venerdì 30 maggio 2008

Ancora pagliacciate da Berlusconi: Alitalia

Le bugie hanno le gambe corte...La verità prima o poi viene a galla...
Di detti che calzano a pennello se ne possono trovare molti; comunque sia la vicenda di Alitalia sta assumendo toni farseschi.
Il capo del PDL in campagna elettorale aveva detto che la cessione della nostra compagnia di bandiera, nei termini in cui era stata impostata dal governo Prodi, era una svendita inaccettabile.
Facendo leva sull'orgoglio nazionale, che com'è noto si risveglia soprattutto quando gioca la nazionale di calcio, Berlusconi aveva annunciato l'esistenza di una cordata tutta italiana per rilevare il nostro vettore aereo.
Tale fantomatica cordata però non si è mai materializzata; i rumors dicono addirittura che il nuovo esecutivo abbia tentato di riallacciare i rapporti con Air France, la quale ovviamente ha rifiutato.
Un grande gruppo industriale non può attendere la fine delle nostre paturnie politico - sindacali per effettuare l'acquisizione e iniziare la ristrutturazione. Ha altre tempistiche: quelle serie del mercato.
E nel frattempo il buco nero nei conti si è allargato sempre di più. Air France ha fatto marameo, le banche e i potenziali investitori italiani pure.
E' rimasta solo una certezza: per ora il debito di Alitalia viene coperto da noi contribuenti, per lo scorno in primis di chi ha votato il grande seduttore - ballista (sempre che se ne siano resi conto).
Sono già stati versati 350 milioni di euro guardati con sospetto dall'Unione Europea che, data la nostra immagine consolidata di imbroglioni, non si fida più di noi su nulla; tutto ciò per tenere in vita la compagnia fino a fine anno...E dopo? Chi lo sa?
La farsa Alitalia dimostra anche che fino a questo momento il Colbertismo di marca tremontiana che anima la politica del Centrodestra ha già il fiato corto.
Perchè il paese è esausto e non può dare molto; salvo smentita, non esistono investitori nazionali in grado di prendere in carico Alitalia, neppure le banche che finora sono state molto tiepide.
Quattrini in circolo ce ne sono pochi, in compenso le balle del nano di Arcore si diffondono, non so se in analogico o digitale, comunque capillarmente.
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lunedì 26 maggio 2008

Cannes: l'Italia delle malefatte trionfa al cinema


"Grande ritorno del nostro cinema ai momenti gloriosi della sua storia"
(Giorgio Napolitano)

Italia premiata al festival di Cannes; arrivano due prestigiosi riconoscimenti per i film Gomorra e il Divo. Complimenti agli autori.
In tutta franchezza però non condivido l'entusiasmo del Presidente della Repubblica; vinciamo con due pellicole che raccontano al mondo personaggi controversi della nostra storia o fenomeni di profondo degrado civile.
I film, pur se di argomento diverso, si collegano. Dalla Campania in mano alla camorra alla rivisitazione delle vicende del divino Andreotti, personaggio fra i più potenti e discussi della storia nazionale, è l'Italia della criminalità o della politica ambigua e sgovernante, ridotta a mero gioco di potere, ad affascinare al tal punto pubblico e giurati.
Non condivido però neanche l'opinione di chi ha detto che questi film ci danneggiano; registi e attori fanno il loro lavoro, producono arte, è il paese che fa pena. E' l'Italia che danneggia se stessa.
Dopo le grandi produzioni Hollywoodiane che hanno raccontato la mafia, spesso mitizzandola e dando luogo a un'epica moderna (basta pensare al Padrino di Coppola), dopo la stagione delle fiction aperta dalla Piovra trasmessa ovunque, il romanzo criminale all'italiana continua a riscuotere consensi. Questa è la materia principale che forniamo al cinema.
Una volta erano uomini come Fellini a suscitare entusiasmo e a vincere premi, oggi vinciamo con un giovane regista che fa vedere i legami complessi e angoscianti fra criminalità, politica e società, mentre Saviano che ha ispirato il libro vive sotto scorta e non può neanche sfilare liberamente sulla croisette. Oppure vinciamo e convinciamo con un altro regista che parla del divo Giulio.
Congratulazioni... Ma che vergogna...

