mercoledì 12 gennaio 2011

Un nuovo partito in Italia, l'I.S.C.M. (Io sto con Marchionne)


Nasce un nuovo partito in Italietta, l'I.S.C.M. (Io sto con Marchionne). E' meglio del terzo polo di Fini e Casini, dato che sta riscuotendo consensi assolutamente trasversali, da destra a sinistra passando per il centro.
Anche Matteo Renzi con una dichiarazione coraggiosa, da statista in pectore, ha detto che sta con l'A.D. di FIAT.
Dalla rottamazione della vecchia nomenklatura pidina Renzi è passato a quella dei diritti dei lavoratori; l'Italia è questa, si rottama tutto tranne quello che andrebbe veramente gettato via.
Renzi è partecipe dell'entusiasmo di tanti suoi compagni di partito (Letta, Veltroni e altri), che vogliono fare largo al nuovo, e marcare le distanze rispetto alle logiche conservatrici della FIOM; quello strano animale in odore di comunismo, fuori dal tempo, ancora legato alle nostalgie operaiste e alla teoria del conflitto permanente.
Le elezioni prima o poi arriveranno e diranno se gli slanci nuovisti del PD sono condivisi dai lavoratori che sicuramente, comunque si veda la questione Mirafiori, con questo accordo ci vanno a perdere e sono una delle basi elettorali di un partito presunto di centrosinistra. 
Per il momento rileviamo che Marchionne mette ecumenicamente d'accordo tutti, è meglio di Berlusconi, Montezemolo e così via.
Non so cosa pensa l'opinione pubblica, ma io ho un certo pudore a parlare di questa battaglia fra FIOM e FIAT. Tutti parlano, ma ben pochi di loro hanno mai assaggiato il lavoro della fabbrica.
Prima di pronunciarsi sarebbe meglio che gli esperti dell'ultima ora di relazioni industriali ed economia che hanno preso la parola, provassero a lavorare sulle linee di produzione con le condizioni dell'accordo imposto da Marchionne.
Giusto un paio di settimane, giusto per focalizzare bene l'oggetto del discorso....
Un accordo questo che è la conseguenza di quello di Pomigliano, che a detta di molti (a cominciare da Marchionne) doveva essere un'eccezione e invece è diventato quello che altri si aspettavano: un cavallo di troia per modificare profondamente le relazioni industriali del nostro paese.
L'impressione, al di là delle ragioni di entrambe le parti, è che il dibattito di queste ultime settimane come al solito sia strumentale e fuorviante, perchè il problema da risolvere è stato identificato negli operai, quanto e come lavorano. 
Ben pochi (perchè pochi hanno una vera cognizione di causa) hanno posto l'accento su altre questioni che sono molto più importanti e richiamano  le mancanze storiche e gli errori strategici di FIAT, che oggi impongono una dolorosa e rapida trasformazione dell'azienda (e sono all'origine del reclutamento di Marchionne stesso).
Il rapporto incerto con il mercato, l'assenza di modelli competitivi in varie fasce, i ritardi nell'innovazione di impianti e processi e il disinteresse perdurante verso l'auto elettrica (Renault ne sta per lanciare due, un'utilitaria e una berlina) o altri progetti ecologici.
Non è un caso se come sempre certi dibattiti isterici li facciamo solo qui, in Germania non si pongono il problema di trasferire le produzioni in Serbia, di sottoporre gli operai (molto meglio pagati) a turni massacranti o di limitarne il diritto di sciopero.
FIAT sta spostando interamente sulla parte più debole, quella che lavora sulle linee, il costo di una necessaria riconversione che ha come obiettivo la sopravvivenza, prima di quello più ambizioso, ossia divenire uno dei principali operatori mondiali dell'automotive.
La colpa dei somari del centrosinistra alla Renzi è aver sposato acriticamente, nel deserto di idee e valori che li  caratterizza, un simile progetto, dimostrando completa indifferenza per la condizione dei lavoratori.
Quella del governo invece è aver rinunciato in partenza a svolgere la funzione che non nelle economie comuniste, ma in quelle del capitalismo avanzato, i governi normalmente svolgono: la mediazione fra le categorie per trovare una composizione ragionevole e civile degli interessi in gioco.
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martedì 16 novembre 2010

