mercoledì 16 dicembre 2009

Chi sono i veri "itagliani" che stanno con Berlusconi


Tornerà, bello e sorridente come non mai. I suoi supporters, gli itagliani che gli hanno riversato addosso il loro immenso affetto nelle ultime ore non si preoccupino.
Il Cavaliere se l'è cavata a buon mercato, nonostante la pericolosità dell'oggetto che lo ha colpito.
Si è salvato nonostante  il servizio d'ordine si sia rivelato una brigata di dilettanti allo sbaraglio.
Patetico il Maroni che dice - non c'è nulla da rimproverare alle forze dell'ordine.
C'è molto da rimproverare. In un paese normale il Ministro degli Interni,  cioè il massimo responsabile della sicurezza pubblica ad iniziare dalle maggiori personalità istituzionali, di fronte a un disastro simile dovrebbe dimettersi. 
Ma nell'anormale Italia in cui ci tocca vivere i politici facce di tolla non si dimettono quasi mai, e ignorano le domande più scomode dei giornalisti nelle conferenze stampa, come appunto ha fatto Maroni.
Questi qua non sono in grado di garantire vera sicurezza nemmeno ai membri della classe politica, figurarsi se possono garantirla ai cittadini come avevano promesso in campagna elettorale.
Nemmeno a Marco Biagi il rompicoglioni, per dirla con Scaiola, l'avevano garantita e abbiamo visto come è andata a finire.
Chi sono però gli itagliani veraci, che fuori dall'ospedale hanno appeso biglietti d'amore e striscioni inneggianti a LUI?
Sono quelli che si lamentano per il clima d'odio e da caccia all'uomo scatenato contro di LUI; Berlusconi il martire della libertà.
Sono quelli che applaudivano Il Cavalier Fracassa quando dava del coglione a chi non lo vota; quando proponeva test di sanità mentale per i pubblici ministeri; quando diceva che chi sceglie di fare il giudice non è una persona per bene, ma anzi è diverso dalla razza umana.
Sono quelli che approvano Silvio, la presunta povera vittima, quando dice che Napolitano non è super partes, o peggio che gli ultimi Presidenti della Repubblica (includendo anche Scalfaro e Ciampi) sono dei golpisti.
Quelli che si spellavano le mani quando Berlusconi definiva filosovietica la Costituzione; quando ha detto che la cambierà a ogni costo, anche da solo, mussolinianamente. Sono quelli che tifano per i suoi picchiatori mediatici sguinzagliati puntualmente dietro gli oppositori.
Come la Brunetta isterica che ha augurato alla sinistra e ai sindacati di morire ammazzati, che ha definito "l'altra" Italia leggermente schifosa; La Russa con gli occhi strabuzzati che augura ai giudici di Strasburgo di morire, per la questione del crocifisso.
Feltri, una vita intera da voltagabbana, il  noto confezionatore di patacche e diffamatore; quello che ha persino sputtanato Veronica Lario nel silenzio di LUI.
Bossi che arringava alle folle padane, promettendo una pallottola per i magistrati come Papalia responsabili di indagare sulla Lega. Il capopopolo che prometteva una marcia su Roma alla testa di 300.000 villici della Val Brembana armati di tutto punto; che ha promesso di raddrizzare la schiena a un pm poliomelitico.
Quelli che seguono Emilio Fede scambiando per tg quello che in realtà è una teleburla; Fede che sbeffeggiava di continuo Prodi quando era capo del governo.
Quelli che partecipavano ai gruppi di contestazione che seguivano Prodi nelle sue uscite pubbliche, quando l'epiteto meno grave che gli lanciavano era mortadella.
Quelli che non si chiedono chi ha mandato alla Ariosto, testimone in un processo chiave contro di LUI, una testa di coniglio impacchettata. Qualcuno ispirato a Don Vito Corleone del Padrino.
Quelli che chiedono di mettere fuorilegge alcuni partiti politici, come i miserabili della Giovane (e stronza) Italia di Treviso.
Quelli che non hanno nulla da dire sui tentativi di censura dell'informazione, sullo scandalo di Cosentino; quelli che non hanno mai qualcosa da dire su nulla perchè hanno portato il cervello all'ammasso.
Questi sono gli itagliani che mi fanno vomitare.

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lunedì 14 dicembre 2009

NYT, esclusivo: la situazione italiana dopo l'aggressione a Berlusconi

New York Times - Roma, 28/12/09. Dal nostro corrispondente

Cosa accade in Italia a quindici giorni dall'aggressione a Berlusconi

A quindici giorni dall'aggressione a Milano al premier Silvio Berlusconi il colpevole, uno psicolabile da tempo in cura, è stato processato per direttissima ed è attualmente detenuto nel braccio speciale del carcere di S. Vittore in attesa che riapra, come ha promesso l'esecutivo italiano, il penitenziario dell'Asinara.
E' stato condannato a trent'anni (di cui ben cinque d'isolamento), tanto che gli oppositori del regime italiano lo hanno già soprannominato Papillon, in omaggio al famoso film con Steve Mc Queen.
Questo grazie a un decreto preparato in tempo record dal Ministro degli Interni Maroni, che si intitola "Misure straordinarie per la sicurezza dello stato". Molte le norme del provvedimento.
E' stato istituito un tribunale Speciale composto da tre membri di nomina governativa, per la repressione dei crimini politici.
Fra questi le attività anti italiane, in cui vanno ricomprese le parole o azioni atte non solo ad attentare alla persona del Presidente del Consiglio ma anche a generare sfiducia nel suo operato; poi la "temporanea" (così si legge) limitazione della libertà di stampa.
Alcuni quotidiani infatti non vengono più pubblicati: La Repubblica (che come molti lettori sanno aveva condotto la campagna delle 10 domande a Berlusconi), Il Manifesto e Il Fatto quotidiano, i cui promotori Antonio Padellaro e Marco Travaglio (accusato a caldo di essere uno dei mandanti dell'aggressione) sono già riparati in Francia dove hanno chiesto asilo politico.
Niente estradizione, fa sapere una nota del Ministero di Giustizia francese, il caso è diverso da quello di Cesare Battisti perchè i due giornalisti italiani non sono terroristi ma vittime della libertà d'informazione.
Indignate le reazioni del PDL, il partito del premier; il piccolo ed eccentrico ministro Brunetta ha dichiarato furente - Anche in Francia dominano le elites di merda ma ci occuperemo di loro a tempo debito. Non la passeranno liscia.
Sarà creato inoltre uno staff di web - surfer, reclutati fra disoccupati e giovani precari che qui abbondano, per setacciare la rete e controllare e-mail, siti e blog in lingua italiana. Riceveranno una provvigione per ogni denuncia andata a buon fine.
Maroni - L'idea ci è venuta pensando al web poliziotto cinese. Il governo di Pechino ci ha aiutato con una serie di consigli utilissimi, e gliene siamo grati. Inoltre stiamo pensando di rivitalizzare le ronde, che hanno conosciuto un avvio stentato: potremmo impiegarle per perquisizioni e interrogatori a sorpresa nelle strade... Il momento purtroppo è critico. I cittadini onesti capiranno senz'altro. Beppe Grillo ha caricato i suoi server in un furgone, direzione Svizzera, e da Zurigo ha affermato con il suo consueto stile forte - Maledetti figli di puttana, non mi fermeranno.
Stranamente, chi si collega al suo sito dall'Italia viene rediretto a un portale di pedofili.
Non è andata altrettanto bene a Di Pietro, uno dei critici  più duri verso il capo del governo italiano.
Risulta che si è asserragliato nella sua roccaforte di Montenero di Bisaccia, difeso da un manipolo di fedelissimi pronti a tutto. Sembra che i Carabinieri stiano trattando per ottenerne la resa pacifica.
Vietata inoltre la vendita di ninnoli e souvenir, qualificati come armi improprie.
Perfino i venditori veneziani di grano per i piccioni di S. Marco sono incappati nel divieto - E noi che c'entriamo can de l'ostia? - protestano.
Il portavoce PDL Capezzone afferma - I tempi sono maturi per la riforma costituzionale annunciata più volte dal nostro leader. Dobbiamo salvare la democrazia dal Comunismo, che è il vero responsabile di questo vile attentato.
Il vecchio ma ancora lucido Licio Gelli si è proposto per presiedere un comitato di saggi, che dovrebbe prendere spunto dal manifesto della  Loggia P2, da lui creata negli anni '80, dichiarata fuorilegge ma recentemente riabilitata in un fine pamphlet, scritto a quattro mani da Berlusconi stesso e dal suo collaboratore Cicchitto.
Bersani e Casini, leader di PD e UDC, due importanti partiti dell'opposizione, si dichiarano disponibili a una mediazione purchè preservi le regole fondamentali della democrazia.
Impossibile raggiungere per una dichiarazione su questo tema il Presidente della Repubblica Napolitano, che dal 14 Dicembre è ospite (ufficialmente per motivi di sicurezza) nella tenuta presidenziale di Castel Porziano sorvegliata da un distaccamento di parà della Folgore.
Impossibile poi ottenere un parere sugli ultimi problemi italiani anche dal presidente della Camera Fini, che non appare in pubblico dal  giorno 15.
Una nota fa sapere che è totalmente assorbito da un ciclo di studi della sua fondazione Farefuturo.
Ma come sta vivendo Berlusconi il difficile momento?
Mi sono recato fuori dalla clinica dove è ricoverato. Accanto a un presidio permanente dei comitati "Meno male che Silvio c'è", un gazebo della neonata associazione "Silvio presidente a vita".
Fra ceri accesi e canzoni di Apicella (il noto musicista di corte) abbiamo visto ragazze affrante ma fiduciose che Silvio si rimetterà presto.
A un certo punto si è avvicinata una signora attempata con un'ampolla fra le mani - Vede, questo è il suo sangue. Ero lì quel giorno, l'ho raccolto, ha proprietà curative straordinarie. Avevo l'artrite alle mani, è bastato spalmarne un pò ed è sparita! Sparita!
Subito prima di Natale la polizia ha scoperto che su E - Bay erano in vendita delle boccette con il "Preziosissimo sangue di Silvio". Denunciati per truffa cinque napoletani.
Ma tornando a Berlusconi, che non ha fatto mancare il suo caro saluto al popolo italiano, il direttore dell'ospedale ritiene probabile dimetterlo il 30 o il 31, per fargli passare il Capodanno serenamente a Villa Certosa.
Il suo maggiordomo sta già caricando il vulcano artificiale per i festeggiamenti, a cui sembra che sarà presente Putin che non vuole lasciare da solo il suo grande amico in questa fase delicata.
Negli scorsi giorni si sono succeduti in visita alcuni capi di stato; Gheddafi, che ha portato in dono tre cammelli purosangue e un commando delle sue belle amazzoni per difenderlo da possibili attacchi futuri, visto il fallimento dei suoi body guard.
Il bielorusso Lukashenko e a sopresa anche Hugo Chavez - Berlusconi està lontano da me politicamente, ma ammiro questo hijo de puta! Tiene i coglioni sotto, me assomiglia mucho!
Sconsolato il suo chirurgo estetico di fiducia, intercettato per caso fuori dai cancelli - Anni di lavoro buttati via. Dopo Valentino e Alba Parietti, Berlusconi era stato il capolavoro della mia vita! Adesso è tutto da rifare.
Emilio Fede ogni giorno va in visita dal suo editore e grande amico, come ci tiene a sottolineare - Scrivetelo, che il mondo lo sappia, l'oggetto che lo ha colpito non era una riproduzione del duomo, era una statuina di Stalin! Quello è uno sporco terrorista comunista!
Già, il Comunismo. Mi rendo conto che per un lettore statunitense è difficile capire le dinamiche della politica italiana, un linguaggio che richiama costantemente a un passato apparentemente morto e sepolto, ma questo è un paese che vive di passato, bisogna prenderlo così.
Non l'hanno presa molto bene però l'Onu e l'Unione Europea, che in un comunicato congiunto del 22 Dicembre hanno espresso "viva preoccupazione" per il rischio di involuzione democratica in Italia.
Gli ha risposto il segretario della Lega Nord Bossi, con un secco - Ma vadano a dar via i ciapp!
La momentanea difficoltà di tradurre dal dialetto lombardo all'inglese ha permesso al Ministro degli Esteri Frattini di prendere la parola, in una conferenza stampa ad hoc, e rassicurare il mondo che la democrazia italiana non corre nessun pericolo, ma anzi adesso gode finalmente di ottima salute.
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mercoledì 9 dicembre 2009

