domenica 29 giugno 2008

Berlusconi metastasi della democrazia


Il caimano è tornato.
No, il caimano non se n'è mai andato.
E' sempre stato lì, con il suo sorriso a 860 denti, in agguato.
Pronto a colpire, a far scattare le fauci.
Per ingoiare la democrazia, grazie a un così largo consenso.
Alla faccia del suo democratico avversario, che lanciava segnali di pace
mentre lui si preparava alla guerra.
Alla faccia della mammola che voleva chiudere la stagione dello scontro e dell'insulto, per legittimarsi a vicenda.
Adesso resta solo l'insulto liberatorio del molisano umorale, per quel che serve.
Magnaccia, la vera dimensione di Berlusconi.
Il caimano va alla sua personale crociata.
Contro chiunque gli chieda di rispondere delle sue porcherie.
Contro chi invoca il rispetto delle regole della democrazia.
Contro chi pensa che anche un uomo politico debba essere processato.
In una nazione che sente il valore della democrazia come lo sentono in Zimbawe o in Venezuela.
Berlusconi è l'unto del signore in odore di santità.
Berlusconi è il demiurgo, il più amato dagli italiani.
Pieno di merdosa e insopportabile arroganza, legibus solutus.
Come si può processare l'unto del signore?
Principe di un paese immaturo e immobile,
che prima o dopo si deve affidare a uno.
Uno che comandi, uno che ci salvi.
Uno che intanto salva se stesso, alla faccia dei babbei che lo hanno votato.
Processi sospesi, lodo ad personam, minacce alle procure, test di sanità mentale per i PM.
Decreti taroccati dai suoi avvocati parlamentari.
Dopo il vaglio del Presidente della Repubblica, all'italienne.
Italia culla del diritto, Italia culla degli imbrogli, di cui il caimano è il gran celebrante.
Dietro a lui si allineano le coorti di yes - men che votano compatte per i suoi individuali interessi,
davanti a lui si stende un paese alle corde, fanalino di coda in tutto, che però lo ama e lo premia.
E lo merita. La democrazia è in metastasi, grazie caimano e grazie italiani.

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mercoledì 4 giugno 2008

Ahmadinejad, lucida follia al potere


E' arrivato e come previsto ha dato spettacolo. A modo suo.
Ahmadinejad, presidente dell'Iran, approfittando del vertice Fao di Roma ha rilanciato le sue accuse e minacce a Israele promettendone la distruzione, che secondo lui è prossima.
E' stato trattato come un appestato; non è stato ricevuto dalle autorità italiane, non ha avuto colloqui con nessuno a parte il premier giapponese, non è stato invitato alla cena offerta dal nostro governo.
Ma reagendo con impareggiabile nonchalance ha ribadito le sue squinternate tesi di fronte alle telecamere della RAI, nell'ora in cui gli italiani sono davanti al fatidico piatto di pastasciutta.
Questa volta non ha affermato che l'Olocausto è un'invenzione, però ha detto che non capisce per quale motivo l'Europa senta ancora il bisogno, dopo tanti anni, di pagare un debito agli ebrei, un piccolo insignificante gruppo.
La seconda guerra mondiale ha provocato un totale di 60 milioni di morti di cui non si parla mai. Ahmadinejad non si preoccupi: noi europei sappiamo bene quale tributo di sangue i popoli del nostro continente hanno pagato durante il conflitto mondiale.
L'Iran invece non ha ancora fatto autocritica sull'orribile e insensata guerra degli anni 80 con l'Iraq, quando i ragazzini venivano mandati dal fanatismo islamico, di cui Ahmadinejad è il nuovo alfiere, a farsi massacrare davanti alle trincee nemiche.
D'altro canto l'esercizio del diritto di critica e manifestazione del pensiero non appartiene alle virtù teologali che informano la repubblica islamica che presiede.
Inutile poi spiegargli che la Shoah è il prodotto di secoli di Antisemitismo che proprio in Europa, purtroppo, ha avuto i natali e che lui contribuisce a tenere vivo.
L'ineffabile dittatore iraniano in un'intervista a un quotidiano ha persino accostato Khomeini a Gesù Cristo.
Entrambi, sostiene, sono stati portatori di un messaggio di pace e amore. Khomeini anzi può essere ritenuto il Gesù del XX Secolo (sic!).
Non mi risulta tuttavia che Gesù abbia mai deciso di mettere a morte i dissidenti ne di applicare norme barbare e arcaiche come quelle della Sharia che costituiscono l'ossatura del regime di Teheran.
La performance di Ahmadinejad non è stata soltanto pensata per suscitare scandalo e dibattito direttamente in casa nostra, nell'occidente.
E' soprattutto l'ennesimo messaggio che il folle ma lucido dittatore islamista rivolge al mondo musulmano, o meglio a quella sua parte militante ed estremista che da tempo affila le armi e si sta compattando.
Un filo robusto lega Ahmadinejad, l'Iraq e l'Afghanistan squassati da una guerra civile su cui gli iraniani portano pesanti responsabilità, la Siria canaglia e il leader di Hezbollah Nasrallah, regista delle provocazioni di confine che scatenarono la guerra con Israele nell'estate del 2007.
Si parte da Teheran e si arriva alle coste del Mediterraneo, dove Israele non è minacciato solo con le parole, ma anche con i fatti.
Sulla pace pesa l'poteca del dittatore di Teheran, tutto Corano e armi nucleari. Lo ha detto: la rivoluzione islamica raggiungerà il mondo intero.
Prima vittima Israele e dopo...
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lunedì 2 giugno 2008

