mercoledì 23 luglio 2008

22/07/2008, Bologna: semplicemente Metallica


I Metallica non incidono qualcosa di decente dal 1991, quando uscì il mitico Black Album; da allora hanno pubblicato alcuni lavori un pò frammentari e discutibili, con l'eccezione del Garage Inc. (1998), tossico e divertente al punto giusto.
Però in questo caso stiamo parlando non di farina della loro saccoccia, ma di una raccolta di covers, anche se suonate da esecutori di lusso.
Eppure dal vivo smuovono le montagne, le trombe del giudizio suonano a distesa, i mari si aprono, fate un pò voi. Chi ieri era a Bologna come me (ed eravamo in tanti) lo sa bene.
L'occasione era ghiotta, perchè in attesa del nuovo lavoro in studio, si poteva facilmente immaginare che la scaletta sarebbe stata tutta incentrata sui classici.
Quelli che fanno venire i lucciconi ai vecchi rockers come me e che i nostri cavalieri dell'apocalisse hanno sparato a raffica sul pubblico in estasi.
Pubblico intergenerazionale, dai 14 anni in su fino ai 40 e oltre. C'era persino qualche papà con il figlio... Il miracolo meraviglioso del Rock si perpetua.
A me è mancata Battery, pazienza. Qualche gradita sorpresa: And Justice For All, Harvester Of Sorrow e No Remorse per quanto mi riguarda.
Potenti, generosi, magnetici; precisi e impeccabili come si addice a una band di consumati professionisti ma caldi e coinvolgenti.
Grandi intrattenitori grazie a un James Hetfield mattatore come non mai, al truce e muscolare Robert Truijllo, a quell'orologio atomico di nome Lars Ulrich dietro i tamburi e a un Kirk Hammet protagonista di lunghe cavalcate solistiche.
Un concerto da incorniciare sperando che il prossimo disco (Death Magnetic) ci dimostri che i Four Horsemen o Fab Four (senza offesa per Lennon e compagnia) sono ancora i senatori del Metal, capaci di regalarci nuove grandi canzoni e non di farci entusiasmare solo con i vecchi successi.

Scaletta:
1 - Creeping Death
2 - For Whom The Bell Tolls
3 - Ride The Lightning
4 - Harvester Of Sorrow
5 - Bleeding Me
6 - The Four Horsemen
7 - And Justice For All
8 - No Remorse
9 - Fade To Black
10 - Master Of Puppets
11 - Whiplash
12 - Nothing Else Matters
13 - Sad But True
14 - One
15 - Enter Sandman
16 - So What?
17 - Motorbreath
18 - Seek And Destroy

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sabato 19 luglio 2008

Ratzinger, le scuse non bastano


Le scuse non bastano, è scritto sulle magliette indossate da alcuni giovani statunitensi presenti a Sydney per la giornata mondiale della gioventù. E' proprio così, le scuse non bastano.
Sarebbe stato bello se papa Ratzinger avesse deciso di incontrare le vittime degli abusi sessuali commessi dai preti in Australia, ma non è avvenuto.
Sarebbe stato chiedere troppo al papa antimoderno; a differenza del suo predecessore, non siamo di fronte a un pastore di popoli ma a un pontefice protagonista di una fortunata carriera sempre dalla parte del potere: quotato teologo prima, eminenza grigia delle stanze vaticane poi. Siderale è la distanza che separa quest'uomo dai fedeli, in coerenza con la visione più tradizionalista e autoritativa della chiesa di Roma; ovvero un'istituzione che amministra il suo magistero dall'alto, verso una comunità chiamata semplicemente all'obbedienza.
Il papa ha rifiutato l'incontro, come è accaduto spesso negli ultimi anni di fronte alle pressanti richieste da parte dei familiari delle vittime, e nel suo intervento alla giornata di Sydney ha riservato, expressis verbis, una pausa al tema scottante della pedofilia fra i preti, solo una pausa, per parare le critiche che gli sono piovute addosso da varie parti e imponevano una risposta.
In realtà dovrebbe dedicargli ben più di una pausa, perchè non solo riporta d'attualità la questione antica e sofferta del rapporto fra preti e sessualità, ma provoca anche un grave danno d'immagine per il mondo cattolico.
Per non parlare delle conseguenze giudiziarie, che dopo la chiesa statunitense, messa ko dalle richieste di risarcimento, potrebbero rovesciarsi addosso a quella australiana.
Si nota la difficoltà perdurante, per il Vaticano, nel prendere di petto il problema. In passato ha tentato manzonianamente di troncarlo e sopirlo.
Come si sa infatti i preti accusati di atti di pedofilia venivano rimossi dai loro superiori e destinati ad altre diocesi, dove ricominciavano daccapo.
Ora la chiesa accetta di parlarne e si scusa, ma come si è visto a Sydney lo fa con malcelato imbarazzo, aprendo una parentesi velocemente richiusa per guastare il meno possibile il grande rito mediatico della giornata della gioventù.
No Ratzinger, le scuse non bastano.
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mercoledì 16 luglio 2008