Americani arroganti e smemorati nel caso di Amanda Knox

C'erano due ragazzi americani come tanti che si erano arruolati nell'USAF; forse al tempo della scuola si erano esaltati un filo di troppo guardando Top Gun, Aquile d'attacco o qualche altro film di argomento aeronautico.
Anni dopo, nel 1998, erano nei cieli del Trentino a bordo di un aereo militare e cazzoneggiando allegramente come a volte fanno i piloti a stelle e strisce nei nostri cieli, come avevano visto fare in Top Gun, hanno tranciato il cavo della funivia del Cermis e hanno ammazzato una ventina di persone.
Ripercorrendo gli atti del processo si può dire che la sono cavata molto a buon mercato; praticamente niente galera, solo la radiazione dal corpo.
Dulcis in fundo il Senato USA ha prima concesso e poi negato il risarcimento ai familiari delle vittime, che così è rimasto in carico alle istituzioni italiane. Il governo di Centrosinistra allora in carica ha abbozzato.
Ancora peggiore è una seconda storia molto più recente; nel 2005 in Iraq Nicola Calipari del Sismi, che aveva appena preso in consegna la giornalista Luciana Sgrena dopo la sua liberazione dai terroristi, è stato ammazzato sotto un diluvio di piombo a un posto di blocco dei militari americani.
Un tragico errore, hanno concluso le autorità statunitensi. L'unico indagato Mario Lozano alla fine non ha pagato nulla. Dopo il congedo è tornato a vivere tranquillamente a New York.
Non è stato condannato nemmeno per omicidio colposo, nonostante a detta degli americani stessi era stato protagonista di un errore, cioè un caso di colpa grave; mentre invece era il potenziale capro espiatorio di una vicenda oscura e molto più grande di lui.
Lozano è stato incriminato dalla magistratura italiana ma chiaramente le speranze di vederlo sotto processo qui da noi sono pari a zero. Il governo di allora (Centrodestra) ha abbozzato come sempre.
La terza storia in realtà è un film in continua replica da oltre cinquant'anni. C'è un paese, gli Stati Uniti d'America, che chiede a un altro paese, l'Italia, un impegno militare dovunque sia necessario;  adesso ci chiedono altri soldati per l'Afghanistan e gliene offriremo ben mille, come i Garibaldini.  Altri possibili morti e spese in più per uno stato con i conti perennemente in dissesto.
Inoltre l'America ci chiede da sempre la piena disponibilità di intere fette del territorio per le proprie basi militari. Non c'è nessun paese della NATO così accondiscendente verso le richieste americane come l'Italia, nessun paese europeo con così tante basi USA come il nostro.
Intere porzioni del territorio sono sottratte alla sovranità nazionale e i nostri alleati ci fanno quel che gli pare; gli americani chiedono e gli italiani dicono sì, il caso Dal Molin insegna.
E' un'allenza scambiata spesso per un rapporto di servaggio, soprattutto a causa della nostra eccessiva e ossequiosa disponibilità.
Nel caso di Amanda Knox, dichiarata colpevole di omicidio da un tribunale italiano, molti americani hanno saltato a piè pari una valutazione del caso specifico, ammesso che si possa dire qualcosa di attendibile su un caso giudiziario di cui bisognerebbe conoscere bene le carte.
Hanno fatto di questa vicenda un fatto nazionale e umanitario, manco fosse stata incarcerata in Uganda o in Kazakistan. Una senatrice democratica si è azzardata a dire che siamo antiamericani (proprio noi).
Qualcun altro ha sollevato dubbi pesanti sul nostro processo penale; per carità non è affatto esente da errori a volte clamorosi, ma la differenza principale con la giustizia americana è che da noi si può sempre riconoscere un errore giudiziario e liberare un innocente.
Invece lì, essendo in vigore la pena di morte a volte non si può rimediare a un errore perchè il  condannato ormai è finito sul patibolo.
Qualcun altro ancora si è chiesto perchè i Marines non sono ancora intervenuti per liberare la povera ragazza. La madre degli idioti ha partorito ancora.
Ci sarà l'occasione per stabilire, in appello e cassazione, se Amanda e Raffaele sono i veri colpevoli di quell'omicidio. I dubbi sono legittimi, i ricorsi possibili e anzi doverosi.
Però in attesa di vedere come si concluderà il processo per il delitto di Perugia sarebbe stato bello se qualche abitante dei nostri palazzi della politica avesse detto qualcosa, per rispondere all'arroganza e alla scarsa memoria degli americani, che invocano giustizia e sono i primi che ce l'hanno negata in diversi casi.
Che non ci trattano da veri alleati come fanno con altri paesi NATO, ma si comportano dai padroni a casa nostra con una tracotanza che ci degrada a loro camerieri.
Sarebbe stato bello se dai palazzi della politica fosse saltato fuori un marziano a cantargliele come si deve, e a chiedere rispetto per un paese che  ha dato molto agli Stati Uniti e di cui gli USA hanno un grande bisogno. Invece abbiamo ascoltato le precisazioni di Frattini, recitate col suo solito tono debole e burocratico, e il silenzio assordante di tutti gli altri.
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martedì 1 dicembre 2009

La brava gente di Motta di Livenza

Zia uccide il nipote per una questione di soldi; un fatto di sangue come molti.
Accade dappertutto ogni giorno, questa volta è accaduto a Motta di Livenza, provincia di Treviso, Italia.
Le reazioni della gente intervistata da Antenna 3. Il proprietario dell'immobile dove si trova il bar gestito dall'ammazzato ha detto - mi dispiace sì, prima di tutto perchè adesso non tiro più l'affitto. Uomo pragmatico. Alcuni passanti - mah, non lo conoscevo... Sì appena di vista... No, non andavo mai nel suo bar... Beh, non era mica dei nostri.
Una vecchierella a cavallo della bici invece - il problema zè tuti 'sti extracomunitari. Tanto per essere originali.
Peccato solo che l'omicidio sia maturato fra italiani, la vittima era un piemontese trapiantato da tempo in Veneto, la zia assassina è pordenonese. Gli odiati stranieri stavolta non c'entrano, ma appena qualcuno orecchia distrattamente un fatto di cronaca nera l'accostamento a un albanese o un maghrebino è istintivo.
Nessuno ha portato un mazzo di fiori davanti all'ingresso di quel bar, nessuno ha pensato a un piccolo gesto di pietas che in simili circostanze sarebbe normale, perfino scontato.
E quello non era un bar di secondaria importanza ma uno dei posti più frequentati della cittadina; almeno per un certo periodo, finchè le liti continue all'interno della famiglia non ne hanno pregiudicato l'immagine e il fatturato.
La comunità prende le distanze, si gira dall'altra parte. Non era come noi, non era dei nostri.
E' una vera disdetta che non fosse meridionale, l'operazione di smarcamento sarebbe riuscita ancora meglio, avrebbe avuto una maggiore legittimità morale. Fra i terroni infatti queste cose sono all'ordine del giorno.
Ma la realtà è che queste cose capitano anche fra di noi; la zia italiana ha ammazzato il nipote italiano. Rimanendo in provincia di Treviso, il falegname italiano Favaro ha ucciso e tagliato a pezzi Iole Tassitani due anni fa.
Esattamente come a volte succede che le liti fra vicini di casa italiani degenerino e qualcuno pensi di risolverle tirando fuori il fucile da caccia e freddando il rivale.
Motta di Livenza è vicina a Gorgo al Monticano, dove due pendagli da forca albanesi hanno seviziato e trucidato una coppia di poveri pensionati nel 2007.
Però gli stranieri non hanno il monopolio dei reati di sangue, o dei reati in genere; anche fra la buona gente di Motta, simile in tutto e per tutto ai bravi cittadini delle altre province italiane, si può nascondere l'assassino.
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venerdì 27 novembre 2009

