mercoledì 19 marzo 2008

Caso Alitalia, paradigma dello sfascio italiano

Le ultime dal fronte Alitalia ci dicono che l'accordo sulla cessione della nostra compagnia aerea ad Air France è a rischio.
Se la trattativa fallirà, Alitalia porterà i libri in tribunale; la liquidità disponibile può coprire le esigenze dell'azienda solo per un paio di mesi al massimo.
E' un dramma che rappresenta fedelmente quello che è diventato, o forse è sempre stato, il nostro paese da operetta.
C'era una volta un'azienda pubblica ispirata (come tutte le aziende pubbliche) a criteri estranei a una gestione razionale, improntata alla ricerca dell'utile e della redditività.
Secondo il modello dello stato occupatore - imprenditore, gli organici della compagnia di bandiera venivano gonfiati ben oltre le sue reali necessità; com'è accaduto per le poste, le aziende sanitarie, i comuni, le ferrovie e così via.
I partiti lottizzatori facevano assumere persone a rotta di collo, e ampliavano così, in una logica rigorosamente clientelare, la base dei loro consensi.
Immagino che alla direzione del personale a Roma esistessero due archivi, quello normale e quello speciale, contenente i nomi dei raccomandati; e immagino che per le assunzioni andassero a pescare soprattutto nel secondo.
Gli sprechi, come in tutti i carrozzoni statali e parastatali, erano la prassi; il personale di volo alloggiava in alberghi a cinque stelle, a bordo di certi voli venivano offerti generosi buffet, ai piloti venivano riconosciuti, grazie a scioperi ricattatori (che affliggono da sempre tutto il comparto aereo) stipendi ben oltre la media della categoria, e così via di seguito.
Gli sprechi del nostro vettore aereo, come per tutti i carrozzoni italiani, venivano inevitabilmente coperti con le tasse.
Secondo il processo espansivo del debito pubblico (iniziato negli anni 80) che è andato fuori controllo e oggi ci lascia l'eredità di un indebitamento "argentino", pari al 104 % del PIL.
Alitalia poi è stata parzialmente privatizzata (lo stato detiene il 50% circa delle azioni), ma è rimasta fuori dalle ristrutturazioni che negli anni 90 hanno interessato il comparto aereo internazionale.
Congelata nel tipico immobilismo italiano non ha tenuto conto delle novità del mercato, finendo per subirle e accumulare passività sempre più grandi.
I dirigenti si sono succeduti senza una proposta, un piano industriale degno di nota per tenere Alitalia al passo con i tempi.
Caso esemplare quello di Cimoli, accettato da tutti i partiti, che ha contribuito a rovinare Trenitalia prima e Alitalia poi.
Alitalia è stata anche vittima del campanilismo Roma - Milano; siamo credo l'unico paese al mondo munito di due hub per la compagnia di bandiera, con un'inutile duplicazione di costi: Malpensa, la cui costruzione all'epoca si giustificava soprattutto per il giro di appalti e tangenti che ha messo in moto, e Fiumicino.
Oggi Alitalia cade vittima della campagna elettorale; il centrodestra sta sfruttando la crisi per motivi elettorali.
Il disastro è stato provocato da Prodi, berciano nel PDL, ma si sa che il declino di Alitalia dura da almeno 15 anni e che il centrodestra, quando era al potere, non ha fatto nulla per sciogliere i nodi. Le responsabilità di destra e sinistra sono pressochè identiche.
Salviamo l'italianità della nostra compagnia di bandiera, dice Berlusconi, in quella che ormai ci viene presentata come una riedizione della disfida di Barletta, Italia contro Francia; mentre in realtà dev'essere semplicemente trattata per ciò che è, un'operazione di mercato.
L'unica alternativa, in partenza, era l'acquisto da parte di Air One dell'imprenditore Toto, con l'appoggio di alcune banche.
Un'ipotesi all'italiana, in effetti. Un'azienda vuole comprarne una più grande senza i soldi necessari, per cui sarebbe disposta a indebitarsi con le banche...
Ricorda molto la sciagurata operazione della vendita di Telecom a Tronchetti Provera, i cui risultati si sono visti.
Per quanto riguarda la Lega, il suo disinteresse per Alitalia è stato pari all'interesse dimostrato per Volare Web, basata a Varese nel cuore della Padania.
Il cui management, è bene ricordarlo, aveva rapporti stretti con Bossi & Co ed è stato inquisito per il noto crac di qualche anno fa.
Adesso costoro, spalleggiati da Formigoni, propongono una moratoria di tre anni, prima di decidere il destino di Alitalia e Malpensa, come se ci fosse ancora tempo per decidere. E denari da spendere.
Non si capisce bene fra l'altro quali siano i gravi pericoli paventati per Malpensa, dato che 18 compagnie aeree sono pronte a prendere gli spazi lasciati liberi da Alitalia.
Anche i sindacati come al solito si sono messi di traverso, sostenendo che il piano industriale di Air France gli è stato imposto senza la possibilità di consultarlo (e ovviamente smontarlo come da tradizione).
I sindacati del no hanno sempre bloccato qualunque piano per salvare la compagnia, questa è storia. Adesso pretenderebbero che Air France si accolli il fardello di Alitalia così com'è, cosa ovviamente impossibile.
Sfido il paziente Spinetta a trovare un accordo, come ha dichiarato, con le nove (leggasi nove) sigle sindacali presenti in azienda.
Insomma tutti stanno dimostrando la più totale mancanza di senso di responsabilità e degli interessi nazionali.
Siamo alla fase delle parole in libertà, del polverone di dichiarazioni e polemiche, in cui va a sempre a finire qualunque discussione sui problemi italiani.
La Moratti sindaca di Milano dice che Alitalia può anche fallire, l'importante è che si salvi Malpensa.
Il commercialista Tremonti, che fino a due anni fa sentenziava che il mercato deve fare il suo corso, adesso si scopre un keynesiano illuminato: lo stato, se necessario, intervenga. Come resta un mistero, dato che l'Europa proibisce e sanziona gli aiuti statali.
Gli insegnamenti da trarre, in conclusione sono tre. Per le aziende straniere, che l'Italia è un paese dove investire è impossibile, perchè è dominato da una politica corrotta, intrigante e arruffona.
Per i lavoratori di Alitalia, che ai partiti non gliene importa nulla dei loro posti di lavoro. Per i cittadini italiani infine, che se Alitalia non verrà ceduta nelle prossime ore pagheranno loro, in un modo o nell'altro. Nonostante Tremonti e Berlusconi dicano che non vogliono mettere le mani nelle tasche dei cittadini: lo hanno già fatto a suo tempo, come i loro avversari.
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