giovedì 30 aprile 2009

Balliamo sul ponte del Titanic

Questa è una di quelle notizie che non trovano quasi mai lo spazio che meritano; in Antartide un'enorma piattaforma di ghiaccio, la piattaforma Wilkins, che fino a poco tempo fa era collegata al continente da un sottile ponte di ghiaccio come mostra la foto, si è staccata e va alla deriva.
L'evento può essere osservato sul sito dell'ESA, che fornisce gli strumenti tecnologici per monitorarlo. L'importanza di questa lingua di ghiaccio è notevole perchè è uno dei sensori sui cambiamenti climatici in atto.
Più si alza la temperatura, più si sciolgono i ghiacci, più il clima si trasforma andando in una direzione in gran parte imprevedibile ma con un effetto certo: lo sconvolgimento della vita sulla terra.
Quando leggo queste notizie penso che siamo sul ponte del Titanic; l'orchestra suona, i passeggeri ballano e non si accorgono della catastrofe imminente, o fanno finta di niente.
I governi dibattono, si fanno vertici (G8 - G20) dove si decide poco o niente, si rimandano le scelte decisive, si stabiliscono proroghe ed eccezioni.
Mentre il cambiamento climatico corre sempre più velocemente.

Bookmark and Share

martedì 28 aprile 2009

Caso Fiat, il commissario europeo ha ragione


Non capisco perchè si scaldano tanto i vari Berlusconi, Frattini, Scajola; Il commissario europeo all'industria ha detto semplicemente quello che pensano in tanti.
Non solo gli esperti in materia ma anche il cosiddetto uomo della strada come il sottoscritto. Dove li trova la Fiat i soldi per rilevare la Opel?
La controprova è che l'accordo con Chrysler a quanto pare si chiuderà senza che l'azienda di Torino versi un cent.
L'ipotesi più accreditata delle ultime ore è che la maggioranza delle azioni vada ai lavoratori rappresentati dal loro sindacato, una quota pari al 35% a Fiat e il restante 10% allo stato americano.
Il Board della Fiat già giorni addietro aveva messo in chiaro con Marchionne che il matrimonio con la "piccola" delle case automobilistiche americane s'aveva da fare, ma senza esborsi di denaro.
Cioè tecnologie ed Expertise varia contro azioni e possibilità di penetrazione nei mercati dove Chrysler è presente; data la situazione dell'azienda di Torino, l'accordo migliore possibile.
Perchè il problema di mamma Fiat è che la sua ristrutturazione, per quanto di successo grazie all'abilità di Marchionne e dei manager di cui si è circondato, non è ancora consolidata. Fiat è come un malato guarito ma a rischio ricaduta, tanto più che i numeri del settore auto a livello globale in questo momento variano dal brutto al pessimo.
Fiat inoltre è sempre stata una delle più piccole case automobilistiche mondiali e anche in condizioni finanziarie e di mercato normali difficilmente avrebbe potuto portare a termine un'operazione così impegnativa.
Onore al merito a Marchionne senza il quale la nostra Italietta, affollata di raiders e imprenditori pezzenti e ammanicati con la politica, avrebbe già perso da un pò la sua presenza nell'automotive. Ma il dubbio che si stia per fare un passo più lungo della gamba è legittimo.
La nostra imprenditoria ha una triste tradizione di timonieri e investitori che hanno rilevato aziende senza avere i soldi creando pasticci, con il silenzio o la complicità dei politici. Da Colaninno a Toto, da De Benedetti a Tronchetti Provera gli esempi negativi si sprecano.
Berlusconi e i suoi collaboratori hanno una bella faccia tosta a lamentarsi con l'Unione Europea delle parole del commissario Verheugen; bisognerebbe ricordargli la strenua difesa che hanno fatto di Fazio quando si è scoperto che tramava per impedire alle banche straniere di rilevare BNL e Antonveneta.
Oppure ricordargli le scorrettezze e le indebite ingerenze commesse a danno di Air France, quando nel 2007 voleva rilevare Alitalia con un'operazione di mercato trasparente e conveniente (soprattutto per i contribuenti italiani). O ancora ricordare a Berlusconi il provvedimento sull'IVA delle Pay TV di qualche tempo fa, che ha finito per danneggiare Sky principale concorrente di Mediaset.
I principi valgono sempre, non solo quando torna comodo; ovvero in questo caso per accreditare nell'opinione pubblica italiana (se esiste ancora) l'immagine di un paese che la sfanga nonostante la recessione e ha aziende in grado di fare shopping nel mondo, un'immagine di cui l'esecutivo berlusconiano, il governo del fare, intende giovarsi per fare indirettamente bella figura.
E' vero che il commissario Verheugen non aveva titolo per parlare dell'argomento, dato che le acquisizioni e le fusioni fra le imprese sono di competenza del commissario alla concorrenza, non di quello all'industria.
Può anche darsi che abbia parlato per motivi nazionali, ma in fin dei conti non ha fatto altro che esprimere una sfiducia largamente condivisa verso l'Italia, la cui immagine internazionale è compromessa dagli scandali che periodicamente investono sia la politica che la gestione delle aziende di casa nostra.
Non è colpa di Verheugen se l'Italia è il paese dei furbetti del quartierino o la terra dei cachi.
Dispiace semmai che di tutto questo faccia le spese Marchionne, che ha dimostrato di essere un'eccezione nel panorama nazionale: uno dei pochi manager di livello internazionale con progetti industriali veri. Lui è l'unico ad avere motivi fondati di irritazione.
Berlusconi e i suoi dovrebbero tacere, ma com'è noto la parola pudore non è contemplata dal loro vocabolario.