Siamo un popolo di poca fede, ma in compenso tanto devoti

Alcune notizie in ordine sparso.
Marrazzo, dopo aver chiesto scusa alla famiglia e agli amici si scusa anche con il Pontefice; ha fatto atto di contrizione con tutti tranne che con gli elettori.
Il consiglio regionale del Friuli ha approvato una delibera per esporre il crocefisso nell'aula. Il crocefisso sì, la foto di Napolitano no.
Un sindaco sardo udiccino a sua volta ha imposto l'esposizione della croce in tutti gli uffici pubblici: sanzione di 500 euro per i trasgressori.
Dopo i consueti tira e molla, la commissione sanità del senato ha sospeso la somministrazione della RU486 in attesa che il governo si pronunci, e non è difficile immaginare quale sarà il suo parere. Siamo un popolo di poca fede ma molto ossequiente nei confronti del Vaticano.
Un consigliere PD friulano ha ricordato le parole di Don Milani - meno crocefisso e più Vangelo. Il richiamo è ineccepibile ma ovviamente è destinato a restare lettera morta.
In Italietta c'è molto pubblico tributo ai simboli esteriori della fede (che conviene a fini elettorali) e molto poca reale condivisione dei valori del Cristianesimo.
Tutti i partiti a turno si espongono con prese di posizione spericolate e grottesche per difendere le cd. tradizioni del popolo italiano; oppure temono di inimicarsi il Vaticano o ferire la sensibilità cattolica, ammesso che esista veramente e sia così determinante per vincere le elezioni.
Balbettano e sono incapaci di portare avanti una linea chiara. Ogni riferimento al PD è puramente voluto. Bersani sulla faccenda del crocefisso è stato quanto mai prudente; il suo partito, nella problematica del testamento biologico come su altre, si è rivelato indeciso a tutto.
Italiani gente di poca fede, ma in pubblico sono assai devoti. Si sentono tranquilli e fortificati quando la forma viene rispettata, ma nella sostanza sono assai carenti.
I pagliacci in camicia verde vogliono limitare la cassa integrazione ai lavoratori stranieri, decisione questa che giuridicamente parlando sarebbe incostituzionale; ma che inoltre sarebbe palesemente anticristiana. Le folle che li votano sono senz'altro d'accordo.
Papa Ratzinger invita all'accoglienza dello straniero, in particolare dei minori migranti; vediamo se Bossi dirà qualcosa.
In precedenza, quando a criticare la politica dei respingimenti era stata la CEI, i leghisti avevano risposto che i "vescovoni" se li dovevano prendere a casa loro gli extracomunitari. Le folle dei buoni cristiani padani avevano applaudito con vigore.
Berlusconi stesso, fra un'orgetta con le prostitute e una passeggiata per l'Aquila con la croce in mano davanti alle telecamere (ancora questa croce), ha detto che l'Italia non è una società multietnica.
Negando l'evidenza dei fatti. Sarebbe come dire che lui non è un puttaniere incallito. Parliamo del leader politico sostenitore, con il Casini separato, del Family Day.
A molti italiani va bene così: in apparenza la morale convenzionale e il comune senso del pudore sono rispettati, finchè non salta fuori qualche scandaletto o scandalone a generare un momentaneo subbuglio. Solo un momentaneo subbuglio. Questi leader sono come loro.
Nella Prima Repubblica la coesistenza di un'area politica laica ben definita e di un partito cattolico pragmatico come la DC, aveva garantito un equilibrio fra le varie componenti della società.
Anche allora c'erano molti atei devoti, ma non erano mai stati spudorati come oggi. Anche all'epoca vi sono state battaglie dure e decisioni difficili, ma nel complesso il motto pluralista vivi e lascia vivere era rispettato.
Invece nell'Italia bigotta di oggi, piena di ciavacristi come si dice dalle mie parti, l'aria puzza sempre più di sacrestia e moralismo d'accatto, ed è sempre meno respirabile non solo per i laici ma anche per i veri cristiani.
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domenica 22 novembre 2009

Sanremo 2010, dialetto e altre pagliacciate


Sanremo è sempre Sanremo. Ogni anno ne inventano una nuova. L'anno scorso polemiche per la questione spinosa dell'omosessualità trattata da Povia. Quest'anno, a tenere banco parecchio tempo prima che inizi la manifestazione è il dialetto.
La direzione artistica ha modificato il regolamento aprendo alla canzone dialettale; in questo modo spera di tenere desta l'attenzione del pubblico con uno dei temi dell'anno,  per rimpinguare gli ascolti di un evento che ha perso da tempo l'antico splendore; è il marketing bellezza.
Una volta erano le tettine delle vallette a svolgere una funzione promozionale, adesso serve qualcosa di più hard, che faccia litigare per bene,  e non c'è niente di più hard dell'attualità politica.
E poi strizzare l'occhiolino al potere non fa mai male, anzi aiuta a conservare la poltrona o ad occuparne altre in futuro.
Il leader dei militi padani Bossi, dopo aver ottenuto la sua Bollywood, il cinema etnico del Nord, aveva espresso il desiderio di ascoltare canzoni in dialetto ed è stato accontentato.
Con lui anche Zaia, ministro dell'agricoltura ma al tempo stesso difensore appassionato delle culture locali. Proviamo a immaginare i partecipanti di un Sanremo in versione etnica.
Jannacci per il fronte Lumbard, i Pitura Freska per il Veneto...Anzi no, sono troppo di sinistra; meglio resuscitare i trevigiani Jalisse o i veronesi Sonhora, facendogli comporre in fretta e furia una canzone ad hoc. Per le Puglie andrebbe benissimo l'inossidabile Albano, Caparezza no per lo stesso motivo dei Pitura Freska.
A rappresentare la Sardegna i Tazenda, per l'Emilia Romagna invece la scelta si fa dura: Morandi? Dalla? O Guccini, che d'accordo è un comunista e però ha raggiunto una tale statura artistica da farsi perdonare una simile macchia nella sua vita?
Per Genova andrebbe benissimo Cristiano De Andrè con una versione riarrangiata di un pezzo in ligure di suo padre; per la Campania c'è solo l'imbarazzo della scelta.
Per quanto riguarda altre regioni invece, ad esempio Umbria, Basilicata o Abruzzo, la vedo difficile, ma magari si può risolvere il problema facendo esibire qualche simpatico gruppo folkloristico in costume.
Certo, un Sanremo federalista propone risvolti complessi; ad ogni canzone servirà il sottotitolo in italiano e in inglese per gli (scarsi) spettatori esteri.
La giuria dovrebbe essere composta da una persona in rappresentanza di ogni regione; ciascun giurato dovrebbe dimostrare di avere un'adeguata competenza non solo nella musica, ma anche nel dialetto perchè altrimenti non potrebbe esprimere una corretta valutazione filologica.
Il televoto andrà gestito con attenzione, perchè la Lombardia ha più abitanti del Molise o dell'Abruzzo: ci vorrà qualche criterio per compensare, la costituzione americana può offrire qualche spunto utile.
Come affrontare poi il tema delle minoranze linguistiche come i ladini e gli altoatesini, che hanno specifica tutela nella costituzione?
Andranno ammessi anche loro, facciamo attenzione altrimenti rischiamo di mandare in onda un Sanremo incostituzionale.
E la sezione nuove proposte? Per essere ammessi i giovani cantanti dovranno dimostrare prima di tutto un'adeguata conoscenza del dialetto, dato che le nuove generazioni, ahimè, tendono a non parlarlo più.
Auspichiamo inoltre fair - play da parte di tutti; qualora il festival lo vinca un napoletano, dai bergamaschi e dai milanesi ci aspettiamo un applauso sincero e non fischi e critiche.
L'Italia non riesce proprio a tenersi alla larga dalle pagliacciate, ci si butta dentro con convinzione e si divide a polemizzare sul nulla.
Mentre si propone l'ingresso del dialetto a Sanremo ci sono comuni che si preparano a emettere atti ufficiali in lingua locale.
Siamo un paese dove il livello medio di conoscenza dell'italiano tende miseramente verso il basso, a testimonianza del fallimento del nostro sistema educativo.
Non parliamo dell'inglese, lingua la cui conoscenza è assolutamente necessaria nel mondo globalizzato; siamo ancora al livello di quel vecchio spot - two gust is megl che uan.
Ma Bossi, Zaia e la tutta la falange dei militi padani vogliono recuperare i dialetti dando origine a quella che sarebbe una babele inestricabile, e dimenticandosi una cosa fondamentale che insegnano gli studiosi che certe materie le studiano con reale competenza: un dialetto vive se è parlato quotidianamente dalla comunità locale. Diversamente è destinato ad estinguersi com'è accaduto innumerevoli volte nella storia. Questo, bello o brutto che sia, è il processo in corso nel nostro paese da decenni.
Italiani, per una volta almeno siamo seri.
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giovedì 19 novembre 2009

L'acqua cosa nostra è!

Veolia ringrazia. Hera e Amga ringraziano. Gli speculatori e le imprese interessate a fare dell'acqua un grande bisinès esprimono gratitudine al governo italiano.
L'iter parlamentare della privatizzazione dell'acqua è arrivato al termine. Il Cavalier Fracassa ha posto per l'ennesima volta la fiducia impedendo al parlamento di discutere un tema tanto delicato, e a quel barlume di pubblica opinione ancora esistente di farsi un'idea sui pro e i contro, sulla posta in gioco. La nostra democrazia è al confino, non è una novità.
Nella Repubblica 2.0 le camere fungono solamente da notaio che ratifica le decisioni prese in consiglio dei ministri o a palazzo Grazioli.
Come potrebbe fare un assicuratore imbroglione la maggioranza ha nascosto il Decreto Ronchi in mezzo a un altro provvedimento che non c'entrava niente, sperando che nessuno se ne accorgesse.
Ma non è andata così e persino in una maggioranza zeppa di lobotomizzati nominati solo per votare sì a ogni passaggio parlamentare, qualcuno si è posto delle domande.
Perfino i leghisti, abitualmente molto accondiscendenti verso i desideri di Berlusconi, hanno dei dubbi, come ha chiarito il vicepresidente del gruppo leghista alla camera. Perfino loro!
Il progetto parte da lontano, perchè non hanno parlato prima? E perchè i pidini non hanno detto qualcosa prima?
Perchè i pidini che ora s'indignano hanno votato a favore di questa scelta  nell'Agosto 2008, in occasione della cd. finanziaria triennale di Tremonti? Sono dubbi e indignazioni tardive e ipocrite; il dado è tratto.
Il fatto, al di là delle fin troppo scontate considerazioni di metodo, circa lo stravolgimento delle  corrette prassi istituzionali consolidatosi in Italia, dimostra la crescente virulenza di certi fenomeni, che minacciano la corretta distinzione fra interessi pubblici e privati. E ci preparano un futuro cupo.
La classe politica è passiva, se non complice, delle operazioni che i grandi potentati privati mettono in piedi per fare profitto. Il primato della politica forse non è mai veramente esistito, ma ora è senz'altro scomparso dalla scena.
Non è solamente un problema italiano, ma una questione complessa che investe tutte le democrazie moderne. E' sempre più difficile rintuzzare certi assalti, conciliare la spinta al profitto con gli interessi generali. Distinguere fra ciò che è bene pubblico e ciò che invece può essere oggetto di una legittima attività d'impresa.
Le grandi corporations, nazionali o multinazionali, oggi dettano l'agenda politica.
Da questo punto di vista, la teorizzazione tremontiana (il regista dello sciagurato provvedimento sull'acqua) di un recupero di potere a favore dello stato, contro le logiche liberiste che condizionano iniquamente la vita delle nazioni fa semplicemente sorridere.
Le grandi aziende riescono quasi sempre a piegare i governi alle loro esigenze.
E' lo stesso Turbocapitalismo responsabile della recessione globale, che è maturata lentamente negli anni grazie a questa accondiscendenza degli stati.
Nel XXI secolo (dopo una fase di gestazione negli ultimi vent'anni del secolo scorso) ha prevalso l'idea che tutto può diventare una merce, che tutto può essere comprato e venduto. Che ogni cosa può avere un prezzo.
Sparisce la nozione di diritto fondamentale della persona umana, sparisce l'idea che esistano beni pubblici indisponibili. La salute non è più intesa come un diritto e  perciò come oggetto di una prestazione che il soggetto pubblico deve garantire a tutti, ma come una merce: provocando il disastro sociale che vediamo in America.
L'acqua non è più un bene pubblico rispondente a un'esigenza primaria delle persone, è un prodotto che si può scambiare sul mercato.
I difensori del libero mercato diranno senz'altro che il privato lo fa meglio, ossia con maggiore efficienza e a costi più contenuti; anzi dai banchi della maggioranza hanno già iniziato.
E' un vecchio e superato postulato ideologico, che può essere tranquillamente smentito con decine di esempi. Nei paesi dove il ciclo idrico è stato liberalizzato le bollette hanno subito rincari astronomici.
Ma il problema di fondo che scaturisce dalla privatizzazione dell'acqua è che si riducono sempre più gli spazi pubblici e i diritti delle persone, come Naomi Klein fra gli altri aveva esposto con lucidità e semplicità esemplare in No Logo.
Nella battaglia nazionale sull'acqua, se non ci sarà un'inversione di rotta ci perderà la politica e quindi ci perderemo tutti.
Le multiutilities, versione moderna e legale dell'antica mafia dell'acqua siciliana, potranno dire - finalmente anche l'acqua è cosa nostra.
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domenica 15 novembre 2009