Il calcione di Saviano all'altare dei padani

Ieri a Vieni via con me il monello del sud ha commesso un sacrilegio: ha sferrato un calcio all'altare dei fedeli padani facendolo traballare per una ventina di minuti, il tempo del suo intervento sulle mafie al nord.
Su questo altare si colloca la trinità dei leghisti; il padre (il Dio Po), lo spirito santo (Umberto Bossi) e il figlio (il Trota), e attorno ad esso da una trentina d'anni si celebra il rituale della diversità nordica.
Camorra e 'Ndrangheta? Roba del sud, roba che nasce e prospera nel meridione e non ha niente a che vedere con le genti padane.
La società del nord è sana, respinge le infiltrazioni mafiose. La collusione mafia e politica? C'è a Palermo, a Reggio Calabria o a Casal di Principe, certamente non a Milano.
Ma la storia giudiziaria italiana racconta un'altra realtà: i molti arresti e processi relativi alle operazioni delle mafie nel nord (in Emilia, Lombardia e Veneto) confermano in pieno l'utile riepilogo sullo stato delle cose che Saviano ha fatto ieri sera.
Utile perchè la consapevolezza è il primo passo per affrontare un problema, e questo problema è un cancro che mina la vita civile di tutto il nostro paese, dalle Alpi fino alla punta della Sicilia.
Ma i fedeli padani, a giudicare dalle reazioni del giorno dopo, per ora preferiscono continuare a cullarsi nel mito della loro diversità.
O nell'altra leggenda della vulgata berlusconiana, sul governo che più di ogni altro ha fatto per arrestare i mafiosi, mentre gran parte del merito va a magistrati e forze dell'ordine che operano autonomamente 365 giorni all'anno, a prescindere dai governi in carica e a volte anzi scontrandosi con essi (vedi il caso Cosentino).
Oltretutto Saviano non ha accusato la Lega di avere relazioni consolidate con Camorra e 'Ndrangheta, come sostiene Bobo Maroni.
Ha soltanto detto che ci sono stati tentativi di avvicinare gli amministratori del nord, che ormai in buona parte sono leghisti, e che a Milano ci sono prove di inserimenti della malavita negli appalti.
Forse sono tentativi falliti ma un domani potrebbero andare a segno; perchè pecunia non olet  e non esiste motivo per pensare che i politici leghisti siano antropologicamente diversi dal resto dell'umanità.
Qualche episodio che fa scricchiolare l'altare padano anzi è già emerso: A S. Stino di Livenza un assessore leghista viene arrestato per una tangente, nel consiglio regionale friulano esplode la grana dell'auto blu di Ballaman...
Evidentemente è bastato accostare i due concetti (mafia e nord) per provocare un cortocircuito e adesso si grida al sacrilegio. Evidentemente i leghisti sono come i comunisti di fine anni 80,  che erano convinti di appartenere, solo loro, al partito degli onesti.
Il discorso di Saviano più che un j'accuse è stato un ammonimento; il risveglio per i comunisti è stato brutto, nel futuro potrebbe esserlo anche per i militi in camicia verde.
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mercoledì 10 novembre 2010

Alcune iniziative per aiutare gli alluvionati del Veneto

In assenza di una campagna mediatica in grande stile come è successo per altri disastri nazionali (con l'eccezione di LA7 - Grazie Mentana), e in attesa (che temo sarà lunga) dei sostanziosi contributi promessi da Roma, segnalo alcune iniziative per aiutare gli alluvionati del Veneto.
Fondazione Giorgio Panto: versamento bancario - fondazione Giorgio Panto Onlus - causale pro alluvionati - IBAN IT 92 R 05040 12081 0000 0095 2365.
Il Mattino: il quotidiano padovano elenca una serie di iniziative nate in loco, (Croce Rossa, Caritas etc...) fra le quali quella del Comune capoluogo per conto di tutti i paesi sott'acqua.
Per contribuire, Comune di Padova - Cassa di Risparmio del Veneto - causale solidarietà famiglie padovane alluvionate - IBAN IT70 U062 2512 1861 0000 0000 107.
TG LA7 - SMS (anche vuoto) o chiamata dal fisso al numero 45501 (costo 2 Euro).
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lunedì 8 novembre 2010

Alluvione, i veneti senza aiuti, perchè? Perchè stanno sul c...a tutti.