Bookmark and Share

venerdì 24 aprile 2009

Un nuovo libro su Stalin: dibattito inutile

Il 10 Aprile Liberazione ha pubblicato la recensione a un nuovo libro su Josif Stalin - Stalin, storia e critica di una leggenda nera (D. Lo Surdo).
Il libro e soprattutto la recensione fattane hanno scatenato il vespaio delle polemiche nell'area comunista, con la netta presa di distanze dei redattori del quotidiano.
Il saggio intende rivedere e ribaltare l'immagine classica del dittatore sovietico, che è stato equiparato a Hitler dalla storiografia contemporanea e dall'opinione dominante.
La tesi fondamentale è che la vicenda staliniana è stata dipinta a tinte fosche (una leggenda nera per l'appunto), perchè è stata condizionata dalla contrapposizione ideologica fra est e ovest.
Di qui l'immagine eccezionalmente orribile, la fama talvolta immeritata di dittatore sanguinario e psicopatico di Stalin.
Interessante il riepilogo sul libro ho trovato qui; mi pare preciso e attendibile e muove una critica decisa all'autore (attenzione, una critica dall'interno della sinistra radicale).
In sintesi le azioni di Stalin vanno storicizzate e contestualizzate; agì in un certo modo per reazione ai pericoli esterni che minacciavano l'Unione Sovietica, la rivoluzione socialista che si era faticosamente affermata. Uno stato di necessità.
Si possono anche spiegare in secondo luogo per un limite filosofico del Marxismo - Leninismo, che non riusciva a comprendere e tollerare il particolare, le eccezioni, e perciò tendeva a travolgerle.
In effetti questo mi sembra il punto decisivo per formulare un giudizio non solo su Stalin ma su tutta l'esperienza storica del Comunismo.
Il Comunismo come sull'altro lato il Nazifascismo, era un'ideologia totalizzante, una dottrina universalistica che voleva uniformare e semplificare tutta la complessità dell'esistenza umana e delle articolazioni sociali.
Pretendendo nel suo messianismo di divulgare al mondo la Verità, non poteva per definizione, per presupposto logico - filososofico, tollerare la diversità qualunque essa fosse: una minoranza etnica riottosa, una posizione dissenziente nel partito o una variazione delle politiche messe in pratica in uno dei paesi fratelli dell'URSS, tanto per citare qualche esempio.
Chi pretende di conoscere la verità, il bene, cerca di imporlo a tutti; chi resiste è il male e quindi va eliminato.
In altri termini era l'impalcatura teorica del Marxismo - Leninismo ad essere pericolante, ad avere un baco o un germe che hanno generato mostruosità infinite e hanno poi decretato la fine dei sistemi comunisti.
Se anche fosse vero che la personalità di Stalin non era così disturbata come ci è stato raccontato da una propaganda di parte (ma onestamente molte delle sue azioni non trovano una spiegazione diversa), era comunque l'ideologia che lo aveva formato a spingerlo a certe scelte. Questo basta per condannarlo e ritenere il Comunismo un esperimento fallito in partenza.
La rivalutazione di Stalin non ha alcun senso e sconcerta chi crede nella prevalenza assoluta dei valori umani sui fini politici, in qualunque frangente della storia. Non sono accettabili relativizzazioni.
E' un ripescaggio che, pur avendo diverse motivazioni, di fatto assomiglia a quello che si sta operando nella Russia neozarista putiniana.
E' una riscrittura che nei fatti avvicina certi maestri di pensiero alla loro controparte nera (vedi Nolte o Irving). Un dibattito inutile che allontana la sinistra radicale dal futuro.