Illegalità 2.0


Nella prima repubblica si rubava e si corrompeva; le tangenti giravano in un loop vorticoso,  gli interessi dei partiti e di singoli uomini politici venivano anteposti molto spesso agli interessi generali.
Però l'impianto delle leggi e della costituzione non veniva toccato. Formalmente le regole della democrazia italiana, dello stato di diritto, erano rispettate.
L'avvento di Berlusconi ha cambiato in modo radicale il gioco e le sue regole. E' stato un upgrade dalla repubblica 1.0 alla repubblica 2.0.
Dall'illegalità versione 1.0 alla 2.0, quasi quasi si rimpiange il vecchio pentapartito e il CAF. Oggi infatti si è perso anche il senso del pudore e si va a intervernire sfacciatamente sulle leggi per garantire l'improcessabilità di Berlusconi, ma non solo di costui. Infatti il progetto del del processo breve avvantaggia tutta la casta dei mandarini al potere.
Mentre il lodo Alfano era una schifezza con un limitato raggio d'azione, perchè assicurava l'immunità solo ad alcune cariche istituzionali, questo nuovo  tentativo di evitare al Cavalier Impunità possibili condanne nei processi può coprire qualsiasi uomo politico implicato in episodi di malaffare, dal sindaco al consigliere regionale, dal parlamentare al sottosegretario.
Mentre il lodo Alfano discriminava fra le quattro maggiori cariche dello stato e tutti gli altri cittadini, questo invece discrimina fra i politici e la collettività nel suo insieme, tanto che qualche giurista sta già sollevando i primi ovvi e pesanti dubbi sulla legittimità costituzionale di un simile intervento.
La concezione personalistica e autoritaria del potere del Cavalier Sfasciatutto non può contemplare limitazioni, contrappesi istituzionali.
Da lungo tempo va avanti un attacco molto determinato alla costituzione, definita addirittura filosovietica da Berlusconi in uno dei suoi sproloqui pubblici, e ai poteri diversi  dall'esecutivo: magistratura, corte costituzionale, presidenza della repubblica.
Tutto ciò mentre le camere ormai sono esautorate, dovendosi in gran parte limitare ad approvare decreti su cui viene richiesta puntualmente la fiducia. E' la repubblica 2.0.
E' un luogo nel quale il premier, leader carismatico di partito come è stato detto con convinzione dagli stessi esponenti del centrodestra, fa ciò che vuole e accetta soltanto un rapporto diretto con il corpo elettorale, il quale comunque per non correre rischi viene opportunamente lobotomizzato da un'informazione compiacente.
Oppure viene sedotto con l'idea che un progetto come il processo breve può avvantaggiare tutti; se si stabilisce che i processi per una certa fascia di reati non possano durare più di sei anni, in un sistema giudiziario privo di mezzi come quello italiano, si offre ai cittadini una contropartita, in maniera obliqua ma chiara.
Lasciate che faccia, che tanto questa cosa va anche a vantaggio vostro. Potrete delinquere più facilmente, con maggiori possibilità di farla franca.
Gli estorsori, i bancarottari, gli spacciatori e molti altri stanno già facendo i calcoli. In un'Italia con un senso della legalità così fragile la tentazione di lasciarlo agire può essere irresistibile.
Questo è al netto di tutto il filo conduttore fra lo scudo fiscale, ennesimo esempio dell'italica patologia condonista, e il processo breve. Fra i molti tentativi di Berlusconi di tagliare le gambe alla magistratura, come la ex-Cirielli e il disegno sulle intercettazioni, e il processo breve escogitato dal suo consigliori Ghedini.
L'illegalità 2.0., a beneficio della casta ma in fin dei conti a vantaggio di tutti. E' un altro miracolo dell'uomo del fare.
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lunedì 9 novembre 2009

Attenti, la "polisia" veneta s'incazza

Alla fine la polisia s'è incazzata davvero; non quella dello stato italiano ma quella dei Veneti. Quella del gruppo indipendentista che sogna la rinascita della gloriosa repubblica di S. Marco.
Sono passati diversi anni dall'impresa dei Serenissimi, che erano riusciti a portare un poderoso carro armato in pura latta, il famoso tanketo, dritto nel cuore di Venezia e poi si erano barricati sul campanile di S. Marco con qualche panino e un vecchio malmesso Mab, non più in grado di sparare dagli anni 60.
I Serenissimi avevano compiuto un'azione dimostrativa (e surreale) pagando, a mio parere, un prezzo troppo alto in un paese dove non si riesce a tenere in galera persone che hanno compiuto atti molto più gravi.
Ma se entra in gioco la politica anche una compagine sgangherata come quella dello stato italiano si ricompatta e mostra il volto della fermezza.
Ogni tanto mi chiedevo quanto tempo ci sarebbe voluto, quando sarebbe venuto alla luce un altro gruppo di esagitati.
Alla fine la questura di Treviso ha smascherato un nuovo gruppo paramilitare; ma la polisia voleva fare le cose più in grande e si era attrezzata di conseguenza.
Aveva comprato armi e divise, aveva stabilito gli stipendi per i membri (3000 euro al mese più 1000 euro di indennità di rischio, mica male) e pare che volesse fare un attentato, o magari solo inscenare una protesta teatrale, contro Luca Zaia considerato non abbastanza veneto. I magistrati stabiliranno l'esatta dimensione delle cose.
Spiazzato il ministro - ma come, se ho anche proposto l'introduzione del dialetto nelle scuole - ha detto; caro Zaia, c'è sempre qualcuno più duro e puro di te che ti epura.
Infatti il vecchio grido dei militi in camicia verde Roma ladrona ormai è out; la polisia preferisce Roma annessionista: i suoi simpatizzanti vogliono l'annullamento del plebiscito del 1866. Niente di meno.
Dove saranno finite le schede? E chi farà il riconteggio? Proposta: affidiamolo a una commissione paritetica (romani e veneti) con la supervisione di osservatori dell'Onu. Può andare?
A sinistra (o a destra?) della Lega è nata una nuova costola più radicale. Fra i promotori un ex poliziotto che il corpo, nove anni fa, ha espulso per disperazione dopo una raffica di provvedimenti disciplinari. Questo era il ministro degli interni della futura repubblica veneta.
Il capo della polisia invece era il comandante dei vigili di un comune della provincia di Treviso. Due esperti della materia.
Dietro di loro a quanto si ipotizza la LIFE, il sindacato degli imprenditori nordestini protagonista anni addietro della rivolta fiscale, che però ora prende le distanze.
Alla polisia l'appoggio della Life interessava per i quattrini da destinare agli stipendi dei membri. Erano già 80, fra loro molti disoccupati attirati dalle cifre interessanti in ballo, che evidentemente non si sono chiesti come potesse stare in piedi una buffonata simile.
Pare comunque che solo un benefattore abbia messo una mano sul cuore e una nel portafoglio scucendo 2000 Euro. Gli imprenditori veneti mica sono mone.
Va bene la rivoluzione, ma gli schei sono schei. E l'Italia certamente non è un paese di rivoluzionari. Pittoreschi però sì, lo siamo sempre.
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giovedì 5 novembre 2009