Caso Del Turco, il solito polverone


Ottaviano Del Turco, presidente di centrosinistra della giunta abruzzese è in carcere da un paio di giorni, per un'inchiesta sulla corruzione nella sanità regionale che ha coinvolto anche alcuni assessori e manager pubblici. Questo il fatto.
1) Cosa accadrebbe in un paese normale.
L'inquisito viene portato in carcere e dopo i primi interrogatori gli vengono concessi gli arresti domiciliari.
Il leader del suo schieramento esprime rammarico per la vicenda, auspica che le indagini facciano piena luce sul caso nel più breve tempo possibile, invita l'indagato a dimettersi e convoca gli organi direttivi del partito per promuovere un'indagine interna.
Analogo rammarico e augurio viene espresso dalle più alte cariche dello Stato, a cominciare dal Presidente del Consiglio. La procura competente intanto prosegue il suo lavoro nel più stretto riserbo.
Diversi esponenti della politica vengono interpellati dai giornalisti, ma anche loro si stringono nel riserbo, sospendono ogni giudizio per rispetto dell'indagine e degli inquisiti.
Nel frattempo Del Turco si dimette, e con lui tutti gli altri indagati; iniziano le procedure per lo scioglimento del Consiglio Regionale in vista di nuove elezioni.
Nell'arco di pochi mesi, concluse le indagini preliminari, si deciderà se archiviare il caso o procedere; avendo il sistema giudiziario una certa efficienza, si può ipotizzare che in un paio di anni al massimo la situazione sia definita.
2) Cosa accade invece in Italia.
Berlusconi denuncia il solito complotto della spectre giudiziaria, che vuole tenere sotto scacco la politica costruendo teoremi infondati.
Nè lui nè gli altri pasdaran del garantismo ipocrita all'italiana conoscono le carte, ma già nelle prime ore dopo l'arresto tranciano giudizi, danno una solidarietà a prescindere.
Lo stesso sul fronte opposto fa Di Pietro; nemmeno lui sa granchè, ma annuncia che una nuova Tangentopoli è alle porte.
La magistratura si sente obbligata a rispondere a tono agli attacchi: inizia una battaglia a colpi di dichiarazioni che danneggia il prestigio e la credibilità delle istituzioni.
Berlusconi poi promette che in autunno sarà ripreso il tema della giustizia, che necessita di una riforma radicale: forse per fare in modo che tutti i politici, dopo che lui si è salvato il posteriore, non vengano mai più processati?
Un secondo lodo Alfano per estendere l'impunità a tutti, anche ai consiglieri di circoscrizione?
Del Turco è stato arrestato con un blitz all'alba, quando sarebbe stato sufficiente un arresto in pieno giorno, ed è finito addirittura in isolamento come il capo di una cosca mafiosa, mentre una detenzione ordinaria, in attesa dei domiciliari, sarebbe stata pienamente adeguata.
Si erigono le barricate, nel paese che ama dividersi in fazioni esprimendo giudizi aprioristici: garantisti contro giustizialisti, guelfi contro ghibellini, Milan contro Inter.
Ore di dibattiti televisivi e fiumi di articoli sui giornali, nel paese che ama così tanto parlarsi addosso e polemizzare strumentalmente su tutto, in attesa che la solita fuga di notizie porti alla pubblicazione delle intercettazioni, di cui saranno incolpati i soliti giornalisti che si limitano a riceverle e doverosamente a diffonderle.
I giornalisti che, se passerà la riforma sul tema, appoggiata da tutti i partiti terrorizzati perchè sputtanati dalle intercettazioni, potranno addirittura finire in galera.
Ma il solerte Alfano, prestanome di Berlusconi per la giustizia, ha già deciso di tagliare i fondi per le intercettazioni... Tanto per andare sul sicuro.
Negli altri paesi si chiedono se gli italiani sono impazziti e se il nostro paese possa ancora essere definito una democrazia degna dell'Europa.
Mentre questa domanda circola nelle redazioni delle Tivù e dei grandi giornali esteri, la procura competente istruisce con grande fatica il procedimento, a causa delle croniche inefficienze di un sistema giudiziario fatto apposta per non produrre risultati.
Perciò se tutto va bene forse fra un anno o due si deciderà se proseguire e sulla base di quali addebiti, poi verranno i tempi lunghi dei processi del bel paese; sugli indagati continuerà a pesare assurdamente il macigno del dubbio per troppo tempo.
L'opinione pubblica è confusa, ma a parte la percentuale minima e ragionevole di chi non sa o non risponde, tutti gli altri si schiereranno con una fazione o l'altra. Innocentisti versus colpevolisti, come per il processo alla Franzoni.
In realtà lo scandalo della sanità abruzzese, al di là delle responsabilità delle persone coinvolte che sono ancora da precisare, è uno scenario plausibile.
Vale a dire un film in continua replica da oltre trent'anni; la trama verte sugli sperperi di denaro pubblico e sulla corruzione, che oltre a rappresentare violazioni di legge (un disvalore in sè), occasioni di arricchimento personale o fonti di finanziamento occulto della politica, minano il corretto funzionamento dei servizi pubblici, generano costi supplementari e quindi un danno erariale, cioè un danno per noi cittadini.
C'è un sacco di quattrini che girano vorticosamente fra conti correnti e doppi fondi delle Porsche Cayenne, la sanità è una vacca da mungere anche se la qualità dei servizi in molte aree del paese fa pena.
Il conto di questa grande abbuffata lo paghiamo noi. Il debito pubblico cresce e cresce e cresce...