Bookmark and Share

giovedì 23 aprile 2009

Gentilini e il libro su Treviso: soldi buttati (dei contribuenti)

1.000 copie, 10.000 euro di spesa. Questo è il costo dell'enciclopedia gentiliniana, il libro di cui i trevisani sentono parlare da un anno almeno; adesso a quanto pare ci siamo.
L'opera omnia gentiliana, il resoconto di tutte le sue grandi realizzazioni verrà distribuita, a meno che le opposizioni (a cominciare dai criticoni guastafeste comunisti) non si mettano di traverso.
Hanno annunciato che faranno ricorso se anche una sola copia verrà messa in circolazione. Infatti, essendo questo un periodo elettorale, la legislazione vigente vieta le comunicazioni istituzionali con finalità di propaganda politica (ma che palle queste leggi diranno nella giunta di Treviso, come fa Berlusconi a Roma).
Se lo sceriffo Genty li avesse spesi di tasca sua o se la Lega avesse pagato il conto della tipografia non ci sarebbe nulla da dire sulla legittimità dell'iniziativa. Ma il problema è che sono soldi di Pantalone, cioè dei contribuenti.
10.000 euro non sono una grande cifra, ma se la giunta li avesse destinati ad altri scopi (ad es. per il volontariato, per il terremoto in Abruzzo o altro) sarebbe stato meglio.
Purtroppo l'ingordigia e la faccia tosta della partitocrazia non ha limiti. Non ha limiti la furbizia dei partiti che non perdono occasione per saccheggiare l'erario, nelle piccole come nelle grandi cose.
Che si tratti di opere pubbliche faraoniche o di un libretto di propaganda, la regola è sempre la stessa: mettere in conto alla collettività, sperperare, approfittarsene. E la Lega non sfugge a questa regola d'oro (in tutti i sensi).
Una volta che si è seduta a tavola ha cominciato a banchettare con grande appetito, esattamente come i vecchi partiti della Prima Repubblica.
Quelli come me che hanno la memoria da elefante (non siamo molti in Italietta) si ricorderanno che nei primi anni 90, quando Tangentopoli infuriava, i Catoni Censori in camicia verde, i capipopolo padani promettevano che quando sarebbero andati loro al potere le cose sarebbero cambiate: un taglio netto al malaffare e ai vecchi vizi.
Però i soldi del finanziamento pubblico o di quello alla stampa se li sono sempre intascati senza fiatare; seppur molto di striscio in Tangentopoli ci sono finiti anche loro: i 200 milioni di lire di Sama della Montedison se li sono presi, per poi incolpare il celebre pirla Patelli che era solo l'incaricato dell'incasso, il destinatario della somma era Bossi.
Quando si sono insediati nei consigli e nelle giunte per prima cosa si sono aumentati indennità e rimborsi. Lo hanno fatto anche a Treviso, lo ha fatto anche Genty.
Genty è un personaggio unico, non riesce a non far ridere: ieri ad Antenna 3 proclamava orgoglioso che il suo libro Treviso che cambia non solo è un resoconto di quanto fatto da Lui, ma è una testimonianza del Nuovo Rinascimento che Treviso grazie a Lui ha conosciuto. Si sente un mecenate d'altri tempi, un nuovo Lorenzo De Medici.
Niente da dire sul fatto che la città abbia cambiato volto in termini urbanistici, ma un Rinascimento è fatto anche di cultura e qui nella Marca siamo molto carenti, non solo perchè lo sceriffo ha un cattivo rapporto con l'italiano, con le sue regole sintattiche e grammaticali complesse.
Grazie a Gentilini e alle sparate di cui va fiero Treviso viene identificata come un punto nero del razzismo e dell'intolleranza di rilievo internazionale.
Gli immigrati da vestire come leprotti per far esercitare i cacciatori, i culattoni da eliminare, gli islamici da mandare nel deserto a pregare ed espletare i loro bisogni.
Altro che Rinascimento.

