinque, da trenta, da quindici e via via calando fino agli ultimi peones; tutti a sgomitare per avere un posto nel treno che parte, fosse anche uno strapuntino in corridoio.
I mitici giovani, che la politica in crisi abitualmente chiama a raccolta quando dice di volersi rigenerare, sono come al solito una categoria dello spirito. Tutti li vogliono, ma nessuno li ha avvistati, devono stare a cuccia.
Nelle liste pochi posti per loro; la maggior parte se la sono accapparata i capetti di vario livello delle due formazioni. Prova ne è che Enrico Letta gli ha dato accoglienza nella sua cordata, manco fosse una riserva indiana.
Fantastico è poi lo sgambetto che è stato tirato, ai nastri di partenza, a Gavazzoli Schettini; le sue liste non sono state presentate in diverse aree, perchè le strutture locali del costituendo partito si sono eclissate.
Tutto naturalmente a beneficio dei grandi nomi e soprattutto di Walter I Have A Dream Veltroni, ormai leader in pectore del nuovo soggetto politico.
Che senso ha fare le primarie, aprire il cosiddetto cantiere democratico, se hanno deciso tutto le solite consorterie romane, con la benedizione della stampa e delle tv di orientamento liberal come La7 e Repubblica?
Persino le soubrette hanno benedetto Walterone, vedi Afef e la Ferilli: e chi lo ferma più? L'uomo giusto è lui. Le primarie di Ottobre sono diventate una celebrazione priva di sostanza, un'operazione di marketing del nulla.
Il PD, lungi dal nascere all'insegna del rinnovamento, si presenta come l'ennesima manifestazione di una partitocrazia spenta ed ottusa, che non vuole rassegnarsi a cedere il passo.
E' un sistema poi che continua a produrre, in un processo perverso di filiazione, nuovi partiti: infatti Dini e Bordon, che hanno deciso di non entrare nel cantiere (forse non gli hanno proposto una poltrona abbastanza soddisfacente), hanno fondato due nuove formazioni, le ennesime particelle subatomiche.
Se il nuovo riformismo all'italiana è questo...
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