martedì 18 maggio 2010

Ronnie James Dio, piccolo elogio a un protagonista del bel rock che fu

Se n'è andato anche lui, è entrato nel Valhalla accanto agli altri grandi del rock. E' riuscito a invecchiare, ha passato i 40, poi i 50 e infine i 60, e questo è un privilegio di non poco conto nel mondo della musica, che ci ha abituato a molte dipartite premature.
La notizia è dell'altro ieri ma l'ho saputo solo ieri sera. Durante la giornata, quando si ha altro da fare, a volte le notizie sfuggono, ma è singolare che nè un'occhiata veloce ai siti dei principali quotidiani la mattina, nè il tiggì dell'ora di pranzo mi abbiano informato.
L'ho saputo ieri sera da un bannerino di un altro tiggì: un bannerino di pochi secondi per un grande della musica che ci ha lasciato. Provincialismo dell'italica informazione.
Certo Ronnie James Dio non era Mino Reitano...
Me lo ricordo al Monsters Of Rock del 92. Era tornato da poco assieme ai vecchi compagni dei Black Sabbath e da poco era uscito Dehumanizer: sostanzialmente un Heaven & Hell rivisitato per gli anni 90 ma nonostante questo (anzi proprio per questo) una delizia per i nostalgici di Heaven & Hell o Mob Rules.
Cioè prima che Toni Iommi si abbandonasse agli esperimenti un pò controversi della seconda metà degli anni 80.
Me lo ricordo piccolo sul palco (arrivava a 1,65 R.J. Dio?) ma questo tappetto aveva una voce potentissima, capace di ringhiare e subito dopo di accarezzarti le orecchie con inaspettata dolcezza. Un mattatore, un protagonista, sempre.
Non c'è stagione del grande rock che Ronnie James Dio non abbia attraversato. Esordi da giovanissimo nel Rockabilly, poi l'Hard Rock degli Elf, tramutati in Rainbow dalla bacchetta magica di mr. Ritchie Blackmore con la sua approvazione; e poi il vero Bum quando approdò ai Black Sabbath, dopo che fra Ozzy e Toni Iommi erano volati i piatti e si era consumato il divorzio.
Alla fine lasciò anche i Sabs per iniziare la fatidica carriera solista, il karma (a volte fortunato, a volte no) a cui non sfuggono tutti i veri grandi cantanti.
Si portò dietro due o tre idee, poche e stabili, che hanno fatto la sua fortuna: un sound che alternava ritmi metal scatenati e improvvise frenate, dove dava sfogo ad atmosfere cupe o melodie dolci.
E poi l'immaginario fantasy, anch'esso un lascito del periodo sabbathiano, con qualche puntata nel finto satanico puntualmente riproposto nel songwriting, nelle copertine degli album e nel merchandising.
I risultati non sono sempre stati eccelsi ma album come Holy Diver o The Last in Line hanno lasciato il segno.
E quando saliva sul palco cari miei si scatenava sempre la furia più autentica e travolgente del metal, quello buono.
Ecco il mondo di Ronnie, elfo silvano che ha lasciato per sempre la nostra terra di mezzo, lasciandoci più soli e più consapevoli che stiamo invecchiando.
Rest in peace Ronnie. Ti vogliamo bene.
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