Festa della Repubblica, festa a metà


62 anni fa l'Italia decideva di mettere fine alla monarchia scegliendo la Repubblica. Due anni dopo, con l'entrata in vigore della costituzione, veniva messo in cantiere un nuovo progetto di stato e di società.
Oggi abbiamo celebrato di nuovo quella data, il 2 Giugno 1946, ma sorge la domanda se quel cantiere è mai arrivato al termine, o addirittura se è mai partito.
Gli esponenti della Lega Nord hanno marcato visita alla manifestazione; Bobo Maroni per esempio ha preferito starsene a Varese, in mezzo ai suoi Celti. Scontate le polemiche.
Il rubizzo Calderoli con una delle sue solite uscite ricordava che un ambasciatore era presente, manco si stesse parlando dell'omaggio reso da una delegazione straniera.
La tribù dei Galli Insubri che manda un suo esponente in visita di cortesia nella capitale dell'impero?
E aggiungeva che bisognerebbe interrogarsi sull'opportunità di celebrazioni che costano, in un momento in cui le famiglie faticano a sbarcare il lunario.
Più che un ministro della semplificazione, un ministro del semplicismo e delle baggianate. Comincino, lui e i suoi colleghi della casta, a dare il buon esempio dimezzandosi le ricche indennità che percepiscono.
Gli sgarbi istituzionali dei leghisti non sono una novità, ma appare chiaro che di anno in anno questa come altre ricorrenze della nostra storia (il 25 Aprile ad esempio), vengono celebrate con sempre maggiore stanchezza.
Invece di essere feste popolari animate dalla partecipazione della comunità, tendono a essere sempre più rituali officiati per dovere e consuetudine.
Un primo fattore che influisce in tal senso è l'indebolimento della memoria storica collettiva, che credo sia un fenomeno comune a tutte le società.
Passa il tempo e le persone che hanno vissuto determinati momenti cruciali della storia scompaiono; le generazioni più giovani non possono avere lo stesso coinvolgimento emotivo di chi ha visto e partecipato direttamente.
Questo fenomeno è più marcato in un paese come l'Italia, dove il livello culturale medio punta tristemente verso il basso e dove soprattutto il senso di appartenenza alla nazione è sempre stato relativamente debole.
Questo allentamento del vincolo nazionale si è accresciuto a partire dagli anni 90; il sistema paese, per via dell'inettitudine della nuova classe dirigente che ha preso il posto dei partiti storici, si è avvitato in una spirale di crisi di cui non si vede la fine.
Sono ritornate le lacerazioni fra nord e sud, l'Italia si è lentamente disarticolata. Ci siamo trovati a vivere in un paese a due velocità, dove la parte che tiene la marcia più alta e ha il motore più efficiente non è più disponibile a rimorchiare l'altra parte, che continua ad essere ammalata della sua cronica passività.
Per questo la Lega Nord trova un humus fertile sul quale far crescere un sentimento autonomista che a volte sembra nascondere un proposito separatista.
Per questo può riesumare o inventare di sana pianta una storia alternativa, la storia della Padania, che ha successo fra le platee dei militanti avide di messaggi forti di cambiamento e assolutamente a digiuno di nozioni storiche.
Non siamo alla vigilia di una secessione intesa in senso classico; tale ipotesi allo stato attuale è fantapolitica.
Ma una secessione dolce, questa sì è arrivata a compimento e attende solo la sanzione giuridica di una radicale riforma costituzionale. Ci riusciranno i suoi baldanzosi promotori in camicia verde? Qui troviamo un nodo molto difficile da sciogliere, perchè dubito fortemente che i reggimenti di deputati e senatori del sud di tutte le forze parlamentari accetteranno una riforma come quella targata Lega.
Essa infatti condurrebbe alla chiusura pressochè immediata del rubinetto dei finanziamenti da cui non dipende tanto lo sviluppo del Mezzogiorno, quanto la sua sopravvivenza. Le tabelle sul "come sarebbe" sono disponibili ovunque.
Spetta al grande illusionista e mediatore Berlusconi di far quadrare il cerchio evitando la deflagrazione della sua maggioranza, con l'appoggio esterno del Partito Democratico che nonostante si trovi in netta inferiorità numerica alle camere, paradossalmente in questo frangente può giocare un ruolo fondamentale. Non è casuale che anche Bossi abbia più volte mandato segnali di fumo in direzione di Veltroni.
Non è un discorso da cassandre interessate, è solo la constatazione di una persona consapevole di vivere in un paese che naviga a vista, dove non si sa più da dove si viene ne cosa accadrà domani.
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