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venerdì 23 maggio 2008

Italiani, chiappe strette! Riecco il solito Berlusconi


Il popolo italiano, che ha conferito un così largo consenso (come si suol dire in questi giorni) a Berlusconi, cominci a stringere le chiappe o a camminare rasente ai muri.
Sta arrivando un bel missile, uno di quelli ad alto potere di penetrazione che volano all'altezza del posteriore.
Prima notizia: il parlamento si prepara a votare il decreto salva Rete4, con cui si spera di aggirare la sanzione dell'Unione Europea a proposito del vergognoso caso Europa 7.
Un decreto perchè la questione è urgente: il padrone del centrodestra vuole essere sicuro che l'occupazione abusiva di frequenze che spettano ad altri non sia a rischio.
Va bene, gli italiani di questa vicenda non ci capiscono granchè, più che altro perchè nessuno gliel'ha ancora spiegata con chiarezza.
Allora passiamo alla seconda notizia: via l'ICI. Ovvero, via una delle principali fonti di finanziamento per gli enti locali.
Prevedibile l'aumento di altre imposte come le addizionali, o un innalzamento del budget annuale delle multe per i vigili urbani. E' la solita partita di giro: si fa finta di alleggerire il carico fiscale da una parte e si finisce per aumentarlo dall'altra.
Ci dicono che è una misura a sostegno dei redditi, dei più bisognosi; il provvedimento però arriva senza una revisione dei valori catastali.
Pagheranno solo ville, castelli e abitazioni signorili, che sono una percentuale infima; molti altri immobili dovrebbero essere riaccatastati per rientrare in queste categorie, ma così non sarà. I ricchi ringraziano.
Terza notizia: riaperto il procedimento per il ponte sullo stretto di Messina, il ministro per le infrastrutture Matteoli dice che la questione è prioritaria.
In effetti sospettavamo che i cittadini non ci dormissero la notte; da oggi ne siamo sicuri, visto che il conto per una delle opere più inutili della storia patria lo pagheremo tutti.
Ora si capisce perchè la nobildonna sicula Prestigiacomo è stata nominata ministro per l'ambiente.
Quarta notizia: ritorneranno le centrali nucleari per combattere il caro bollette. Nessuno però dice quanto costerà (sicuramente tanto). E meno male che la sinistra è il partito della spesa pubblica. Italiani mano al portafoglio!
Quinta notizia: possibile l'allungamento dei mutui, Tremonti ha trovato l'accordo con le banche. Lo credo bene: costeranno in media un 20% in più di interessi alle famiglie. A casa mia si chiama strozzinaggio.
Sesta notizia: il ministro della difesa Frattini si è dichiarato disponibile a rivedere le regole d'ingaggio per i nostri soldati in Afghanistan.
Cosa significa? Che combatteranno i talebani assieme agli americani? Più che un ministro della difesa, un ministro della guerra di ottocentesca memoria.
Credo che possa bastare. Gli italiani si preparino alla sodomizzazione. E soprattutto non si lamentino, non sono ammesse proteste da chi ha conferito un così largo consenso.
Prima accetti un invito in camera dal grande seduttore e poi ti tiri indietro?
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mercoledì 21 maggio 2008

L'ipocrisia del pacchetto sicurezza di Berlusconi

Oggi il nuovo esecutivo berlusconiano si è riunito a Napoli, dove da mesi è in corso il kolossal della monnezza al cui cospetto i film catastrofici di Hollywood impallidiscono.
Mentre ripartono i treni verso la Germania che ci costano una follia, si è deciso che i siti dove verrà sepolta la spazzatura, per ora top secret, saranno protetti dall'esercito. I promotori di eventuali blocchi o altre azioni di disturbo verranno arrestati.
Immagino la delusione di chi ha esposto lo striscione - Silvio santo subito - ; invece di provvedimenti salvifici dall'unto del signore, arriva la minaccia di un soggiorno a Poggioreale.
I sindaci di centrodestra che hanno cavalcato la protesta nei mesi scorsi sono avvertiti, potrebbe toccare anche a loro.
Comunque la si voglia giudicare, è l'ennesima figuraccia che l'Italia trasmette 24 ore al giorno. E' il nostro Grande Fratello collettivo in mondovisione.
Si dice in giro che è in gioco l'immagine del paese: in realtà la nostra immagine è in frantumi da un pezzo.
Ora non resta che raccogliere i cocci se ce la faremo, per mettere pure quelli in qualche discarica.
Tuttavia mi ha colpito di più il varo del pacchetto Maroni, che dovrebbe dare risposta al cosiddetto bisogno di sicurezza dei cittadini.
Non che non ci sia un problema di sicurezza; non che non debbano essere prese energiche contromisure. Sotto quest'aspetto il decreto Maroni ha alcuni aspetti condivisibili.
Ma allargando un pò il ragionamento, o meglio astraendo per un attimo dall'italianissimo can can di polemiche e di commenti delle ultime ore, mi sono trovato a riflettere su un punto.
Gli italiani esprimono il bisogno (legittimo) di essere più tranquilli fra le mura di casa o mentre passeggiano nelle strade delle nostre città.
Non hanno però ancora manifestato il bisogno (altrettanto legittimo e anzi auspicabile) di maggiore legalità.
Questo è il fragile concetto non ancora assimilato nella coscienza di una parte consistente della nostra società.
Una società per la quale vale ancora il giudizio del vecchio Guicciardini, secondo il quale ognuno pensa solo al suo "particulare". Pugno di ferro contro lo straniero, ma a quando il pugno di ferro contro i reprobi italiani?
Bisognerebbe chiedere ai nostri governanti cosa propongono per punire il flagello dei reati ambientali.
O per sanzionare gli evasori fiscali, quelli che assumono i lavoratori in nero (spesso stranieri), che non applicano la 626 in azienda.
Per gli italiani che picchiano la moglie o abusano dei figli, per i delinquenti responsabili dei disordini allo stadio, per i pirati della strada (nel paese del miliardo di euro all'anno di multe), per le banche che non rispettano le normative sui mutui, per chi falsifica i bilanci e così via.
Da noi legalità e sicurezza possono anche andare disgiunte. Tant'è vero che il decreto Maroni si concentra sullo straniero genericamente inteso, detta norme per lui. A livello psicologico passa l'equazione straniero uguale criminale. Ma a parte questo.
Per insegnare la legalità agli altri dovremmo dare noi il buon esempio. Invece ogni giorno tanti di noi mettono in scena uno spettacolo ipocrita di cialtroneria e disonestà.
Chi viene qui deve rispettare le nostre regole, ma le regole quali sono nella terra del particulare?
Dove, per dirla con Wanna Marchi, ogni giorno c'è almeno un coglione da truffare?
Peggio ancora; il motto legge e ordine viene sbandierato da una classe politica che ha un serio problema di credibilità, anche nel nuovo parlamento sono entrati decine di inquisiti e condannati.
A parte qualche voce isolata, nessuno ha chiesto a Berlusconi se intende varare, oltre al pacchetto sicurezza, un provvedimento straordinario per stanziare fondi per l'amministrazione della giustizia.
Che farà per riformare il codice penale, per rendere effettive le pene e più veloci i procedimenti. Perchè non esistono solo i reati di allarme sociale. Esiste un'emergenza giudiziaria globale, il valore della legalità è un ectoplasma.
Le operazioni come il decreto Maroni, vergato da politici con la faccia feroce per compiacere l'opinione pubblica, rispondono solo a un quesito. O forse nemmeno a quello, perchè si innestano sul corpo malato della giustizia.
Facile immaginare che buona parte delle norme andrà a naufragare sulle inefficienze e lentezze del nostro apparato giudiziario e amministrativo.
Così, oltre a non avere la legalità, non avremo neanche la sicurezza promessa. E rimarrà solo l'idea che lo straniero è un delinquente.
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martedì 20 maggio 2008