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venerdì 11 luglio 2008

Tutti pazzi per l'IPhone


Tutti pazzi per l'IPhone, è proprio il caso di dirlo. Da mezzanotte il nuovo fantasmagorico telefonino è ufficialmente in vendita anche in Italia, più altri paesi (io però già nei mesi scorsi l'ho visto in mano a qualcuno).
Code notturne per accaparrarselo; nel centro di Milano si è creata una fila di 300 metri per avere il privilegio di essere fra i primi a possederlo.
Com'è ovvio data una simile aspettativa, il prezzo non è molto popolare: sui 500 euro.
Non è da furbi andarselo a comprare ora, ma la saggezza del consumatore vecchio stampo è scomparsa da tempo.
Un ragazzo intervistato ha detto che gli piacerebbe essere il primo acquirente italiano dell'IPhone.
Domanda: e se anche fosse, cosa ti cambia? Naturalmente niente, continui a essere quello di prima.
Però nella società di oggi, basata su una spinta consumistica esagerata verso i beni voluttuari (come i gadgets elettronici o l'abbigliamento griffato), si conta o meglio si esiste per ciò che si possiede e conseguentemente si finisce per esibire in pubblico: di fronte agli amici e ai colleghi, o durante lo struscio in centro.
Gli altri però nel frattempo si saranno già procurati un identico o analogo feticcio tecnologico per annullare la differenza. Tiè.
L'uomo medio si identifica con gli oggetti dei suoi consumi, diventa un centro di consumo. E' la sua forma di esistenza.
Si esiste solo così o se si appare sugli schermi televisivi; code per un nuovo modello di cellulare, code per le selezioni del Grande Fratello o delle veline di Striscia.
Un altro aspirante proprietario di IPhone al giornalista di turno ha dichiarato che avere un gadget Apple è uno stile di vita. Nientedimeno.
Io ero convinto che un telefonino servisse per telefonare e che un Ipod servisse per ascoltare musica. Mi sento molto banale, out.
L'Iphonaro che pensa di distinguersi dalla massa grazie al telefono Apple (ormai però già comprato da altri n consumatori), è un operatore di call-center. Sicuramente l'oggetto dei desideri gli è costato un mese di stipendio...Contento lui...