Treviso, h. 17,00 dell'otto Novembre. Il cielo è nero, le nubi gonfie di pioggia stanno per aprirsi.
Giove Pluvio non vuole lasciare in pace la mia regione e si prepara a innaffiarci ancora. 
Penso alcune cose: come se la passano fra Padova e Vicenza (senza dimenticare i poveri veronesi), e cosa accadrebbe se il Sile e il Cagnan, che si ramificano nel sottosuolo di Treviso "città d'acque", giocassero un brutto tiro, analogo a quello giocato nei giorni scorsi da Brenta, Bacchiglione, Alpone, Livenza... Sarebbe una catastrofe.
E poi penso al carosello di politici nelle tivù locali, che se la stanno prendendo un pò con tutti tranne che con se stessi. Come al solito, mai nessuno che abbia il coraggio di assumersi le proprie responsabilità.
Nè i sindaci, che hanno avallato troppo a lungo le speculazioni e le ferite mortali inferte alla natura dai soliti noti, affaristi spregiudicati; nè i pezzi da 90 come Luca Zaia, il nuovo re dei Veneti, che ha in tasca la tessera di un partito corresponsabile della distruzione progressiva e inarrestabile del territorio veneto.
In secoli di sapiente e oculata manutenzione la Serenissima aveva modellato e adattato meravigliosamente il territorio alle esigenze della gente.  E' andato perduto un intero patrimonio di conoscenze e sensibilità.
La colpa è sempre di qualcun altro, delle nutrie che hanno scavato le tane negli argini oppure, tanto per cambiare, di quei diavoli degli ecologisti: cioè gli unici che con rigore e coerenza denunciano da sempre gli errori mostruosi commessi verso l'ambiente in cui viviamo.
Gli errori che in queste ore stanno rovinando un bel pò di gente: si dice che 500.000 persone circa siano interessate da questo disastro.
Lucida e ineccepibile l'analisi per Republica fatta da Ilvo Diamanti, che abita a Caldogno, uno dei centri più colpiti dagli allagamenti.
Dice Diamanti che:
"...in fondo, si lamentano sempre, quelli del Nordest. Così, quando ce n'è davvero il motivo, non vengono presi sul serio. Se te la prendi sempre con Roma ladrona, Roma si vendica.  E quando chiami non ti sente. Forse perché resiste il mito del post-terremoto friulano; o del Vajont. Quelli abituati a fare da soli. Ad aggiustare i propri conti con le sfide del mondo e della natura senza chiedere aiuto agli altri."
Già. I Veneti sono orgogliosi al punto di sbracare nella presunzione: a furia di pensare che sono i migliori della covata, a forza di dire che sono loro a mantenere l'Italia, che tutti hanno da imparare da loro, ebbene nel momento del bisogno (perchè adesso qui c'è davvero bisogno di soccorso) gli altri si sono eclissati.
Nessuna campagna di aiuto da parte dei media, toni tiepidi, sostanziale disinteresse.
I Veneti sono stati prodighi di critiche verso i campani, o gli aquilani travolti dal terremoto, e adesso pagano il dazio per le parole spesso feroci, per i toni sprezzanti con cui trattano i loro connazionali, per il desiderio secessionista che emerge a intermittenza.
Quest'alluvione invece dovrebbe insegnarci (ma ci credo poco) che i nostri destini, di noi tutti italiani, sono intrecciati.
E' vero che nonostante i mugugni noi Veneti non ci siamo mai tirati indietro, abbiamo sempre fatto la nostra parte nelle molte tragedie che hanno colpito il paese. 
E' giusto che adesso chiediamo aiuto a Roma, dove sono depositati i soldi delle nostre tasse e ci sono per la verità molti rappresentanti nordisti: a proposito, che stanno facendo?
Ma dal discorso pubblico di queste ore manca però un pezzo importante: un'autocritica per come abbiamo trattato il territorio e gli altri italiani. L'uno e gli altri si stanno vendicando, ciascuno a modo suo.
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giovedì 4 novembre 2010