Iron Man: sugli schermi un altro eroe Marvel

Anche Tony Stark alias Iron Man si aggiunge alla lista dei supereroi Marvel proposti da Hollywood negli ultimi anni.
La regia è di un nome secondario (John Favreau), a dimostrazione che in questo filone non conta più di tanto chi dirige, quanto la capacità strettamente tecnica di gestire il set.
Sam Raimi, che ha diretto il trittico su L'Uomo Ragno e Ang Lee, che si è cimentato con Hulk, sono eccezioni.
Tecnicamente parlando è un film riuscito; ritmi adeguati, grandi effetti speciali, attori sempre in linea.
E ci mancherebbe visto che parliamo di Robert Downey Jr., Gwyneth Paltrow e del vecchio Jeff Bridges, convincente al punto giusto nella parte del cattivone di turno.
Qualche aggiornamento inevitabile alla trama del fumetto, che storicamente è una delle prime creazioni Marvel (metà anni 60).
La genesi di Iron Man non avviene durante la guerra del Vietnam, bensì in Afghanistan. Il belloccio, godereccio e geniale miliardario Tony Stark, patrono delle Stark Industries che figurano fra i principali fornitori del Pentagono, viene sequestrato da una banda di terroristi (i Dieci Anelli), che è la fotocopia di Al Qaeda.
Gli eventi drammatici a cui è sottoposto gli faranno capire che la vita non è un gioco.
Incontra un medico che lo salva dalle gravi ferite riportate, innestandogli un apparato che tiene lontane dal suo cuore le schegge che altrimenti lo ucciderebbero.
Lo aiuta poi a costruire il primo rudimentale propotipo di armatura tecnologica per sfuggire ai suoi carcerieri e muore nello scontro.
Tornato a casa, Stark manifesta l'intenzione di convertire le sue industrie a produzioni pacifiche e realizza il secondo prototipo dell'esoscheletro più famoso della storia dei comics, per mettersi al servizio del bene.
Da qui lo scontro con Jeff Bridges, cinico manager dell'azienda e suo vecchio mentore, che cerca di farlo fuori utilizzando un altro micidiale prototipo costruito per l'occasione.
Rispetto a pacchianate come I Fantastici Quattro Iron Man scorre bene; i dialoghi e l'incedere sono asciutti, i personaggi credibili, approfonditi quanto basta.
Tuttavia è un prodotto destinato al grande pubblico; la trama accontenta un pò tutti. Un accenno critico all'industria bellica e contemporaneamente una visione positiva dei militari impegnati nel peace - enforcing all'estero.
Comunque nel complesso un buon film.

