mercoledì 25 marzo 2009

Attila Ratzinger alla campagna d'Africa


Dove passava Attila non cresceva più l'erba. La stessa cosa possiamo dirla di Benedetto XVI, il papa antimoderno che con la sua ultima visita in Africa ha fatto danni enormi.
L'Africa è un continente con molti problemi, fra i quali vi sono la diffusione endemica di varie malattie come l'AIDS, che ogni anno fa numerosissime vittime in nazioni che hanno sistemi sanitari non all'altezza.
Ed è un continente afflitto dalla sovrapopolazione; nonostante la sua estensione, la complessiva arretratezza dell'economia spinge masse di disperati, come ben sappiamo, ad affrontare viaggi lunghi e pericolosi per arrivare alle nostre coste.
Allora cosa fa l'uomo del Vaticano? Davanti alle platee, con tutti i riflettori del continente accesi, lancia l'ennesimo anatema contro l'uso del preservativo, che è contrario alla legge di Dio e invita le popolazioni, bontà sua, a essere caste.
Vale a dire che invita la gente a non usare l'unico mezzo, economico e di facile reperibilità, che può mettere un freno sia alla diffusione delle malattie veneree che all'aumento indiscriminato della popolazione.
L'unno Ratzinger, che ha sulle genti dell'Africa un ascendente ben maggiore di quello che può avere in occidente, dovrebbe spiegare come faremo a garantire possibilità concrete di vita a tutti, se è vero che nel 2020 circa il mondo sarà abitato da 9 mld di persone.
Se è vero, come dicono gli addetti ai lavori che non leggono il Vangelo ma studiano scientificamente i problemi, che nel 2008 abbiamo toccato un record inquietante: ad Agosto - Settembre, per la prima volta nella storia, avevamo consumato più risorse naturali di quelle che si autorigenerano in un anno solare.
Attila Ratzinger, devastatore del buon senso, dovrebbe spiegare qual'è il nesso fra la legge di Dio, il rispetto della vita e il bando del preservativo; se ci teniamo a salvaguardare la vita e la salute degli africani, l'uso del condom semmai va incentivato il più possibile, assieme a consulenze ai governi per promuovere politiche serie di controllo delle nascite, che facciano emergere un concetto di maternità responsabile.
Appellarsi alla lettera del Vangelo o della Bibbia, a una teologia, opinabile come tutte le teologie, è una risposta priva di senso, contraria alla ragione e pericolosa per il nostro futuro.
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lunedì 23 marzo 2009

AN, ultima fermata: il congresso delle bollicine


Alleanza Nazionale è arrivata al capolinea, ieri ha chiuso il suo ultimo congresso; tutti nel PDL, la creatura voluta, organizzata e imposta dal Cavaliere.
Probabilmente si tratterà dell'ultimo congresso in assoluto visto che il nanetto di Arcore, a causa della sua nota idiosincrasia per tutti i momenti di confronto democratico e di dibattito, non ne ha mai indetto uno che sia uno. Affari loro.
Credo che il commento migliore sia stato di Alessandra Mussolini; 'a nipote, al cronista che le chiedeva se si trattava di una nuova Fiuggi, ha risposto - Macchè Fiuggi, al massimo è una Ferrarelle, nè liscia nè gassata - E' proprio così.
Gli uomini della destra hanno spento la luce e chiuso la porta senza nessun coinvolgimento emotivo, hanno messo le firme a un verbale e se ne sono andati. Formalità sbrigata.
Nel 1995, quando nacque Alleanza Nazionale, invece ci fu ben altro travaglio e dibattito; commozione, polemiche, defezioni dei fascioni duri e puri come Pino Rauti, che lasciarono la nuova creatura di Fini, La Russa & Co. per inseguire il sogno imperituro del Fascismo, come avevano fatto quattro anni prima i sostenitori dell'ortodossia comunista alla Bolognina.
La parabola di AN e soprattutto la sua fredda, burocratica conclusione, è un paradigma di questa Seconda Repubblica dove i partiti sono svincolati non solo dalle ideologie, ma anche da un qualsivoglia patrimonio di valori autentico.
Si tratta di semplici aggregazioni di interessi, di oligarchie autoreferenziali, di stati maggiori che stanno insieme, pur odiandosi appassionatamente, per esercitare il potere e allungare le mani sulla cosa pubblica e la vita dei cittadini.
Non sta nascendo il partito degli italiani o per gli italiani, come recitavano gli striscioni visti in tivù, ma l'ennesimo partito interessato soprattutto a comandare e disporre sulla testa degli italiani.
Da questo punto di vista il discorso di commiato di Fini, colui che a Dicembre 2007 aveva definito l'idea berlusconiana di un partito unico del Centrodestra le comiche finali, è un pò patetico.
Patetico perchè ha cercato di dire ai suoi, che vorrebbero da tempo defenestrarlo per ingraziarsi definitivamente il padrone del vapore, di non disperdersi nel grande mare azzurro del PDL, ma al contrario di restare uniti per portare avanti i valori di Alleanza Nazionale.
Ha fatto un discorso imperniato sui valori a una platea di politici già da tempo comprati da Berlusconi e interessati soprattutto a una cosa: ricavarsi un posto al sole nel cortile del potere. E' stato un congresso di bollicine: evanescente.

