mercoledì 16 giugno 2010

Pomigliano, perchè secondo me la FIOM ha ragione

Premessa: a mio parere il mondo sindacale, con qualche lodevole eccezione, negli ultimi vent'anni ha sbagliato molto. Non mi entusiasma l'idea di farne il difensore d'ufficio.
A volte è apparso troppo conservatore, troppo attento a tutelare "a prescindere" il lavoro a tempo indeterminato, sia nel pubblico che nel privato, i diritti di chi almeno in teoria era già a posto.
Viceversa è stato disattento verso la precarizzazione che cominciava a prendere piede già nella seconda metà degli anni '90.
Il precariato ha asfaltato chi  ha un'età compresa fra i 25 e i 35 anni, tutta la generazione che ha terminato gli studi negli ultimi anni e si trova con molti meno soldi e molte meno prospettive degli altri; almeno fino alla recessione che ha determinato un'ulteriore rimescolamento delle carte spingendo sull'orlo del burrone anche i loro padri, nonni e fratelli maggiori.
La negazione del futuro ai giovani è la vera macelleria sociale di lungo termine dell'Italia, è forse più di ogni altra cosa il segno della decadenza in cui ci dibattiamo, altro che evasori fiscali come dice Draghi. E su questo i sindacati qualche ammenda la devono fare.
Mentre i ras sindacali al momento di rinnovare i contratti collettivi negoziavano le migliori condizioni possibili per i lavoratori del metalmeccanico o del pubblico impiego, esplodeva il fenomeno dei contratti atipici che imprigionano in via permanente i più giovani.
Mentre le sacche di povertà aumentavano e mancavano forme efficaci di rappresentanza dei nuovi interessi, i sindacati difendevano i fortini, le vecchie sacche di privilegio e il loro potere residuo.
Negli ultimi due anni il caso esemplare da questo punto di vista è stato Alitalia, la cui stramba conclusione a favore della cordata dei volenterosi berlusconiana è stata favorita anche dall'ostracismo sindacale, dai sindacati del no a prescindere.
Detto questo la FIOM sulla trattativa per Pomigliano ha ragione. Ciò che la FIAT vuole imporre con una logica ricattatoria (o così o ce ne andiamo in Polonia) è un nuovo modello di relazioni industriali dove i diritti fondamentali dei lavoratori sono sostanzialmente cancellati.
Molte concessioni e sacrifici si possono fare ed è giusto fare, ma cancellare il diritto di sciopero o stabilire che se il tasso di assenteismo va oltre una certa soglia non verranno più pagate le indennità di malattia è troppo. E oltretutto è incostituzionale.
Nessuna legge, nessun contratto aziendale, nessuna trattativa nazionale può derogare ai diritti costituzionali all'indennità di malattia o di sciopero.
Nessun sindacato degno di questo nome può accettare che un'azienda valuti con l'ampia discrezionalità  indicata da FIAT se una RSU o un singolo lavoratore si sono posti in contrasto con l'accordo, e quindi multare la prima e licenziare il secondo in libertà.
C'è uno strano parallelismo fra il meccanismo derogatorio del piano FIAT e i continui attacchi alla costituzione di Berlusconi; ormai la nostra carta costituzionale, per una parte della classe politica e del management delle aziende, è evidentemente un optional o un intralcio che si può scavalcare con assoluta disinvoltura.
E il modello di relazioni industriali targato FIAT, che oggi si vuol far passare in via eccezionale a Pomigliano con la complicità di una parte del mondo sindacale che ha interesse a isolare la CGIL, domani potrebbe essere generalizzato, imposto ovunque in nome dei sacrifici necessari per mantenere la competitività.
Ci allontaniamo dall'occidente e ci avviciniamo alla Cina, rischiamo sempre più di essere, come dice Beppe Grillo - i cinesi d'Europa.
Adesso la FIOM è isolata, è stata messa da tutti nell'angolino dei cattivi, ma forse l'episodio di Pomigliano è il primo segnale del risveglio di una coscienza sindacale più vera, più autentica.
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