Il presente del vecchio porco e il futuro di Ruby

E' meglio il cubo di Rubik o il culo di Ruby?
Il culo di Ruby ovviamente, e giù risate. Una battuta da bar, di quelle che si fanno fra amici. C'è ne sempre uno più abile degli altri nel farle.
E' lo stesso tipo di battute che Berlusconi, dopo l'ultimo scandalo, sta facendo a ruota libera: Meglio amare le belle ragazze che essere gay -  sorrisi di approvazione.
Non è forse lui che una volta disse - di notte dormo tre ore e le altre tre faccio l'amore - ? Applausi.
Non è forse lui il Gran Barzellettiere d'Italia, che  prende sempre in giro la Bindi e nelle sue feste ha trasformato in realtà la vecchia barzelletta del bunga - bunga?
Incurante delle critiche, delle ironie e del disprezzo che ci piovono addosso dall'estero, il vecchio suino ormai parla e agisce senza freni.
Berlusconi va consapevolmente a briglia sciolta, parla alla quota di elettorato che approva il suo stile di vita, quella parte che se potesse ...  E' una tattica di comunicazione e il Cavalier Fracassa è un grande comunicatore, non lo scopriamo adesso.
Funzionerà ancora questo trito giochetto? Oppure mano a mano che la vicenda, o quella della escort Nadia, o altre ancora, verrà sviscerata tutta, Berlusconi comincerà invece a pagarne il prezzo?
E' difficile non giudicare sconcertante e patetico (a parte le considerazioni politiche) il vecchio riccone e le sue voglie, che sicuramente sono stimolate da aiutini farmacologici.
Berlusconi è un collezionista di calendari da meccanici, con la differenza che lui ha pecunia in abbondanza per permettersi le bonazze alla Ruby, sempre più giovani e disponibili.
Storie pecorecce, la velleità di ingannare il tempo con i capelli trapiantati, il botulino, le spacconate giovanilistiche, le sparate di cattivo gusto.
Questa, con la gestione spregiudicata e personalistica dello stato; questa, insieme alla mancanza di iniziativa politica del governo e del parlamento, è l'ultima versione del berlusconismo. Un copione degno dei Fratelli Vanzina.
Il presente del vecchio padrone è un limbo dove Berlusconi si abbandona al divertimento, blocca il parlamento a discutere i provvedimenti utili per cancellare i suoi processi mentre il paese cola a picco.
Alla fine il bunga bunga lo subiamo noi tutti.
E poi c'è Ruby e il suo futuro. Ruby è una creatura modernissima quanto Berlusconi è antico per logiche e comportamenti: figlia di immigrati, povera ma bella, ha capito che per farsi strada tutto va bene, tutto a parte puntare sulle proprie capacità, sulla formazione, sulla fatica quotidiana di lavorare e sviluppare una professionalità qualsiasi.
Va detto, in una società comunque sempre più a corto di opportunità vere e serie per le nuove generazioni, che vengono illuse col miraggio del successo mediatico.
Ruby è una escort, nome moderno di una professione antica. Ruby è un'aspirante velina, proviene dall'ambiente delle discoteche e dei concorsi di bellezza di provincia.
Ruby è entrata nel giro milanese dove ci sono i danè, dove bazzicano i ruffiani come Lele Mora. E il fatto che l'ha coinvolta, in una società che rende fenomeni televisivi tutti i mostri, forse la aiuterà.
E' una potenziale tronista di Maria De Filippi, una potenziale invitata di talk show domenicali, una bonona da calendario come la Carfagna: che poi è stata baciata dalla fortuna (per così dire) e adesso è ministro.
O forse, dato che il circuito mediatico trita spietatamente quasi tutti i mostri che produce, sarà presto dimenticata e tornerà nell'anonimato, a fare il vecchio mestiere che hanno neutralizzato con un nome nuovo.
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