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venerdì 16 maggio 2008

Eddie Vedder, miele, rabbia e tanta passione


Ho imparato a stimarlo col tempo; quando la sua band, i Pearl Jam, esplose a livello mondiale (erano i primi anni 90) ero ancora coinvolto dal Metal.
Da purista (ho imparato a detestare i purismi) snobbavo un pò il Grunge. Ma quale Grunge poi?
Ai Pearl Jam non calzano bene i confini di genere; forse non sono mai realmente appartenuti a quel movimento.
Anche se vengono fuori dall'ambiente di Seattle e sono contemporanei dei gruppi di punta come Nirvana, Soundgarden ed Alice in Chains. Gli unici ancora in piena attività, del resto.
Il loro sound è un Hard Rock che rieccheggia la lezione degli anni 70; la matrice Neo-Punk del movimento Grunge, così evidente nei Nirvana, in loro è nettamente più sfumata già nel primo lavoro (Ten, 1991).
Comunque li si voglia valutare, Eddie Vedder è l'anima della band; la sua voce inconfondibile a seconda dei momenti sprigiona miele, ambrosia, o rabbia e tristezza.
Più che un cantante, è un interprete che vive un processo di identificazione totale con le situazioni e i sentimenti che raccontano le canzoni dei Pearl Jam, o che lui decide di raccontare come solista.
Basti pensare alle atmosfere coinvolgenti che ha creato incidendo le colonne sonore di Dead Man o di Into The Wild.
Un artista a tutto tondo, scrive i testi e oltre a cantare suona più strumenti: la chitarra è l'eletta, ma non trascura l'armonica.
L'altra dimensione di Eddie Vedder è l'impegno politico. Anche in questo si rivela figlio della canzone americana impegnata dei seventies, o se vogliamo è il fratello artistico di Bruce Springsteen.
Seppur con parole diverse, con sensibilità diverse, entrambi hanno parlato dell'America popolare, con le sue storie di esclusione e fatica. E' nota la l'opposizione a Bush di Eddie Vedder.
Da questo punto di vista, l'influenza più netta nella sua poetica sono gli Who, per i quali nutre un'autentica venerazione: ne ripropone le cover e ha pure suonato con loro.
Eddie Vedder non ha esitato a mettersi in contrasto con le etichette discografiche o con le società che gestiscono la vendita dei biglietti per i concerti. I Pearl Jam sono una delle poche band contemporanee a non girare video dei loro singoli.
Un personaggio in controtendenza. Un bel personaggio.
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giovedì 15 maggio 2008

Anche contro Travaglio la strategia della delegittimazione


Finalmente abbiamo scoperto qual'è il vero male dell'Italia: Marco Travaglio. Dopo la puntata di Che tempo che fa della scorsa Domenica sul giornalista sono piovuti fiumi di critiche e insulti da parte della casta e dei suoi colleghi - coltelli della stampa.
Noto che in questi ultimi giorni è in buona compagnia; dopo Beppe Grillo anche il posato ma efficace Gian Antonio Stella, autore di un nuovo j'accuse contro il malcostume nazionale, viene preso a bersaglio.
Travaglio nei confronti di Schifani effettivamente c'è andato pesante, però... Riflette il sentire di molti quando afferma che se si ripensa a chi ha presieduto le camere nel passato (da Pertini a Merzagora, dalla Iotti a Spadolini e così via) e poi si pensa a Schifani, si viene presi dallo sconforto.
Per dirla con Sciascia è come paragonare i veri uomini ai quaquaraquà. E comunque, per quanto dura, è un'opinione.
Negli altri paesi i politici sono abituati a sentirsi dire anche di peggio da comici, giornalisti e anchormen televisivi.
Già, negli altri paesi; è come dire in un altro pianeta o un'altra dimensione. Perchè siamo in Italia, il paese dove il neo presidente della camera Fini, detto dai suoi er Caghetta al tempo degli scontri di piazza fra fascisti e comunisti, ieri ha ricordato a Di Pietro durante il dibattito sulla fiducia che bisogna stare attenti a ciò che si dice.
Nell'Italia post terremoto elettorale bisogna essere cauti. Siamo ansiosi di sapere cosa rischia chi contravviene a questo avvertimento di chiaro sapore mafioso.
La nuova razza cafona e antidemocratica insediata nei palazzi del potere (che poi è quella vecchia, quella che ha già sgovernato l'Italia), fa leva sul risultato elettorale per esercitare la sua prepotenza verso chi canta fuori dal coro.
Aria di censura con la benedizione del Partito Democratico, quello dell'opposizione responsabile, non gridata: vale a dire sussurrata o tremebonda o meglio ancora inesistente, in virtù di qualche nuovo patto della crostata i cui contenuti presto o tardi saranno svelati agli italiani.
Che farebbero bene a preparare già la vaselina e mettersi col culo all'aria, Veltrusconi sta arrivando.
Anche il Partito Democratico si è indignato per le critiche del giornalista più scomodo d'Italia; d'altra parte si sa che costoro hanno un conto aperto con lui, che non gliele manda di certo a dire. Occasione buona per vendicarsi.
Il loft si è rammaricato, non si fa così. Petruccioli, ormai ex presidente della commissione parlamentare sulla RAI, sempre silenzioso in passato sugli scandali della tv pubblica, si è svegliato dal letargo e si è rammaricato pure lui. Non si fa così.
E' il politically correct di Veltroni, la mammola ipocrita che passerà alla storia come il trombato di lusso della sinistra italiana.
Ma Travaglio continuerà a lavorare, potrà ancora andare in tivù, se farà il bravo; la magnanima concessione arriva direttamente da mamma RAI. Non si dica che non c'è democrazia in Italia!
Non uno che si sia chiesto, nei salotti della politica o nelle redazioni dei giornali, ormai ridotti a uffici stampa decentrati dei partiti e dei gruppi economici, se Travaglio nel merito ha detto qualcosa di vero, quando ha ricordato le relazioni fra Schifani e alcune persone condannate per mafia.
Come al solito si svia la discussione dal fatto per delegittimare chi ha dato una notizia, un'informazione, che per esempio io come molti non avevo.
Travaglio fa il suo mestiere, mentre i camerieri del sistema dell'informazione fanno dell'altro. Tengono famiglia, i poveracci.
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domenica 11 maggio 2008