Crocifisso, l'Italia s'indigna per niente

Maurizio Gasparri: quella sentenza non va rispettata. E infatti: il sindaco di San Remo ha scritto alle scuole del comprensorio per invitarle ad appendere i crocifissi ovunque.
Il sindaco di Montegrotto (Padova) ha detto che non lo toglierà e chissà quanti altri amministratori si preparano alla rivolta contro i giudici "laicisti" di Strasburgo. Sono i Sanfedisti del nuovo millennio.
Quella sentenza non va rispettata: e ci mancherebbe. Quando mai i politicanti italiani, soprattutto a destra, hanno rispettato una sentenza?
Fra l'ennesima gasparrata e la dichiarazione di Berlusconi - non mi dimetterò anche se venissi condannato - non c'è differenza.
Le uniche sentenze giuste sono quelle in sintonia con i desideri di chi comanda o quelle di assoluzione dai reati, sempre che non scatti qualche prescrizione studiata ad arte per vanificare i processi. O al contrario, quelle che condannano gli avversari.
Le altre, che vengano dalla Consulta, dalla magistratura ordinaria o dalla Corte di Strasburgo, non vanno bene.
E', diciamo, una cultura della legalità a intermittenza, naif come quasi tutto ciò che partorisce questo meraviglioso paese di cialtroni.
Perciò i credenti di che si preoccupano? Di che s'indignano? Il crocefisso resterà. Come ha detto una signora in tivù - ne abbiamo bisogno - cioè ne abbiamo bisogno sempre e comunque, anche nelle aule scolastiche o di tribunale. E' come la copertina di Linus.
E' una grande levata di scudi in un paese la cui fede, come in tutto l'Occidente del resto, da molti anni ormai è decisamente annacquata.
Nel paesello del cattolicissimo Veneto dove vivo io solo 1/5 dei residenti va in chiesa alla Domenica.
I banchi dei templi sono vuoti, le vocazioni languono tanto che qui e là cominciano ad apparire sacerdoti africani, con grande scorno dei razzisti padani. Non solo le aziende ormai hanno bisogno di forza lavoro immigrata.
Eppure quando qualcuno rimette in discussione la legittimità dell'esposizione di un simbolo religioso in un ufficio pubblico, gli italiani si riscoprono credenti.
Pazienza per i politici; quelli sono atei devoti, difendono gli interessi della Chiesa in uno stato che invece, Costituzione alla mano, è laico, per ottenere simpatie e voti, benedizioni elettorali, anche se il loro agire spesso non rispetta i principi professati ufficialmente.
Perfino un frequentatore di minorenni e puttaniere incallito come Berlusconi può manifestare indignazione verso l'Europa, e passarla liscia davanti a un'opinione pubblica che invece dovrebbe rilevare immediatamente la sua incoerenza.
Ha ragione quel sacerdote della mia Treviso che sempre davanti alle telecamere ha detto - il crocefisso andrebbe tolto proprio dai palazzi del potere; andrebbe tolto perchè lì Cristo non ha cittadinanza.
Ma la gente, questa sì che sorprende. Il crocefisso è un simbolo che appartiene alla tradizione dell'Italia come di tutto l'Occidente, nessuno può o vuole negarlo.
Ma è una forzatura sostenere che l'imprinting dell'Europa sia solo nel Cristianesimo. Chi lo pensa studi un pò meglio la storia e la filosofia.
E' anche una forzatura dire, come fa l'illustre Gelmini, che la presenza dei crocifissi nelle scuole non significa necessariamente aderire al Cristianesimo, ma confrontarsi con la nostra tradizione. No Gelmini, parliamo di un simbolo che prima di tutto è religioso.
I simboli di fede, sia essa cristiana o musulmana o ebraica o chissà cos'altro, non dovrebbero essere esposti nelle scuole o nei tribunali.
Esporli significa assumere che esista una legge, nel nostro caso quella divina nella sua versione cristiana, superiore rispetto alle leggi dello stato o alla cultura umanistica e scientifica insegnata nelle scuole.
Sulla reale esistenza di tale legge cristiana trascendente (ma il ragionamento vale per qualunque altra religione) non c'è e non ci sarà mai accordo totale fra gli uomini.
Le uniche regole necessarie ad organizzare la vita della società, sono quelle che gli uomini si danno attraverso le istituzioni che hanno creato. Regole condivise per la casa di tutti.
Se lo stato è la casa di tutti e tutti vi si devono poter riconoscere, imporre il simbolo di una religione negli uffici pubblici è sbagliato.
Soprattutto, uscendo dalla teoria, in una realtà come quella di oggi dove ai laici e agli atei si sono affiancati nuovi gruppi di persone di religione diversa.
Ma la gente si tranquilizzi perchè le sentenze non devono essere rispettate, Gasparri dixit. Il crocifisso resterà per la gioia di tutti i fedeli, quelli veri e quelli falsi.

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lunedì 2 novembre 2009

KKK Italia: non ci facciamo mancare proprio niente


Ci mancavano soltanto loro; anche in Italia abbiamo il Ku Klux Klan. La notizia è apparsa oggi su Repubblica.
Però da una visita veloce a un paio di forum neonazi (veloce perchè il mio stomaco non resiste molto in questi casi), viene fuori che l'organizzazione era presente già da un pò. Non si sa con quale fortuna in termini di iscrizioni, forse solo i tre che appaiono nella foto. Dopo Halloween perciò abbiamo importato anche questo pezzo di America.
Alcuni blog ne stanno parlando ma non pubblicano il link per non dargli visibilità. Non ne vedo il motivo: il link è questo.
Scorrendo la lista dei paesi affiliati si vede anche la bandierina tricolore, cliccandoci sopra ci si ritrova nella pagina della sezione italiana, dove in calce alle solite affermazioni da neurodeliri c'è anche un'e-mail. Chi vuole può inviare qualche pensierino che gli dimostri tutto il nostro calore e partecipazione per la loro causa.
Anche gli italiani sono stati premiati con l'ammissione all'esclusivo circolo internazionale del razzismo doc.
Don Black, leader del Klan statunitense mesi fa lo aveva detto a Mario Calabresi di Repubblica: c'è molta eccitazione sul nostro sito per quello che sta accadendo da voi, siete i primi a reagire e a dimostrare che non vi fate sottomettere dagli immigrati.
Il virus della xenofobia che ha contagiato l'Italia può avere il volto falsamente rispettabile delle ronde oppure può produrre queste manifestazioni estreme, come nel caso della Guardia Nazionale Italiana di alcuni mesi fa.
E c'è poi un altro filo conduttore fra la paccotiglia veterofascista ostentata dalla milizia di Saja e questo strambo misticismo, questa sub-cultura che parla di fratellanze fra cavalieri , difesa dell'identità bianca e della religione cristiana; fra i cappelloni col frontino rigido e i cappucci dei klansmen all'amatriciana: l'effetto grottesco, irresistibilmente ridicolo.
Comunque sia una volta eravamo italiani brava gente, adesso lo siamo di meno; siamo certamente molto più brutti e cattivi.
Certi episodi sono notizie da quinta pagina di cronaca? Espressioni di folklore degenerato? Può essere ma non si sa mai. Non si sa mai che cosa può germinare da un seme malato.
Vedremo se verrà aperta qualche inchiesta, dato che la legge italiana punisce l'incitazione all'odio razziale.

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giovedì 29 ottobre 2009

Pearl Jam, backspace to rock

Vedder e compagnia sono tornati. La band più prolifica del mondo ha partorito un altro bambino, che però somiglia molto agli ultimi fratellini.
Dopo la riuscita parentesi solista di Into The Wild del 2007, Eddie Vedder ha riunito i suoi compagni per un nuovo capitolo della loro ormai monumentale discografia.
Non è una cosa da poco in un ambiente musicale che ormai ci costringe ad aspettare anni le realizzazioni dei nostri autori preferiti, talvolta deludendoci. Però Backspacer non suona granchè nuovo.
E' più allegro e arioso del precedente omonimo (Bush è andato a casa e l'incazzatura è scemata), ne mantiene l'impronta hard rock - grunge che ormai è l'inconfondibile marchio della premiata ditta Pearl Jam.
Insomma Backspacer non è brutto, molto belli a mio parere sono i due episodi acustici Just Breathe e The End; e il singolo The Fixer fila via che è una meraviglia. Solo c'è un pò di dejà ecoutez , ecco (si scriverà così?).
Ma siccome non siamo mai stanchi di ascoltarli e di farci contagiare dalla loro smisurata energia on stage, aspettiamo il loro arrivo in Europa.
Chi sa qualcosa di possibili date italiane?

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martedì 27 ottobre 2009

Bersani all'ultima crociata


Elezioni terminate. Bersani ha vinto. Bene, bravo.
Il popolo pidino ha fatto una scelta netta: Pierluigi ha vinto in quasi tutte le regioni e la buona affluenza dimostra che la base non si è affatto dissolta.
Tre milioni di votanti non sono pochi. I dirigenti del PD dovrebbero tenerne conto, per cominciare a rappresentare con serietà e coerenza chi non si rassegna all'idea del Cavalier Fracassa al potere in eterno. E nemmeno questi sono pochi in Italia.
Alcune indicazioni emerse:
- la base ha voluto dare al suo segretario un'investitura forte,
- ha scelto un candidato che non è favorevole al concetto di partito light, alla Veltroni, di cui era alfiere anche Franceschini.
- Dal popolo PD arriva la richiesta di un'organizzazione vera, fatta di tessere e sezioni com'era il vecchio PCI, com'erano i vecchi partiti in genere. Un partito che conosca e sappia leggere bene il territorio, che sia in grado di parlare con l'edicolante all'angolo e quella famiglia nuova che abita qui da un anno.
Un partito che sia in grado di fare politica nei grandi centri urbani come nelle circoscrizioni di periferia e nelle più piccole frazioni, in mezzo alla gente.
La Lega, per quanto turpe e becera nei sui messaggi alla società, è così e qualche suggerimento utile su come si gestisce un partito lo può sempre dare.
Meraviglia semmai che i pidini, figli di due grandi scuole di organizzazione (DC e PCI) si fossero fatti abbagliare dal nuovismo velleitario di Veltroni, che sognava un partito più simile a un movimento d'opinione (quali fossero poi queste opinioni era sempre difficile capirlo): tale concezione in Italia non ha mai avuto fortuna, dal Partito d'Azione in avanti.
- Il popolo PD ha scelto come timoniere un politico esperto, con un curriculum di amministratore navigato, preparato e con un'ottima dialettica. Legato al passato. Certamente non è una scelta di rottura.
Tutti dicono che dietro di lui c'è D'Alema, che è uno dei maggiori emblemi del passato prossimo e remoto della repubblica.
Bersani gli è vicino, ma onestamente è difficile immaginarlo come un mero uomo di paglia del suddetto.
Starà a lui comunque dimostrare di essere autonomo e di saper cogliere la richiesta di cambiamento, di innovazione, che proviene dalla base. Non solo da quelli che hanno scelto Marino (non sono pochi neppure loro).
E sono almeno tre le questioni che Bersani dovrà saper intercettare, per offrire una risposta adeguata e convincente.
- La prima è la richiesta di maggiore sicurezza, di speranza, di un nuovo patto sociale che proviene da una quota crescente di cittadini e famiglie vittime del darwinismo sociale consolidatosi, e non solo perchè ci troviamo nella recessione.
- La seconda è la difesa della democrazia e della laicità, che non può passare solo attraverso le campagne contro il Cavalier Sfascia Tutto, ma anche necessariamente attraverso una difesa rigorosa dei diritti della persona in un'Italia sempre più affollata di atei devoti e condizionata dalle istanze del Vaticano.
- La terza è una domanda di pulizia, per fare in modo che non vengano più alla luce casi come quello di Bassolino, della Puglia o di Marrazzo, che hanno un effetto deflagrante.
Staremo a vedere.