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lunedì 16 marzo 2009

Watchmen è l'antimarvel per eccellenza

Un film diverso sui supereroi. I protagonisti di Watchmen non somigliano per niente all'immagine tradizionale che ne ha il pubblico.
Ben lungi dall'essere cavalieri senza macchia e senza paura, uomini e donne tutti d'un pezzo, i vigilantes in costume raccontati da Zack Snyder nel suo nuovo film presentano tutti i difetti e le contraddizioni degli uomini normali.
In questo senso viene ripreso il discorso di Batman Begins e Il Cavaliere Oscuro, dove il mitico uomo pipistrello viene mostrato nei suoi laceranti conflitti interiori. Dove si è mai visto un supereroe (Il Comico) che violenta una sua compagna di squadra?
O un altro (lo piscolabile e ieratico Rorschach) che invece di consegnare i criminali alla polizia li giustizia senza tanti patemi?
O un altro ancora (Ozimandyas), ideatore di un elaborato piano che prevede l'eliminazione "controllata" di alcuni milioni di persone per far scoppiare la pace fra USA e URSS e di far ricadere la colpa su un altro membro della squadra, il sovrumano dott. Manhattan? Il fine giustifica i mezzi.
Gli Watchmen non somigliano per niente ai vari Iron Man, Spider Man e Fantastici Quattro.
Il film è ambientato in un mondo alternativo secondo un concetto di ucronia, dove Nixon è ancora presidente dopo ben cinque mandati e gli americani hanno vinto in Vietnam (grazie alla collaborazione dei supereroi); i vigilantes mascherati sono stati obbligati al pensionamento da una legge apposita e la guerra fredda si avvicina inevitabilmente all'epilogo dello scontro nucleare.
Da questo punto di vista, con rapidi flash vediamo la parabola della democrazia rappresentativa e il lato più sporco della politica, che usa i supereroi per le sue operazioni spregiudicate e i suoi complotti.
Watchmen è un film cupo e decadente, dove la lotta più importante che conducono i supereroi è quella contro se stessi.
Grande fotografia, sequenze visionarie, sceneggiatura complessa che è stata adattata bene dal fumetto originale, articolato in ben 12 albi.
L'unica pecca è la durata (oltre due ore e mezza), magari si potevano stringere un pò i tempi; e magari si potevano evitare alcune scene splatter, che non erano necessarie in un canovaccio già sufficientemente duro e amaro.
Ma a parte questo, un buon film. 7+

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mercoledì 11 marzo 2009

Il Parlamento secondo il Cavaliere


A volte mi domando se questo incubo avrà mai una fine. Berlusconi ha lanciato un altro affondo contro la Costituzione.
Adesso, secondo il Cavalier Sfascia Istituzioni, per rendere più veloci i lavori del Parlamento bisognerebbe introdurre il voto per delega: ovvero il capogruppo che vota per tutti i membri del suo partito.
Dopo la legge porcata di Calderoli che ha portato i parlamentari non a essere scelti dai cittadini, ma nominati dai leader nazionali, si tenta di chiudere il cerchio.
Dopo la finanza creativa, è il turno del costituzionalismo creativo. Franceschini non sa se ridere o piangere; non lo so nemmeno io.
Però non c'è da meravigliarsi. Il nano di Arcore agisce in maniera del tutto conseguente al pensiero che ha sempre manifestato.
Data la sua mentalità di padrone d'azienda vecchio stampo, Berlusconi non può non provare fastidio per tutte le norme e gli istituti che in una democrazia normale limitano il potere esecutivo.
La questione per inciso dimostra una volta di più la cultura leggera del capo del governo, che si è lanciato in un paragone avventuroso con la Francia, dove secondo lui questo meccanismo è già previsto.
In realtà in Francia il voto per delega è ammesso solo in circostanze straordinarie, per esempio quando un deputato si trova in missione ed è impedito a esercitare le sue prerogative: non è affatto la regola ordinaria.
Berlusconi è molto abile; lancia il sasso e poi si ferma, come ha fatto per il caso di Eluana, che gli ha dato l'occasione di sferrare un altro attacco alla carta costituzionale.
Di sassata in sassata si finirà per spaccare tutto, che è ciò che vuole il Cavalier Fracassa. Nella sua visione dello stato è il premier - demiurgo che propone e dispone, senza contropoteri (nè Capo dello Stato, nè Parlamento, nè magistratura) e mantiene un rapporto diretto con il popolo, intontito da un'informazione compiacente.
E' un presidenzialismo imbevuto di populismo e senza freni, come può accadere solo in un paese sudamericano o dell'ex Unione Sovietica.
Il nano di Arcore è abile anche perchè, come il mago Silvan, continua a tirare fuori dal cilindro questioni che permettono di sviare l'attenzione dall'economia, che vista l'aria che tira e l'insufficienza della risposta del governo, è forse l'unico problema che può minare le basi del suo consenso.
Franceschini non sa se ridere o piangere, ma in attesa che si decida dovrebbe ringraziare il suo predecessore, che cercava una legittimazione reciproca con un uomo che dimostra di essere un cancro che distrugge la democrazia.

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