Se boicotti Israele, boicotti la cultura

La sinistra radicale - extraparlamentare ha sfilato a Torino. Ha dimostrato la sua atavica e tenace avversione a Israele. Felicitazioni, il compitino è stato diligentemente eseguito.
Messaggio netto: il popolo d'Israele non si può esprimere, non ha diritto di parola. D'altro canto, l'atto di bruciare le bandiere israeliane com'è avvenuto sempre a Torino il primo Maggio dice già tutto. Significa annientare, o desiderare di farlo.
Lo striscione "boicotta Israele, sostieni la Palestina" che apriva il corteo, non rende bene l'idea; doveva essere sostituito da "Sostieni la Palestina e distruggi Israele".
Una fiera del libro è il luogo naturalmente deputato al confronto fra le culture. E' l'occasione, per un popolo, di raccontarsi di fronte agli altri. Ma Israele no. La cultura di un intero popolo paga le conseguenze della politica dei suoi governanti.
Sarebbe stato un fatto positivo se gli aderenti alla manifestazione, radunati dal network Free Palestine, avessero indetto un forum per discutere sul conflitto israelo - palestinese, invece di sfilare nel solito corteo vecchia maniera.
Ma si è scelta la strada della contrapposizione frontale senza se e senza ma, anticipata dalla scelta di alcuni scrittori di lingua araba, a Febbraio, di disertare l'appuntamento.
Vale a dire, solo noi possiamo parlare, esistono solo le nostre ragioni. Se invitate Israele, noi non partecipiamo.
Le suffragettes dei centri sociali e dei partiti dell'arcobaleno hanno così consumato il loro rito tradizionale e stantio. E poi si chiedono perchè vengono mollati dagli elettori.
Il manicheismo semplificatorio che li affligge, tutto il bianco da una parte e tutto il nero dall'altra, li porta a identificare in Israele il male da sconfiggere.
Stiamo parlando, è bene ricordarlo ai duri di comprendonio, non solo dello stato che occupa ancora terre dei palestinesi; che mette in difficoltà la già precaria autonomia dei territori con la chiusura delle frontiere; che provoca con le sue incursioni militari vittime civili e così via dicendo.
Stiamo anche parlando dell'unica democrazia del Medio Oriente, a parte il fragile Libano che in questi giorni ancora una volta attraversa un momento difficile; dove le dispute politiche non vengono regolate a colpi di kalashnikov come fanno Hamas e Fatah, ma con i metodi della democrazia.
Dove esiste un'opposizione netta alla gestione dell'infinita crisi palestinese espressa da associazioni e gruppi politici ai quali si permette di esistere e di operare.
Dove le donne hanno pari opportunità, non sono schiave del velo e dei loro mariti; dove anche agli arabi che l'hanno voluta è stata concessa la cittadinanza.
Mentre agli ebrei in ogni tempo e in ogni luogo è stato dato il foglio di via, quando non si è tentato di massacrarli.
E proprio qui c'è un nodo fondamentale, che ogni riflessione sulla tragedia che si consuma in Palestina da troppo tempo non può ignorare.
Israele nasce, nel lontano '48, per dare alle comunità ebraiche sopravvissute alla Shoah una terra dove vivere, dove sentirsi finalmente al sicuro. E' il focolare di cui parlava il Sionismo.
Israele nasce con un atto di forza non solo perchè Stati Uniti e Gran Bretagna non si decidevano a sbloccare lo stallo con una mediazione fra le parti, che portasse già allora alla spartizione e alla nascita di due stati.
Ma anche perchè la comunità musulmana, mal rappresentata da dirigenti che in precedenza avevano appoggiato Hitler, non voleva la spartizione.
Casomai voleva una guerra di sterminio contro gli ebrei, "un massacro di dimensioni imponenti" (dichiarazione della Lega Araba, 1947).
Ci sono forti dubbi, dopo sessant'anni, che il mondo islamico su cui si stende l'ombra di Ahmadinejad, Nasrallah e altri ameni leader, abbia abbandonato questo proposito. Nell'attesa di un chiarimento, difendiamo il diritto di parola di Israele o meglio della sua gente, che non può essere zittita per gli errori e le colpe di chi la governa.
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mercoledì 7 maggio 2008