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giovedì 22 ottobre 2009

Baaria, la Sicilia attraverso gli occhi di un bambino

Ieri sera, dopo una giornata di lavoro, raccolgo le forze residue e vado a vedere Baaria. Rientro alle 2.00 di notte spaccate e stamattina quasi non sento la sveglia. Ne è valsa la pena?
Di questo film ne sono state dette di tutti i colori: è troppo bozzettistico, conferma gli stereotipi più triti sulla Sicilia, è incomprensibile perchè zeppo di dialetto, sorvola sulla mafia, è superficiale anche se trattandosi di Tornatore è diretto benissimo (a proposito di stereotipi).
Per non parlare delle accuse di intelligenza con il nemico perchè la distribuzione è della Medusa berlusconiana.
Anche el Presidentisimo del Veneto Galan a margine del Festival di Venezia lo ha attaccato, ma per una ragione diversa: troppi finanziamenti pubblici a Baaria, è la carica dei soliti siciliani pronti a svuotare i nostri portafogli.
Come sempre la si butta in politica, cioè in vacca (vedi anche il caso di Brevilineo Brunetta contro Michele Placido e il cd. culturame); a Tornatore marca particolarmente male, essendo criticato sia a destra che a sinistra.
A mio parere sono tutti commenti fuori tiro. Tornatore voleva fare un film nostalgico sulla Sicilia di una volta; è vero, e allora? In quale autorevole manuale è scritto che non si possono girare film di tono elegiaco?
Baaria racconta una Sicilia un pò mitizzata come la poteva vedere il bambino Tornatore e ce la regala, prova a rendercene partecipi. Possiamo essere interessati o no a questa scelta estetica, ma tutto necessariamente si esaurisce qui.
Baaria riesce ad essere un racconto individuale e collettivo, nel complesso realistico ma con alcuni innesti onirici e fantastici. Si fonda su una sceneggiatura asciutta che non indulge nella retorica.
La carriera minore del protagonista all'interno del PCI è raccontata con onestà e senza sbrodolature di polemica sul nostro passato.
La mafia è mostrata ma per fortuna non domina il film (sempre a proposito di stereotipi), c'è spazio per la narrazione di una storia familiare, per i protagonisti e le loro relazioni con le persone care, gli amici e i conoscenti, nella cornice di questo paese antico di una regione splendida.
E' valsa la pena di far tardi? Tutto sommato sì.

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martedì 20 ottobre 2009

San Gentilini patrono degli imbriagoni


"Se torno sindaco ripristino l'Ombralonga". Ipse dixit.
Ora gli sbevazzoni del Nordest ne sono certi: esiste un santo patrono anche per loro, nella persona di Giancarlo Gentilini, vicesindaco e sceriffo in servizio permanente effettivo.
Tranquilli, se Gobbo verrà candidato alla poltronissima di presidente del Veneto e sarà eletto Genty potrà togliersi le stellette del vice, che non ha mai gradito, e decidere lui sulla controversa questione che fa sbaruffare i trevisani.
Perchè il punto è proprio questo; siccome la città, il popolo è cosa sua (lo ripete sempre: i miei cittadini, la mia Treviso, i miei giovani) decide lui, e chi non è d'accordo taccia o magari vada in esilio, come raccomandò alle opposizioni dopo la sua vittoria elettorale qualche anno fa.
Se si toglierà i gradi da vice farà alzare i gradi alcolici della città, nonostante gran parte dei residenti l'Ombralonga non la voglia più e lo abbia fatto capire chiaramente.
Ma cosa conta l'opinione della gente, anche di chi lo ha eletto?
Quando conferisci un mandato nella Seconda Repubblica dai una delega in bianco, l'eletto può fare tutto senza tenere in minimo conto la diversità delle opinioni e delle posizioni che in una società moderna è la normalità. Berlusconi lo insegna.
L'Ombralonga per Genty e i suoi fan è la grande celebrazione della trevisanità o veneticità (se esiste la parola), che ormai non viene interpretata come cultura del buon bere e del buon mangiare, ma come libertà di sbronza in piazza con le sue inevitabili conseguenze: ricoveri per coma etilico, sporcizia, schiamazzi fino a ora tarda, schiaffoni che volano e pure un morto lo scorso anno.
Genty ama e difende l'Ombralonga perchè proviene da una generazione che si dedicava con passione alle bevute in osteria.
Spesso e volentieri erano monumentali e terminavano con una bici che capitombolava nel fosso o una litigata con la moglie al rientro a casa.
Oggi però i giovani che lo sceriffo blandisce di continuo non vanno più in bici, ma in macchina e hanno la tendenza a schiantarsi sui muretti o contro le auto che provengono in senso contrario, dopo aver bevuto troppo o assunto qualche droga.
Patrocinare l'Ombralonga significa di fatto essere complici morali con una cultura dello sballo e dell'irresponsabilità che ha effetti devastanti. Altro che essere dalla parte dei giovani.
Sarebbe bene che a ottant'anni suonati lo sceriffo mettesse la sua stelletta di latta nel cassetto e si godesse la pensione.
Ma questa è una pia illusione.

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lunedì 19 ottobre 2009

Islam a scuola? Magari un'oretta di storia delle religioni...


Fini e D'Alema hanno fatto i Gianburrasca; proprio quando la politica demagogica del Centrodestra sull'immigrazione è in pieno svolgimento, appena dopo l'attentato a Milano compiuto da un invasato bombarolo nordafricano, hanno proposto l'introduzione di un'ora facoltativa di religione islamica nelle scuole.
Il loro obiettivo è rompere il fronte del Centrodestra sul tema dell'integrazione degli extracomunitari nella società, e anche rompere le scatole al signor B. padrone del vapore; un'attività a cui Fini si dedica con entusiasmo crescente.
I militi padani si sono agitati subito, com'era scontato attendersi, e hanno avuto manforte dalla falange di atei devoti di diversa estrazione che hanno rivendicato la centralità dell'insegnamento cristiano. Ora di religione sì purchè cattolica, tanto per essere originali. Nel clima neomedievalista, o da ultima trincea, che ci circonda, sorprende constatare quanta gente, dai circoli della politica alle strade delle nostre città, abbia così a cuore la difesa delle radici cristiane.
Chi l'avrebbe mai detto, considerando la crisi delle vocazioni e i banchi vuoti nelle chiese durante le funzioni domenicali?
Di che si preoccupa Ratzinger l'antimoderno, che anche oggi ha esortato a non tralasciare le suddette radici cristiane dell'Europa?
Tuttavia neanche a me pare che una simile proposta sia da accogliere; ma non perchè tema l'ingresso del Corano nelle aule scolastiche.
La verità pura e semplice, e difficile da dichiarare in questo paese di beghine, è che nella scuola pubblica non dovrebbero esistere spazi didattici riservati a questa o quella religione. In quanto pubblica la scuola è un'istituzione che ha il dovere di accogliere i figli di chiunque; dei cristiani come dei musulmani, degli ebrei come dei protestanti, degli atei come degli agnostici e così via.
Sarebbe una scelta molto più equilibrata, laica nel senso più alto del termine, prevedere un'ora a settimana di storia delle religioni per tutti gli studenti.
Uno spazio dove approfondire la conoscenza delle tradizioni di fede dei popoli del mondo; la scuola assolverebbe pienamente e imparzialmente al suo obbligo formativo - informativo, facendo stare tutti assieme e sviluppando un confronto fra gli studenti che permetterebbe forse di superare meglio la non conoscenza dell'altro da cui derivano preconcetti e paure.
Diversamente non si fa altro che erigere l'ennesimo recinto, in cui questa volta verrebbero intruppati i ragazzi di religione islamica.
Le fedi hanno il pieno diritto di organizzarsi nella società e di portare avanti la loro missione, ma questo non è e non può essere l'obiettivo della scuola, che fra l'altro oggi ha ben altre priorità da affrontare.
Bisognerebbe anzi abolire il regime concordatario almeno per la parte che riguarda l'educazione.
Uno stato  non confessionale, e fino a prova contraria Costituzione alla mano l'Italia lo è, non può stabilire trattamenti di favore a una fede piuttosto che a un'altra.

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martedì 13 ottobre 2009

Se ghe pensa lu siamo fritti

Il nano di Arcore ci riprova; mai domo, ha invitato di nuovo gli industriali a boicottare Repubblica, rea del delitto reiterato di lesa maestà, e ha detto che alla democrazia ci pensa lui. Parole sinistre, parole da vero caimano.
Il rospo della bocciatura del lodo Alfano proprio non gli va giù; subito dopo la sentenza ha dichiarato che la priorità è la riforma della giustizia.
Per il Cavalier Fracassa la riforma della giustizia è la priorità dal momento della sua discesa in campo.
Ha fatto di tutto per bloccare i procedimenti a suo carico, il lodo Alfano era l'ultimo tentativo; in extremis, perchè adesso ripartono i due processi che intendeva congelare e sarà una lotta all'ultima frazione di secondo per evitare la prescrizione. Mai domo.
Ripenso alle parole di saggezza ed equilibrio che i tartufoni della destra avevano speso prima di quella decisione: comunque vada, rispetteremo la sentenza della Consulta. Abbiamo visto che rispetto hanno.
Ora Berlusca ritira fuori vecchie idee, vecchi cadaveri: la riforma dell'ordine giudiziario e addirittura l'immunità parlamentare che la gente aveva fatto buttare a mare nel '93.
Quanto ha la memoria corta il popolino che lo vota. Chissà quanti fra costoro nel '93 avevano gioito per l'abrogazione dell'immunità, ma questa è la gente, questa è la sua base elettorale.
Alla democrazia ci pensa lui, sottinteso per limitarla, neutralizzarla, far fuori il libero dibattito e il diritto di critica, eliminare tutti i poteri che gli sbarrano il passo.
Anzi, nella logica rigidamente autoreferenziale di un uomo che ormai ha sbarellato del tutto, la democrazia è lui e ciò che vuole lui.
Lo Stato è lui, manco fosse il Re Sole. Almeno il Re Sole aveva reso grande la Francia. Lui invece rende sempre più piccola e ridicola l'Italia.
Si lamenta perchè attaccando lui viene sputtanato il paese. Non è colpa della stampa estera, o di Repubblica, se questa è la situazione. Sono i suoi comportamenti, i fatti che emergono, a sputtanarci.
Siamo noi, quel 50% circa di cittadini che non lo vuole, a dover sopportare il peso dello sputtanamento.
Quando vado all'estero ormai fingo di essere spagnolo (conoscendo la lingua di Cervantes mi viene bene per fortuna) per la vergogna che provo a dichiararmi italiano.
Una volta ci prendevano benevolmente in giro su tante cosette, adesso siamo etichettati come amici di Berlusconi. Mi è capitato in Turchia - Ehi, amico di Berlusconi!
Io no! Milioni di italiani come me no, ma tant'è...
All'estero lo attaccano non solo perchè temono un'involuzione autoritaria in un paese cardine dell'occidente, che rappresenterebbe un problema politico molto serio.
Ma anche perchè temono che un personaggio simile un domani possa spuntare fuori in casa loro. E' il loro incubo peggiore in questo momento, peggio dell'estremismo islamico. Certe critiche hanno il significato di un esorcismo anti - Berlusconi.
Alla democrazia ci pensa lui, come fece negli anni '20 l'altro Cavaliere, il Benito, che lo aveva dichiarato apertamente.
Quando gli italiani si sveglieranno sarà troppo tardi.