Bookmark and Share

martedì 21 aprile 2009

Camerata La Russa dacci un taglio!

Anche quest'anno saremo spettatori delle solite polemiche sul 25 Aprile. Ad accendere la miccia con grande tempismo è La Russa, appena dopo che il Cavaliere aveva detto che probabilmente sarà presente alle celebrazioni, prima volta nella sua storia di uomo politico.
Dunque l'Ignazio - Vercingetorige - Geronimo nazionale dice che i partigiani non possono essere celebrati, perlomeno quelli di fede comunista; perchè non si trattava di veri liberatori, ma di persone che pensavano per l'Italia un futuro all'ombra del Patto di Varsavia. Questo il ragionamento.
L'affermazione è semplicistica, perchè non tiene conto della grande varietà di motivazioni individuali e di posizioni ideologiche sottesa alla scelta di aderire alla Resistenza.
La Resistenza non è stata un movimento armato monopolizzato dai comunisti - stalinisti, come sostiene il revisionismo di destra di questa seconda repubblica scassata e deliberatamente smemorata.
Al contrario fu un movimento caratterizzato dalla coesistenza di individui e gruppi organizzati di differente estrazione politica: c'erano i comunisti (che ne erano senz'altro una parte molto importante), ma vi erano presenti anche monarchici, repubblicani, socialisti, cattolici democratici.
Vi presero parte civili con opinioni politiche differenti, magari in forte contrasto tra loro (e con esiti a volte drammatici), e vi parteciparono militari che non risposero alla chiamata alle armi dei Repubblichini ma vollero rimanere fedeli, in un'ottica legalistica o legittimista, al governo monarchico.
Furono partigiani sia gli anziani che i giovani, sia le donne che gli uomini, anche al di là di adesioni ideologiche vere e proprie.
Alcuni per esempio si legarono ai partigiani perchè semplicemente odiavano i fascisti, o consideravano i tedeschi invasori da cacciare via. Una grande varietà di motivazioni stanno alla base della scelta di prendere parte alla Resistenza.
L'affermazione di La Russa perciò nasce da un'analisi superficiale e chiaramente strumentale. Non che il personaggio in oggetto abbia mai dimostrato una particolare statura intellettuale: è più famoso per le sue partecipazioni al Processo di Biscardi o per la caricatura che ne ha fatto Fiorello.
Però guarda caso, proprio quando pare che Berlusconi farà il bel gesto di partecipare alla giornata commemorativa, è uno dei suoi giannizzeri che riattizza il fuoco.
In questo modo Vercingetorige La Russa ottiene il risultato di tenere alto il livello dello scontro, perchè la destra ha bisogno anche della propaganda anticomunista per cementare i consensi.
E' una propaganda assordante e scema, che continua imperterrita nonostante il muro di Berlino sia crollato nel lontano 89, il PCI non esista più da 18 anni e i comunisti ormai non siano più presenti nemmeno nel Parlamento. Ma Ignazio e i suoi li vedono dappertutto, o cercano di impaurire gli italiani spingendoli a credere che siano ovunque, persino dentro lo sgabuzzino o sotto il letto.
Si ottiene inoltre il risultato di tenere l'Italia vincolata a dispute del passato; l'unico modo sereno e ragionevole di trattare questa pagina della nostra storia sarebbe di riconoscere che lì, in quel tragico biennio 1943 - 1945, furono gettate le basi della nostra democrazia, con i suoi pregi e difetti, con tutto ciò che di positivo e di negativo ha realizzato nel dopoguerra.
Ma è inevitabile che la destra italiana faccia scivolare il dibattito su questo crinale tenendo viva una rissa che dovrebbe essere finita; le sue radici infatti non sono nella cultura liberal-conservatrice delle grandi democrazie occidentali, che hanno prodotto partiti e tradizioni politiche rispettabili e di sicuro spirito democratico come la CDU tedesca o i Tories inglesi.
Purtroppo sono altrove: il PDL nasce dal Berlusconismo, cioè da un autoritarismo paternalista e tutto mediatico e da AN, che ha le sue origini nel Fascismo contro cui ha lottato la Resistenza.
Quindi cosa ci si può aspettare da Ignazio che di secondo nome fa Benito, figlio di un vecchio residuato di senatore missino? Che parli del presente? Del futuro? Della democrazia?
Una volta tanto diciamola con Berlusconi: questi sono turisti della democrazia.