Obama perderà

Se i numeri sono questi, Barack Obama otterrà, al termine di queste estenuanti primarie, la nomination per contendere ai repubblicani la Casa Bianca.
Faccio una previsione che verrà smentita come molte altre (ceffano i politologi, figurarsi il sottoscritto): Obama perderà le presidenziali.
La guerra intestina con Hillary sta dando agli USA l'immagine di un partito totalmente scollato, dove volano gli stracci.
A seguire la campagna dei due pezzi da novanta del partito democratico, si ha l'impressione di avere di fronte i candidati di due formazioni diverse.
Parole grosse, accuse al vetriolo, tutto molto lontano da quello che gli anglosassoni chiamano understatement.
A questo contribuisce molto la speculare testardaggine di entrambi, molto poco politica.
Se si fossero accordati per chiudere le ostilità per tempo, adesso forse ci sarebbero altre prospettive.
Chi se ne gioverà sarà Mc Cain; assiste compiaciuto allo spettacolo, sapendo che l'opinione pubblica americana, come in tutte le società occidentali, vuole essere rassicurata dagli aspiranti leader.
Vuole avere di fronte un referente chiaro, che esprime concetti chiari, con una squadra di collaboratori coesa alle spalle. Soprattutto se il mare è in procella, come nel difficile periodo che stiamo vivendo.
E che per gli States è ancora più duro, fra recessione che morde, problemi di politica estera come l'orrido pantano della guerra irachena e il terrorismo islamico sempre incombente.
Più ampiamente, forse l'America inizia a prendere consapevolezza della svolta epocale che ha imboccato: la perdita del suo ruolo dominante nella comunità mondiale che è durato circa un secolo.
Negli anni 2o del secolo scorso cominciò a crescere la sua forza economica, politica e militare, in coincidenza con il declino delle potenze europee.
La fine dei regimi comunisti aveva sancito la sua vittoria nella guerra fredda e l'assunzione di una leadership incontrastata.
Adesso però il mondo sta diventando più decisamente multipolare; non perchè ha prevalso l'utopia di un governo mondiale partecipato auspicata da alcuni, ma perchè nuovi attori si sono imposti con la loro pura forza demografica ed economica: Cina e India.
Ma anche il magmatico mondo islamico in fronda contro l'occidente, che naturalmente prende a bersaglio prima di tutto l'America.
E la Russia che dimostra apertamente di volersi riprendere una sua vasta sfera d'influenza, che parte dall'est europeo e passa attraverso la cintura dell'Asia centrale.
Di fronte a tali minacce, forse la gente pensa che i repubblicani possano tutelare meglio i famosi interessi americani.
Bush vinse il suo secondo mandato perchè dava la sensazione, di fronte al ragionante, fine ma debole Kerry, di poter affrontare meglio le sfide. Un presidente di guerra, come egli stesso ebbe a definirsi.
E anche gli USA hanno una "pancia", vecchi pregiudizi; inutile farsi illusioni, è difficile che oggi gli americani siano disposti a eleggere presidente un afroamericano. Non è ancora il giro giusto.
Sfido Obama, che non dispone di un consenso compatto neanche nella base del suo partito, ad andare a prendersi i voti dall'altra parte.
Come dimostrano le precedenti presidenziali, non bastano le città, per prevalere serve convincere il paese profondo, il Midwest come il sud.
Se invece ce la farà, sarà un miracolo: tutto americano.
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lunedì 5 maggio 2008