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mercoledì 7 ottobre 2009

Lodo Alfano: business as usual

Continuerà tutto come prima. Magari le facce di bronzo che gli stanno intorno non proveranno più a fare una legge salva Berlusconi, ma non se ne andrà a casa. Rassegnarsi, rassegnarsi.
L'idea delle dimissioni è talmente lontana dall'orizzonte del Piccolo Capo dell'Italia...E non solo dal suo.
Per far dimettere un politico nel nostro paese ci vuole...non lo so, non mi viene in mente niente; ne abbiamo viste di cotte e di crude in questi anni e gli stronzi che occupano le istituzioni sono quasi sempre rimasti al loro posto. Imperturbabili.
Forse solo uno scandalo di pedofilia...O forse nemmeno quello; Noemi era diciottenne quando si è intrattenuta con Berlusconi settantaduenne. Cioè praticamente un atto di pedofilia.
Stasera l'hanno beccato fuori dalla sua reggia, il Piccolo Capo della Piccola Italia. Dalla siepe dei microfoni ha sputato fuori la solita litania: è una sentenza politica, le toghe rosse, non ci faremo intimidire, bla bla bla bla. E' un disco rotto.
Però funziona perchè c'è una parte di paese che gli crede, e questo è un primo puntello. Lui lo sa e lo ripete sempre; siamo stati investiti del mandato popolare e rimarremo al governo per cinque anni.
Però in una democrazia nomale anche un leader investito del mandato popolare può essere costretto ad andarsene se opera contro le leggi. Ah già, in un paese normale, non in Italia.
Il secondo puntello sono i legaioli che sperano di avere il federalismo. See...Staremo a vedere che pateracchio verrà fuori.
I legaioli, quelli che lo chiamavano Berluscaz e il mafioso di Arcore.
In questi giorni abbiamo visto un Ghedini insuperabile, un vero principe del foro; abbiamo scoperto che il primo ministro non è un primus inter pares come insegnano i manuali di diritto, bensì un primus super pares... Impagabile avvocato Mavalà! Come faremmo senza di te?
La sua prosopopea, la sua arte di arrampicarsi sugli specchi mi ricordano gli avvocaticchi di un Giorno in Pretura col mitico De Filippo.
Abbiamo scoperto il profondo spirito democratico della sinistra e della destra (non ce lo aspettavamo proprio!), che dicevano - qualunque sia la decisione la rispetteremo.
E infatti, appena il lodo Alfano è stato segato è partito il solito attacco alle istituzioni. Le uniche sentenze buone sono quelle che comodano a me o quelle che danneggiano il mio avversario. Così è l'Italia.
I giudici della Consulta hanno fatto il loro lavoro, il lodo Alfano era l'ennesima porcata che non poteva stare in piedi. Ma comunque a che serve?
Anche se i processi ripartono le prescrizioni incombono. Il Cavalier Fracassa ha pensato a tutto, proprio a tutto.
W l'Italia, w Berlusconi.
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venerdì 24 luglio 2009

Le confessioni di Papi


E va bene, non sono un santo. Papi si è confessato ma solo un pochino. Alla fine neppure un bugiardo patentato come lui ha potuto negare l'evidenza: quella delle parole scambiate con la diabolica Patrizia che le ha accuratamente registrate su nastro.
Tuttavia i servitori del Cavalier Fracassa ci provano ancora, a dimostrare che si tratta di una bufala inventata ad arte per rovinare il povero Silvio.
Frattini - ci sono giornalisti che hanno pagato questa escort, questa prostituta, per fare queste pubbliche dichiarazioni contro il primo ministro. Questo è immorale.
Domanda per Frattini: è immorale o no che un uomo ultrasettantenne cerchi di sedurre la minorenne Noemi?
Vermilinguo Ghedini - L'ennesima pubblicazione sul sito dell'Espresso riconferma una situazione bene evidente già in precedenza. La Procura di Bari ha espressamente specificato che le registrazioni asseritamente compiute dalla D'Addario mai sono uscite dalla cassaforte dell'ufficio e non sono state neppure trascritte. Poiché non c'è motivo di dubitare di tale prospettazione, non si può che ricordare la semplicità con cui è possibile costruire delle conversazioni.
Spettacolare questo azzeccagarbugli; costruire delle conversazioni... Vuoi vedere che la Patrizia e i perfidi giornalisti dell'Espresso hanno pagato un imitatore?
Ad ogni modo Papi prova a tagliare il nodo gordiano, a uscire dalle secche in cui si è infilato con i suoi comportamenti e i suoi silenzi: non sono un santo (sottintendendo: gli italiani mi scuseranno).
Certo, nessuno lo è. I santi sono solamente quelli indicati sul calendario; ed è lecito dubitare perfino sulla reale santità di alcuni fra quelli.
Ma la vicenda adesso non si può archiviare così, con l'ammissione che qualche debolezza, qualche vizietto ce l'ha anche lui.
Primo punto: Berlusconi è il leader di uno schieramento che si erge a difesa dei valori più tradizionali della società italiana: religione, famiglia e così via.
Il Centrodestra poi è stato promotore, nell'ambito delle politiche sulla sicurezza, di nuove norme per combattere la prostituzione (che ora naturalmente sono state messe da parte). C'è un'evidente contraddizione fra programmi e comportamenti messi in atto, a parte le bugie pure e semplici dette all'opinione pubblica che sono un disvalore in sè.
Secondo punto: a quanto sembra (e questo comunque dovrà essere dimostrato dalla Procura di Bari) le escort erano un mezzo di persuasione utilizzato dall'imprenditore Tarantini per ottenere vantaggi illeciti per le sue aziende.
Se così fosse, non sarebbe solo questione di morale o di comportamenti privati, privi di rilevanza pubblica: emergerebbero dei reati veri e propri.
Terzo punto: un uomo che si abbandona a certi passatempi, alle "torte" sul lettone grande con donne a pagamento, presenta un'evidente ricattabilità.
Chiunque fosse entrato in possesso di materiale compromettente su Berlusconi (ad es. la mafia, una multinazionale, un servizio segreto straniero) avrebbe potuto imporre al governo di prendere decisioni contrarie agli interessi nazionali.
Tirando le somme tutto ciò pone un problema prettamente politico (ed eventualmente penale); altro che gossip. Altro che vizietti.
Il Cavalier Tromba secondo me deve ancora spiegare molto al paese e se fossimo in una democrazia normale avrebbe già dovuto firmare le dimissioni.



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martedì 14 luglio 2009

La Bollywood di Bossi

A Milano è stato tagliato il nastro al Polo della Cinematografia Lombarda. I militi in camicia verde raggiungono un obiettivo importante: la Padania avrà il suo cinema. Stop al colonialismo culturale di Roma e del sud.
Rincara la dose il dotto Castelli con la Garzantina 2009 sotto il braccio: basta col romanesco, ascoltare attori che lo parlano in ogni contesto geografico è insopportabile.
Nella mia memoria non riesco a trovare film in cui la gente del nord viene insultata, ma fa niente.
Al massimo ricordo qualche vecchia commedia dove ai nordici, in particolare ai miei conterranei veneti, veniva riservata la parte del carabiniere tonto, che è speculare ai ritratti fortemente caricaturali dei siciliani mafiosi o dei campani imbroglioni di altri film del genere.
Non riesco nemmeno a ricordare film dove attori del nord (addirittura altoatesini) parlano in romanesco, dev'essere soltanto un incubo ricorrente nelle notti di Castelli. Si tranquillizzi un pò.
Fine di Un Posto al Sole degli odiati napoletani, quelli colerosi per dirla con Salvini che è un altro raffinato esponente leghista; largo a Un Posto nella Val Brembana, Anche i Bellunesi Piangono e a qualche Dallas nostrana con i re dell'industria bresciana come protagonisti.
Ci siamo sorbiti diversi telefilm sui marescialli dei carabinieri, Nonno Libero e così via, che hanno raffigurato un'Italia buonista da strapaese di cui è dubbia la reale esistenza.
Ci siamo sorbiti tonnellate di sceneggiati dedicati a preti, suore, vescovi, papi, perpetue e sacrestani, adesso arriverà il turno delle produzioni sul Nord, sulla bella storia padana amata da Bossi. Un cinema in dimensione etnica.
E' già in gestazione una fiction su un fraticello del seicento che diede conforto morale ai viennesi assediati dai turchi. Ovvero l'occidente assediato dai cattivoni islamici: tema di stringente attualità nell'ottica della Lega.
Si perpetua la tendenza italiana a strizzare l'occhio al potere, a strumentalizzare il racconto del paese per finalità di parte.
O l'agiografia della Chiesa e del mondo cattolico o quella delle genti virtuose del Nord, lo spettatore non ha scampo, dipende da chi comanda. Non ha scampo e non impara granchè.
Nessun film lumbard riuscirà a farmi amare le terre del nord come lo splendido Novecento di Bertolucci (parmense doc). Castelli l'ha visto?
O come il Viaggio sul Po di Cesare Zavattini (nato reggiano). Bossi sa chi è?
La cinematografia del nord esiste già e ha dato un contributo eccezionale alla cultura di questo paese.
I leghisti si ripassino Ermanno Olmi da Treviglio o Carlo Mazzacurati da Padova, tanto per citarne due. Esiste già una tradizione di attori del nord: Bentivoglio, Tognazzi, Accorsi, Pozzetto e così via.
Intanto, nella speranza vana che si sforzino di approfondire meglio certi argomenti per evitare di dire sciocchezze, i militi della Lega hanno trovato la loro Bollywood, che presumo sarà finanziata coi soldi dei contribuenti. All'italiana, anzi potremmo dire alla romana.
E infine diciamolo: Massimo Boldi è una schiappa, Alberto Sordi un fuoriclasse, con buona pace dei lumbard.