Bookmark and Share

mercoledì 15 aprile 2009

La vera colpa di Santoro


La vera colpa di Michele Santoro non è quella di aver fatto una puntata non equilibrata o faziosa sul terremoto in Abruzzo. Che valore ha un'accusa simile in Italia?
Tutti i giornalisti e i loro editori, che siano televisioni o quotidiani, sono faziosi. Nel senso che tutti sono vicini a una fazione, a un'area politica, hanno più simpatia per uno piuttosto che per un altro.
Meglio ancora, quasi tutti sono a libro paga di qualcuno e perciò per portare a casa la pagnotta a fine mese devono operare secondo le linee guida di chi gli paga lo stipendio. E chiede obbedienza totale: infatti sarebbe meglio chiamarli pennivendoli.
Chi paga gli stipendi dei giornalisti - pennivendoli? Se non è la Mediaset di Berlusconi è la Rai, che vuol dire sempre Berlusconi; se non è la Rai è qualche nome importante della finanza o dell'imprenditoria legata alla politica, come Caltagirone o la Telecom editrice di La7, e potremmo andare avanti per un bel pezzo; ma la situazione è chiara (almeno per quei pochi italiani che non hanno le fette di salame sugli occhi), non serve aggiungere altro.
La sua vera colpa è quella di aver rotto l'idillio che i media al servizio del potere stavano cercando di creare fra Berlusconi e l'opinione pubblica.
L'overdose informativa seguita alla tragedia dell'Abruzzo è stata sostanzialmente un peana al governo e al suo leader: quanto è bravo Berlusconi, quanto è stato solerte ed efficiente il governo, quanto sono stati bravi quelli della Protezione Civile, guidati da quel simpatico signore che compare in tivù in tuta da ginnastica, manco fosse l'allenatore della nazionale.
Per inciso, quel signore Bertolaso che era stato nominato a suo tempo commissario per i rifiuti in Campania, con carta bianca dall'allora premier Berlusconi, sempre lui, e non aveva combinato un bel niente.
Invece non tutto è andato per il verso giusto; ad oggi ci sono oltre 500 sfollati che bivaccano tutti assieme come le sardine in una tensostruttura destinata ad attività sportive, senza bagno, senza un pò d'intimità, senza nessun servizio.
Dove sono le famose tende promesse da Berlusconi, che aveva detto che in poche ore tutti i terremotati avrebbero avuto la loro sistemazione?
Alcuni paesini sono stati raggiunti dai soccorritori giorni dopo il sisma. Prima non si era visto nessuno, a cominciare dal signorino in tuta da ginnastica che ha sempre quell'aria operativa e rassicurante.
E prima del terremoto gli allarmi erano stati bellamente ignorati; un ricercatore è stato addirittura denunciato per procurato allarme. In Abruzzo è senz'altro mancata la prevenzione, come è senz'altro mancata una pianificazione seria e moderna del territorio. L'Abruzzo è l'ennesimo esempio delle speculazioni edilizie che affliggono il nostro paese. Punto e accapo.
Tutto questo è stato raccontato da Anno Zero, è semplicemente l'altra faccia del terremoto dell'Abruzzo.
In qualunque paese normale un governo cercherebbe di discolparsi, di portare le prove che ha ben operato, risponderebbe ai rilievi della stampa citando cifre e dati.
Ma non in Italia repubblichetta di Bananas; in Italia si mette in croce il giornalista che ha puntato l'attenzione su quello che non sta andando nelle operazioni di soccorso, sulla prevenzione che non ha funzionato. Attentato alla verità di regime. Lesa maestà.
A questo punto, per coerenza, ci aspettiamo che Angelino Alfano sguinzagli i famigerati ispettori ministeriali, visto che il procuratore capo dell'Aquila ha avuto l'ardire di affermare che le speculazioni e le violazioni di legge sono sicuramente accadute e e adesso il pericolo più grave è quello dell'infiltrazione mafiosa nella ricostruzione.
Con l'invito a fare una puntata riequilibratrice e la defenestrazione di Vauro Santoro si becca un bel cartellino giallo. Se continua così, se non riga dritto, ci sarà l'espulsione.
E' un bell'esordio per i nuovi vertici Rai, si prepara un nuovo editto bulgaro.