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mercoledì 9 luglio 2008

No Cav Day After, il giorno dopo


Ieri a Roma si è ritrovata in piazza l'Italia che protesta; secondo alcuni quella dei cattivi, quella del qualunquismo a prezzi di saldo, quella che sta insieme solo in nome dell'anti, soprattutto dell'antiberlusconismo.
L'Italia che offende senza ragione, l'Italia irresponsabile che ci porterà dritti dritti, se la lasceremo fare, al Fascismo, definito da qualcuno Fascismo culturale, qualsiasi cosa voglia dire questa singolare espressione.
Tutti a dare addosso a Di Pietro, che ha regalato il proscenio a Grillo e alla Guzzanti, nemici pubblici numero uno del nuovo millennio.
Ma sì, certi toni, le critiche e le colorite invettive rovesciate addosso a Napolitano e a Ratzinger potevano essere evitate.
Una manifestazione di opposizione deve essere guidata dalla ragione, altrimenti rischia di ridursi a verso inarticolato e rimane un frutto sterile.
O corre il rischio di essere raccontata dai media in servizio permanente del potere in questi termini, oscurando i messaggi e i concetti precisi che sono stati espressi.
Però ieri abbiamo avuto l'ulteriore conferma, se ancora ce n'era bisogno, che viviamo in un paese anormale. Ma non perchè la Guzzanti offende Ratzinger o Grillo ritorna a chiamare Napolitano Morfeo.
L'anormalità di casa nostra deriva in primo luogo dalla presenza di Berlusconi come primattore della politica italiana.
E' il Berlusconismo, l'intossicazione portata nella vita pubblica italiana dal conflitto di interessi del cavaliere ad avvelenare tutto e a rendere impossibile usare toni normali di dialettica.
E' il conflitto d'interessi che ormai non si riesce più a nascondere come la monnezza napoletana; l'uso spregiudicato e illecito del potere che ha fatto definire Berlusconi in una biografia redatta per il G8, personaggio controverso in un paese di corrotti.
Il colpevole è un giovane appena assunto nello staff USA. Beata la purezza e la sincerità della gioventù.
Ed è poi la situazione drammatica in cui versa il nostro disgraziato paese a surriscaldare l'aria, a creare il nostro particolare effetto serra.
Mentre Berlusconi, per citare il molisano umorale, ha ricominciato a farsi i cavolacci suoi, l'Italia arranca sotto il peso di una crisi complessa, che è insieme finanziaria, economica e istituzionale; un mix esplosivo che rende molto più difficile rispetto ad altri momenti del passato individuare una via d'uscita.
Soprattutto se sul ponte di comando c'è la peggiore classe dirigente dell'occidente, che a dispetto di sondaggi addomesticati citati a ogni occasione, è ben poco stimata dalla gente. Perchè ha imparato a conoscerla a proprie spese.
Mentre Berlusconi cerca ancora una volta gli espedienti per non farsi processare o per evitare che Retequattro vada sul satellite, la giustizia per i comuni mortali continua a non funzionare e negli ospedali si continua a morire.
I consumi languono perchè la gente non ha più soldi, le esecuzioni immobiliari crescono, le case restano invendute, disoccupati e precari aumentano.
Tremonti mani di forbice taglia servizi e prestazioni; le forze dell'ordine, alla faccia del bisogno di sicurezza dei cittadini, si ritroveranno con soldi e mezzi in meno.
La scuola fa pietà, i giovani ricominciano a emigrare come i loro nonni, il carburante ha raggiunto il fantastico prezzo di 1,55 euro al litro.
Alitalia è un malato terminale tenuto in vita a spese di tutti, regioni come la Campania e la Calabria sono alla mercè della criminalità come mai forse è avvenuto in passato.
Ecco da dove nasce l'Italia furibonda che ieri si è riunita in piazza a Roma, l'Italia dei presunti qualunquisti.
La parte del paese che anche secondo la mammola ipocrita Veltroni viene identificata come il male da colpire, da isolare.
E' la parte del paese, destinata a crescere, che semplicemente non ne può più, e che si preoccupa per le sorti della democrazia. Bene prezioso e insostituibile in forte pericolo.
Basti pensare, bloccaprocessi o lodo ad personam a parte, alla sordida operazione per oscurare le intercettazioni, su cui c'è un consenso bipartisan.
Le intercettazioni senza le quali avremmo ancora Moggi e Fazio fra i coglioni, le intercettazioni temute dai suini grufolanti nei palazzi del potere perchè porterebbero alla luce i loro maneggi.
Anch'io mi sento parte di questa Italia, che magari ogni tanto la fa fuori dal pitale, ma ha ragione da vendere.

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