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lunedì 13 luglio 2009

Quell'animaccia nera di Dick Cheney


Adesso che il Bushismo è finito scopriamo gli altarini di quegli otto interminabili anni; e scopriamo i rischi di involuzione autoritaria che ha corso la democrazia statunitense, la più antica del mondo insieme a quella britannica.
Cade una nuova tegola sulla testa di Dick Cheney, ex vicepresidente di Bush; durante la War On Terror 2001/2008 obbligò la Cia a nascondere al Congresso alcune sue attività finalizzate a contrastare il terrorismo.
Considerando quali sono le logiche e le prassi tradizionali della democrazia USA, sarebbe come se a qualcuno venisse in mente di bestemmiare in San Pietro.
Ma da parte di Cheney non ci fu solo lo sforzo di condurre una serie di Covert Ops illecite inibendo al parlamento l'esercizio della sua funzione di controllo.
Pare che in quel periodo in Iraq andò smarrita un'enorme quantità di armi che era sotto la responsabilità logistica di Halliburton, la grande compagnia multisettore di cui Cheney è stato il capo per anni.
Non si sa dove siano finite; non si sa se sono finite per sbaglio nelle mani di organizzazioni terroristiche.
A voler pensare male si potrebbe ipotizzare perfino che siano state volutamente dirottate da qualche altra parte. C'è sempre qualche guerricciola in corso fra Africa e Asia.
Halliburton e i mercenari di Black Water hanno rappresentato il centro nevralgico dell'impegno USA in Iraq, ben più dell'esercito regolare.
Bush ha permesso che la campagna irachena venisse appaltata a imprese private, fatto senza precedenti nella storia moderna e contrario ai principi democratici, perchè ha reso molto difficile un controllo della classe politica sulla conduzione del conflitto.
Queste aziende con il consenso del Presidente e del Segretario di Stato Condoleeza Rice si sono comportate con la massima spregiudicatezza e sono anche accusate (nel caso di Black Water) di assassinii indiscriminati e violazioni dei diritti umani.
Halliburton e la lobby dell'oro nero, di cui Bush e il suo vice erano i rappresentanti e garanti, si sono arricchite enormemente con la guerra irachena.
Alla società di Houston (e a cascata alle altre) sono andate le commesse per la ricostruzione, i diritti di sfruttamento dei giacimenti di petrolio, financo gli appalti per rifornire le mense dei soldati e, scopriamo ora, la custodia di quantitativi di armi.
Dunque conflitto d'interessi e violazione delle prerogative del parlamento, per non parlare dell'aggressione costante ai diritti umani.
Decine di imputati rapiti in varie aree del mondo e sottoposti alla giurisdizione militare nella base di Guantanamo, limitazioni pesanti del diritto alla difesa, legalizzazione della tortura attraverso un decreto presidenziale che ha permesso le oscenità del Waterboarding e di Abu Ghraib, e chissà cos'altro.
La stessa guerra in Iraq è stata il frutto di una mistificazione colossale: la bugia sulle armi di distruzione di massa di Saddam.
Nel paese che ha avviato un procedimento contro un presidente per una storia di sesso ci sarebbe stata materia più che sufficiente per un Impeachment, sia verso Bush che verso Cheney.
Il curriculum di quest'ultimo, che nasce tecnocrate e funzionario di rango sempre all'ombra dei presidenti e che ahinoi non è stato tolto di mezzo nemmeno da quattro infarti, presenta un altro capitolo ambiguo.
Dick Cheney infatti è il co-fondatore del Progetto per un nuovo secolo americano, ente no profit che ha lo scopo di perpetuare nel nuovo secolo la supremazia statunitense attraverso dottrine aggressive e l'uso dello strumento economico e militare.
Una struttura parallela alle istituzioni ufficiali, magari un governo parallelo (ovviamente non legittimato da nessuno se non dai suoi aderenti); viene da pensare che X-Files non è andato molto lontano dal descrivere la realtà.
In ogni caso c'è n'è abbastanza per considerare il Bushismo come la minaccia più grave che ha corso la democrazia americana in tutta la sua storia, e la vera animaccia nera di quell'amministrazione era proprio il vecchio Dick, come ha suggerito Oliver Stone nel suo ultimo film W.
Comunque sia adesso tocca a Obama il compito impegnativo di risanare la democrazia oltre all'economia.

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mercoledì 8 luglio 2009

Hostaria padana!

Grazie Salvini!
Ebbene sì adesso mi vergogno di essere del nord. Non mi era mai capitato finora. La Lega è riuscita a farmi vergognare della mia origine. Nordica? Ariana? Padana? E che cos'è la Padania fra l'altro?
Quando la citano mi sembra di sentire parlare di Atlantide: una terra mitica mai esistita nella storia.
La Padania è un'invenzione della Lega. Ma i militi in camicia verde che alle sue feste tracannano birra e mangiano a quattro ganasce panini con la soppressa ci credono.
Inventano di sana pianta le nazioni e recuperano improbabili, remote tradizioni come quella celtica.
Nel nord colorato di verde alle sagre leghiste si accompagnano i festival del revival celtico; inutile spiegare che i Celti nel Nord Italia arcaico furono un'etnia minoritaria, che si divideva il territorio con altre popolazioni completamente diverse come i Liguri, i Paleoveneti o le tribù dolomitiche; finchè non arrivò la romanizzazione, che non fu mera colonizzazione, occupazione di suolo altrui, ma un enorme salto in avanti nella civiltà.
In un paese dove la storia è sempre stata studiata poco e male si può raccontare qualunque fola.
Ma tornando a Salvini, il velo è caduto: ecco il vero volto della Lega. Non l'applomb ministeriale di Zaia o Maroni ma le canzonacce da hostaria. Rutti, scoregge e offese.
Non le disquisizioni e i progetti sul federalismo (tema nobile), ma l'invettiva scomposta. Anzi l'insulto becero.
Qui ormai si è oltre la diatriba centenaria fra nord e sud, oltre le polemiche politiche; i napoletani sono colerosi e quando arrivano scappano anche i cani: queste sono le mani in cui ci troviamo, tale è il contributo dei leghisti al dibattito nazionale.
Se la fisiognomica ha un valore si può capire perchè da Salvini e i suoi fans alticci sia partito questo bel coretto da stadio; le facce che restituisce il video sono quelle di autentici besughi.
Se il modo di presentarsi e vestirsi dice qualcosa di una persona, non c'è da meravigliarsi di Salvini: quando appare in tivù sembra un tipico bauscia di periferia con qualche problema di alcool.
Dopo l'episodio incriminato Bossi ha minimizzato, altro fenomeno caratteristico di questo strano paese, nel quale si dicono bestialità a raffica e poi arriva la smentita, o si minimizza.
Salvini ha fatto il bel gesto, si è dimesso. Bella forza, tanto va al Parlamento Europeo: si tratta di un caso di tipiche dimissioni all'italiana.
L'episodio della canzonetta è un altro contributo al peggioramento dell'immagine italiana all'estero.
Chissà cosa penseranno gli eurodeputati quando questo autentico fuoriclasse si presenterà in aula.
Credo se non altro che non lo riassegneranno alla Commissione Cultura (cultura!), di cui aveva già fatto parte anni fa.

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venerdì 3 luglio 2009

PD: troppi generali per un solo esercito


Il Partito Democratico si prepara al congresso autunnale da cui dovrebbe uscire un nuovo gruppo dirigente stabile, un nuovo segretario stabile, non più pro tempore.
I pidini sperano così che la loro creatura malconcia si rimetta a posto e possa iniziare a fare un'opposizione autorevole al Cavalier Fracassa. Finora nel PD tutto è sembrato pro tempore: segretario, linea politica, tutto provvisorio e precario.
Il problema però è che si stanno preparando all'appuntamento all'insegna della massima divisione. Ogni capo corrente ha riunito o si appresta a riunire i suoi fedeli.
Si schierano le truppe, si distribuiscono le munizioni, si levano gli incitamenti e si studiano le tattiche.
Prima ha parlato Franceschini, poi si sono riuniti i giovani trentenni - quarantenni, i veltroniani e quelli dell'area Bersani, adesso è la volta dei dalemiani che non ci stanno a fare da bersaglio delle critiche per gli ultimi risultati elettorali.
Gli uomini del PD ricordano i dignitari del tardo impero romano che lottavano fra di loro per conquistare la porpora, mandando i propri legionari a combattere contro altri legionari, con i risultati che conosciamo dai libri di scuola.
Nel PD è in corso la gara a capire di chi è la colpa ma si continua a parlare poco di politica, di programmi. E c'è anche un difetto di comunicazione verso l'esterno.
I media sono ovviamente interessati a spettacolarizzare i contrasti per motivi commerciali o di convenienza politica, però hanno solo una parte di responsabilità.
I generali del Partito Democratico infatti proprio non riescono a evitare di prendersi per i capelli: le divergenze, politiche e soprattutto personali, sono troppo sedimentate dopo anni o decenni di convivenza e non riescono a gestirle con un minimo di astuzia.
A destra si odiano però fanno buon viso a cattivo gioco illudendo l'elettorato che si vogliono bene; a sinistra si odiano e non fanno proprio niente per nasconderlo.
A destra abbiamo due formazioni che danno un'immagine di notevole compattezza; un partito popolare radicato sul territorio (Lega) e il PDL, il partito del leader carismatico come dicono gli stessi Berluscones: traducendo, un partito nel quale per sopravvivere bisogna obbedire ciecamente ai voleri del capo.
Nel campo riformista invece le divisioni politiche (che certo, in un partito sano non possono non esistere) si trasformano in duelli all'ultimo sangue sotto gli occhi di tutti, quando non sfociano nelle scissioni. E' un film già visto.
Sta di fatto che il PD a due anni dalla nascita è ancora l'omnibus della politica italiana: non ha un'identità netta e quindi non viene capito all'esterno, condicio sine qua non per iniziare a recuperare voti in un frangente della vita nazionale che potrebbe aprire autostrade per mettere in difficoltà Berlusconi.
A meno che non si consideri determinante per crescere il giovanilismo o l'aspetto della simpatia del leader, come ha suggerito miss preferenze Debora Serracchiani che in termini di profondità di analisi evidentemente deve ancora maturare.
La strada è lunga ma mi pare che i pidini non la stiano affrontando nel modo giusto; resta da vedere se da questo scontro di generali emergerà l'uomo della riscossa o quello della disfatta: un Diaz o un Badoglio.
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