Bookmark and Share

martedì 7 aprile 2009

I nordisti e il terremoto in Abruzzo


Stanno ancora scavando per estrarre le vittime dalle macerie (speriamo che trovino altri sopravvissuti), le scosse di assestamento non sono ancora finite, i crolli neppure.
E' ancora impossibile stilare un bilancio sia pur approssimativo dei danni subiti dal patrimonio immobiliare; perfino Berlusconi, sempre pronto a sparare cifre con grande temerarietà, non si sbilancia (e però non rinuncia a farla fuori dal pitale, avendo dichiarato che l'Italia non ha bisogno di aiuti dall'estero, ce la può fare da sola).
Tuttavia i devoti della causa nordista, i leghisti in particolare ma non solo loro, hanno già cominciato a recitare la tradizionale litania.
Stamattina il mio benzinaio di fiducia, comunque un gran brav'uomo, già notava una differenza fra l'atteggiamento degli abruzzesi e dei friulani, che subito dopo il terremoto del '76 si erano rimboccati le maniche per ricostruire tutto.
Gli stessi friulani, da tempo assurti nell'Olimpo neoceltico a simbolo massimo dell'operosità della gente del nord, all'ora di pranzo venivano citati anche in una trasmissione di Telenuovo, la mitica emittente veronese che manda in onda ogni giorno un talk-show politico.
In studio c'erano il solito leghista, il solito pidino, il solito udiccino e il solito leader del solito oscuro partitello localista, che si chiedevano se gli schei che lo stato destinerà alla ricostruzione verranno ben spesi.
Se la gente dell'Aquila si darà da fare o aspetterà con le mani in mano l'aiuto pubblico; se l'Abruzzo può essere classificato come una regione del centro o del sud: nel qual caso sarebbe da iscrivere immancabilmente nel gruppo dei cattivi, con gli zozzoni calabresi, campani e siciliani.
Mentre ascoltavo queste chiacchere in libertà pensavo: ma non possono aspettare che seppelliscano e piangano un pò i loro morti? Che si riprendano dallo shock?
Non sarebbe questo il momento del silenzio, del cordoglio? E dell'aiuto concreto?
Sappiamo bene tutti come sono stati dilapidati e rubati i soldi della ricostruzione in Irpinia (va detto, con la complicità del nord), e sappiamo bene che a Messina, a 101 anni di distanza dal sisma, c'è ancora gente che vive nelle baracche.
Potremmo dibattere per settimane sulle responsabilità, sulla storia; e non mancheranno di certo le occasioni per polemizzare sui meccanismi della ricostruzione.
Ma questo dovrebbe comunque essere il momento del silenzio e della solidarietà, senza se e senza ma.
Le chiacchere strumentali dei politici devoti al nordismo, a cui la gente abbocca sempre con grande facilità senza fermarsi a riflettere, hanno solo un obiettivo: acchiappare più voti e simpatie, in una gara senza fine a chi dimostra di essere il più duro e credibile.
Salvo poi tacere ignobilmente e coprirsi di ridicolo, come hanno fatto i legaioli, quando sarebbe veramente ora di dare fuoco alle polveri: quando il nano di Arcore distribuisce centinaia di milioni di euro per Roma o per tappare i buchi di bilancio di comuni o di società pubbliche sull'orlo del baratro.
Sono parole ciniche e feroci, che non tengono in alcun conto quello che prima di tutto è una tragedia umana, collettiva, di fronte alla quale bisognerebbe limitarsi a tendere la mano e abbracciare quella povera gente che ha perso tutto. Mi sa proprio che non ci salveremo.