Verona capoccia del fascismo infame

Verona cuore nero dell'Italia morta, Verona capoccia del fascismo infame.
Le viscere della storia rigurgitano il loro veleno.
Verona elegante e benestante, andava alle urne col naso turato.
Votava la balena bianca perchè altro di più a destra non c'era.
I neri erano carogne confinate nelle fogne.
Ora è libera di alzare il suo vessillo, marcia dietro la croce e la svastica.
Contro tutti i diversi, i non ammessi al salotto bello della sua ricchezza.
A Verona puoi morire perchè hai i capelli un pò più lunghi,
perchè la tua pelle è troppo scura per lo standard bianco latte padano.
Perchè non indossi gli abiti ricoperti dalle patacche delle griffes esposte nelle vetrine del centro.
Verona dalle tante chiese in un Veneto deserto della fede.
Dove il sabato sera lasci la moglie a casa e vai sulle statali del sesso mercenario,
a infilare la tua voglia fra le gambe delle minorenni dell'est,
umiliate e sfruttate.
Quelle che hanno l'età di tua figlia.
O a farti infilare il cazzo nel didietro da un viado.
Quello che non vorresti mai che fosse tuo figlio. Pitosto lo copo.
E il giorno dopo in chiesa, oppure in seggio a votare Lega o Berlusconi.
Perchè xe ora de finirla co 'sti immigrati Dio can!
Gli immigrati che lavorano in nero nei nostri cantieri,
al soldo di imprenditori evasori fiscali.
Che muoiono o rimangono storpi per costruire le nostre case,
che finiscono triturati dai macchinari delle nostre fabbriche.
Verona della finzione della gente per bene, è cristiana senza Cristo.
Ama il prossimo tuo diventa odia il prossimo tuo.
Tolleranza e rispetto sono parole dimenticate in fondo ai Vangeli.
I figli dell'elite girano per le strade picchiando e offendendo,
a volte ammazzano.
I figli della Verona bene sono morti prima di diventare adulti.
Li hanno uccisi i genitori.
Quelli che in casa brontolano con la sinistra di merda, quelli che quando c'era lui si stava meglio.
Quelli che sbuffano il 25 Aprile, trasformata dal revisionismo nella festa dei comunisti.
Quelli che non avrebbero mai immaginato, mio figlio è un bravo ragazzo,
non può essere.
Non vedono i poster di Hitler in camera o i volantini forzanovisti sul comò.
Quelli che quando arriva la Digos fanno sparire il coltello o la mazza.
Perchè un figlio è sempre un figlio.
Ogni scarrafone è bello a mamma sua.
Quelli che ricorrono contro la bocciatura del liceo,
il ricorso che i loro padri non si sarebbero mai sognati di fare.
Ciao vado allo stadio a gridare qualche slogan razzista, a fare buuu al calciatore negro di turno.
Torno per cena, se non finisco alla casa circondariale per aver accoltellato un ispettore.
Forse mi candido alle elezioni con Tosi che l'è tanto un bravo toso.
E magari riesco a fare l'assessore, la città ha bisogno di una svolta.
Verona assomiglia a tante altre città del Veneto e d'Italia.
A Treviso dove agli immigrati bisogna prendere le impronte delle mani, dei piedi e del naso. Gentilini dixit.
Ai comuni delle ordinanze dei sindaci, inutili come le grida manzoniane.
A Roma dove gli skins deturpano la lapide delle Fosse Ardeatine
per festeggiare Alemanno.
Ai tanti luoghi dell'Italiotta ridicola e trombona,
che si pasce della retorica dell'assessore che vuole mettere i pitbull fuori dalle scuole.
Dove si organizzano le ronde notturne dei volenterosi per pattugliare le strade.
E la polizia non ha mezzi.
Dove si sottovaluta la bestia fascista... Magari a qualcosa serve.
L'Italiotta rincretinita e suggestionata, che oggi blatera di regole.
Di legalità da imporre allo straniero
e intanto non riesce a dare il buon esempio.
E manda al governo il principe dei corruttori.
Quel tale che ha manipolato le leggi per aggiustarsi i processi, quel tale che per interposta persona dice che Mangano il mafioso è un eroe.
L'Ipod Nano che assieme agli onorevoli colleghi di ogni estrazione ha indultato all'inverosimile.
E ora gli onorevoli banditi parlano di tolleranza zero.
Quel tale di Arcore che è responsabile dello sfascio della giustizia,
lasciata senza soldi e leggi efficaci.
Un sistema fatto per macinare acqua. Fatto da lui.
L'Italiotta sfasciata aspetta, senza un'idea sensata del che fare,
un altro bravo ragazzo.
Pronto a uccidere qualcuno per applicare gli slogan dell'odio.
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domenica 4 maggio 2008

Verona, squadristi neofascisti in azione

Fare due passi in centro con gli amici, in una sera come tante, può essere pericoloso. Rifiuti una sigaretta a una banda di ragazzotti cerebrolesi e attaccabrighe e vieni picchiato a sangue; puoi finire in ospedale in coma a lottare contro la morte. Com'è accaduto a Verona l'altra sera.
Per una volta non possiamo prendercela con l'immigrato, per una volta i responsabili del crimine sono giovani nostrani.
La notizia che dopo l'assurda aggressione contro un ragazzo c'è stato il fermo di un ultrà del Verona legato al Neofascismo, reo confesso, svela la pericolosità di un fenomeno (se ce n'era ancora bisogno) al quale finora non è stata prestata la dovuta attenzione.
Mentre in Alto Adige i kamaraden fanno cerimonie iniziatiche nei boschi, di notte, e si riuniscono in casolari addobbati con le svastiche per progettare la loro guerra delirante e insensata, a Verona il branco si aggira per le strade in cerca di vittime.
Si sa ancora poco, però risulta che il fermato era un frequentatore della curva sottoposto a Daspo e appartiene a una famiglia benestante. La meglio gioventù.
L'estremismo di destra, sottocultura residuata dal 900, pesca negli stadi la sua manovalanza; i dirigenti di movimenti come Forza Nuova propagandano il loro messaggio dove ci sono orecchie più inclini ad ascoltarli.
Poi una volta accalappiati questi passano all'azione a volte anche autonomamente, sfuggendo al controllo dei loro capi. Comè accaduto a Verona. Il branco non è sempre controllabile.
Adesso arriverà la solita presa di distanze degli sgherri di Fiore; i responsabili non erano iscritti, non c'entrano niente con noi, hanno infangato l'immagine del movimento.
Quale immagine? Il loro agire è la inevitabile conseguenza dell'ideologia a cui fanno riferimento, non c'è nessuna immagine infangata. Le cronache e i precedenti parlano da soli.
Forza Nuova, Fiamma Tricolore o altro...Che differenza fa?
E poi inizierà la solita discussione nelle televisioni e sui giornali, interverranno sociologi e psicologi a raccontarci di crisi dei valori, di frustrazioni che si sfogano con la violenza. Colpa delle famiglie, colpa della scuola...
Ma in attesa che gli esperti si mettano d'accordo, nell'Italia dell'eterno dibattere dove si decide poco, serve una legge speciale contro la marmaglia nera.
Una legge come quella che fu fatta al tempo del brigatismo: processi rapidi e galera assicurata per un considerevole numero di anni.
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venerdì 2 maggio 2008