Bookmark and Share

venerdì 3 aprile 2009

Berlusconi giullare d'Italia

Beato lui che ride. Beato lui che si diverte come un matto. Beato lui che non ha pensieri e non perde occasione, nei consessi internazionali come il G20, per mettersi al centro della scena.
Anche se questo magari gli costa il rimbrotto della Regina d'Inghilterra, contrariata dai suoi calorosi richiami a voce alta a Barack Obama durante una cerimonia ufficiale, quel Presidente che se ne andrà dall'Europa senza aver fatto una capatina in Italia, prima volta nella storia delle solidissime relazioni bilaterali USA - Italia.
Ma il nanetto ridanciano ha sempre la risposta pronta: mica ci ha chiesto un incontro Obama! E che diamine, non vorrete mica che sia Re Silvio, l'uomo al centro del creato, a chiederlo a lui.
Si vede che al presidente americano non sono andate giù le battute e le dichiarazioni post elezioni negli Stati Uniti (nonchè, soprattutto, l'allineamento servile di Berlusca a Bush). Beh, anche Obama dimostra di non avere spirito, che si fotta.
Questa è la reazione tipica del Cavalier Fracassa quando qualcuno alza il sopracciglio o muove critiche di fronte alle sue (simpatiche?) chiassate.
Oppure fa il piagnone, come è successo con Gordon Brown sempre al G20, quando gli ha mostrato gli articoli al vetriolo della stampa inglese contro di lui.
Forse gli avrà chiesto di chiudere i giornali colpevoli di lesa maestà, e forse Brown gli avrà risposto che è impossibile, essendo l'Inghilterra una vera democrazia e non una repubblica di Bananas come l'Italietta costruita da Berlusconi con il benestare del popolo.
Quel popolo che in queste ore non riflette sul profondo degrado d'immagine che ci costa il ritorno al governo del nanerottolo di Arcore. Un giullare che consolida nella comunità internazionale l'immagine tipica del belpaese: siamo gente buffa, farfallona e inattendibile. L'Italia berlusconiana ormai è il paese del bagaglino esportato ovunque, è una repubblica televisiva dove le donne calendario e le letteronze vengono portate al governo o al parlamento europeo.
Con il beneplacito del popolo che evidentemente si diverte un sacco, e non s'incazza nemmeno quando il soave e divertente Berlusconi, con la crisi economica che morde, e le critiche al governo per il suo impegno insufficiente, rimprovera i disoccupati e i cassintegrati.
Invece di piangersi addosso, devono darsi una mossa per ricollocarsi! Magari inventandosi un lavoro, tirando fuori quello spirito imprenditoriale innato negli italiani.
Come se non fosse vero che c'è un sacco di gente che si sta rimboccando le maniche per uscire dai suoi problemi, e chissà poi che cazzo dovrebbe inventarsi tutta questa gente. Comunque, quasi quasi la crisi è colpa loro, sembra suggerire il Cavaliere.
Berlusconi non perde occasione per sdrammatizzare e fare il buffone, invece di dare risposte concrete ai problemi. E' felice e in effetti chi potrebbe esserlo più di lui?
E' tornato al potere e ci rimarrà, i numeri al Parlamento e l'inconsistenza delle opposizioni lo fanno dormire tranquillo.
Ha blindato la sua posizione nei processi che lo riguardano, è stato incoronato leader maximo del PDL da una platea di pecoroni osannanti, ha il controllo dell'informazione e le sue aziende, crisi o non crisi, continuano a veleggiare felici grazie all'alterazione dei meccanismi della concorrenza.
Beato lui. E il popolo che annaspa? Che si fotta.

Bookmark and Share