Contro Grillo la strategia della delegittimazione


In Italia fra gli anni 70 e 80 abbiamo conosciuto la strategia della tensione, che mirava a condizionare e distorcere il confronto politico attraverso lo stragismo, gli insabbiamenti delle indagini penali, i depistaggi ed altre operazioni illegali in cui erano coinvolti i servizi segreti.
Oggi invece si preferisce la strategia della delegittimazione; chi disturba il manovratore viene messo in difficoltà cercando di tirare fuori gli scheletri dall'armadio, veri, semiveri o falsi che siano.
E' una strategia non violenta (nel senso che non viene ammazzato fisicamente nessuno), più soft, postmoderna.
Autori non i servizi segreti, le gole profonde, la fantomatica Falange Armata, bensì i giornalisti, le redazioni dei tiggì, i propagandisti dei partiti e dei potenti.
Tutta gente con nome e cognome, con una patente di autorevolezza e rispettabilità esibita assieme al tesserino di giornalista o di parlamentare.
Tutta gente che agita il ditino e insinua, come fa la Rai o il Tg radical-chic di La7; si raccontano frottole o nei casi peggiori si insulta, come la checca isterica Sgarbi che ieri sera ad Anno Zero ci ha omaggiato di una performance che rimarrà negli annali.
E' chiaro che il V2 Day ha colpito nel segno; monta la paura verso tre referendum che potrebbero sparigliare le carte, far crollare privilegi e santuari, obbligare molti giornalisti a fare finalmente il loro lavoro invece di tenere bordone ai partiti o alle lobbies economiche. Emilio Fede sparato sul satellite e maggior pluralismo dell'informazione. Un sogno...
Così, dopo la pubblicazione in Internet delle dichiarazioni fiscali di tutti i contribuenti italiani, scopriamo che Beppe Grillo guadagna qualche milione di euro l'anno.
Perciò non è credibile, perchè il suo vero obiettivo è quello di fare più soldi, non di dare un contributo per cambiare la tragica situazione del nostro paese.
Come sempre accade, quando si è a corto di argomenti, si tira fuori il dubbio: che interesse avrà Tizio a fare questa cosa?
Insomma, se uno non vive in povertà e letizia come Santo Francesco è sospetto; in un paese condizionato da un'etica cattolica ipocritamente interpretata, è credibile solo chi si muove con un puro spirito di servizio. Non incamerando soldi, ma rimettendoci e magari andando pure in rovina.
Regola aurea: mai mettere la mano sul fuoco per qualcuno. Tuttavia mi chiedo, modestamente, a che pro Beppe Grillo dovrebbe esporsi così tanto?
Poteva restare un autore di satira per un pubblico di nicchia, attività da cui comunque in oltre dieci anni ha incamerato buoni profitti.
Per non parlare del fatto che le attività messe in piedi negli ultimi tempi costano e vanno finanziate in qualche modo (e lui contribuisce in prima persona). Cosa dovrebbe fare invece? Chiedere l'elemosina o cercare un generoso benefattore? Un miliardario filantropo?
Chi adesso attacca Beppe Grillo per i suoi guadagni omette di ricordare che dalle liste on-line risulta che il comico genovese ha anche pagato quasi due milioni di euro di tasse, a differenza di molti italiani che cercano di imboscare i loro redditi in tutti i modi.
Chi decide di comprare un DVD o un libro di Grillo lo fa volontariamente, mentre invece noi contribuenti veniamo rapinati ogni anno da un sistema che finanzia la stampa per oltre un miliardo di euro l'anno.
Io, per dirla alla Sgarbi, considero il Giornale di Berlusconi o il Foglio di Ferrara buoni per pulirsi il didietro, ma devo pagare la gabella. Dura lex, sed lex.
Per non parlare dei parlamentari che tutti siamo obbligati a mantenere con le nostre tasse: gente che guadagna decine di migliaia di euro al mese, che fa poco o nulla mentre l'Italia affonda, gente come Sgarbi che starebbe bene in fondo al bidone della pattumiera.
Grillo già al tempo della Prima Repubblica, quando non era ancora così famoso, pagò in prima persona le critiche ai politici dagli schermi della RAI con l'esilio. Anche questo non viene ricordato.
E comunque si voglia giudicare la questione, i problemi sollevati dal cosiddetto Grillismo sono veri, ben venga il dibattito: la prova del nove è la reazione furente del sistema negli ultimi giorni.
In Italia, se si hanno molti nemici è altamente probabile avere ragione.
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