mercoledì 27 maggio 2009

Guardia nazionale italiana o fascista?

Dal web rimbalza la notizia che è in via di costituzione la Guardia Nazionale Italiana; dal web perchè la stampa tradizionale tace, con la lodevole eccezione dell'Unità in Aprile.
Sopra il simbolo scelto; si tratta della ruota solare, il simbolo di un'associazione di svitati esoteristi tedeschi degli anni 20 confluiti poi nel Nazismo.
Per ammirare la collezione di divise 2009 - 2010 visitate questa pagina. Alta moda paramilitare. La somiglianza con le uniformi del Nazifascismo o almeno in un caso con quelle degli imperiali di Guerre Stellari è lampante.
Niente stivaloni lucidi o fez (per ora), ma in compenso abbondano il nero e il grigio, i grotteschi cappelloni col frontino rigido e i pantaloni con la riga laterale.
Patches, mostrine, l'immancabile aquilotto, tutto il pattume dei gruppi paramilitari è presente. Anche la faccia un pò stolida del "modello" che si è prestato per il set fotografico dice molto.
Per farvi invece quattro risate (o forse no?) leggete il programma dell'associazione nella home page del sito.
Il governo del nano di Arcore ha sdoganato le ronde dei volenterosi attraverso il pacchetto sicurezza, e in antitesi alle ronde dei padani nasce la Guardia Nazionale Italiana, che attende la necessaria autorizzazione amministrativa.
Chissà cosa diranno i carabinieri, i poliziotti e i finanzieri che fanno i conti con le ristrettezze dei bilanci quando costoro andranno a battere cassa dallo stato.
Obiettivi: difendere l'unità nazionale e l'identità culturale italiana, come è proclamato nella dichiarazione d'intenti, vigilare sulla nostra sicurezza... Ancora.
La sicurezza dei cittadini è la puttana della politica; tutti se ne appropriano per accalappiare consensi e suscitare applausi a scena aperta.
GNI o GNR, basta cambiare l'ultima lettera e irrompe di nuovo un capitolo vergognoso del passato. Allora ci risiamo? Il passato ritorna?
Continuiamo a seguire la luminosa dichiarazione d'intenti. Gli aderenti dovranno giurare fedeltà alla Costituzione; segue una citazione del generale Dalla Chiesa: se è vero che esiste un potere, questo è solo dello stato.
Ineccepibile, ma ne deriva che lo stato non può delegare ad associazioni ed enti privati funzioni che sono di sua esclusiva competenza, cioè alcuni compiti che i militi della GNI rivendicano. Lo stato è il popolo, ci dicono... tipico concetto del Fascismo.
Che si propone di fare la GNI? un pò di tutto; competenze tipiche dei guardiacaccia e guardiapesca, protezione civile (ma non esiste già?); c'è un bando di arruolamento per infermieri e medici dei gruppi di soccorso (a che pro? La Croce Rossa e gli ospedali a cosa servono?).
Servizio d'ordine per manifestazioni pubbliche, iniziative di aggregazione sociale e corsi di storia dall'Impero Romano in poi.
I militi della GNI prudentemente ci girano intorno, ma ciò che vogliono è pattugliare le strade, in attesa di solcare perfino i cieli e le acque per portare il pennuto imperiale ovunque: si parla addirittura di dotarsi di mezzi navali e aerei.
Come girano intorno alla questione di fondo, non potendo fare diversamente per non incappare nella legge Mancino: la loro adesione ideale al Fascismo. Ma abbiamo capito lo stesso, non si preoccupino.
Il tempo dirà se siamo di fronte all'ennesimo caso di folklore politico all'italiana o a qualcosa di più serio, di cui preoccuparsi.
Nel frattempo conviene tenerli d'occhio.

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martedì 19 maggio 2009

Doppiette facili all'arrembaggio

La scena della caccia nel Secondo Tragico Fantozzi, chi non la ricorda?
La finzione si avvicina alla realtà. I militi padani hanno riproposto alla Camera un pacchetto di emendamenti per liberalizzare completamente la caccia. Ci avevano provato, gli era andata male, ci stanno riprovando.
Per la liberalizzazione della caccia all'immigrato invece bisognerà attendere ancora un pò. Le doppiette nordiste si accontentino per ora di riempire di piombo gli uccelli migratori. Cosa non si fa in Italietta per conquistare qualche voto in più?
Le elezioni europee sono vicine e la base elettorale del Carroccio, in cui i cacciatori sono ben rappresentati, viene blandita con questo regalino.
Non si può non provare disgusto per una campagna elettorale simile; i ragionamenti sull'Europa e sul ruolo italiano nelle istituzioni comunitarie (che dovrebbero essere l'ovvio argomento di dibattito) hanno ceduto completamente il passo agli spot, alle dichiarazioni incendiarie e alle polemiche tutte interne. Sempre le solite.
Il trionfalismo sul respingimento degli immigrati, le offese di Ignazio Benito Vercingetorige all'Onu e adesso quest'iniziativa di "bassa lega".
Tutto fa brodo per eccitare gli animi, compattare e polarizzare l'elettorato secondo schemi di comunicazione e propaganda ben consolidati.
E non si può non provare orrore per un pacchetto di norme che comprometterebbero definitivamente la tutela dell'ambiente e della fauna, oltre a metterci ancora una volta in rotta di collisione con le normative comunitarie, di cui pretendere il rispetto da parte dei politici nostrani a quanto pare è utopico.
Rimane l'impressione che anche queste elezioni siano una farsa; abbiamo smarrito non solo la ragione ma anche il pudore.

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giovedì 14 maggio 2009

Un record italiano: 32 elettori e 34 candidati


Le sorprese nel circo Italia non finiscono mai; siamo impareggiabili nel dare spettacolo, anche se molto spesso è uno spettacolo fantozziano, cioè grottesco.
In provincia di Lecco c'è un paesello, Morterone, che conta 32 residenti e ben 34 candidati al consiglio comunale, come ha riportato oggi Repubblica - Milano.
Uno scherzo? No, una verifica in Comuni - Italiani conferma: 32 abitanti. Perciò ci sono anche due persone non residenti che aspirano a un seggio nel prestigiosissimo ente.
E' un caso limite ma tutto sommato l'Italia vi si può specchiare dentro. La persona di media intelligenza si chiede che senso ha mantenere in vita un comune di 32 abitanti.
Che senso ha, in una nazione dove i comuni sono circa 8.000 e oltre la metà è sotto i 15.000 abitanti, mantenere in vita enti così piccoli?
Dal punto di vista della razionalizzazione del settore pubblico o da quello del risparmio sui trasferimenti nessuno.
Ma molti enti pubblici uguale molti careghini da spartire: più seggi, più direzioni generali, più gettoni di presenza o indennità da riscuotere, più assunzioni clientelari e più consulenze esterne, talvolta inutili ma sempre lautamente pagate, da regalare agli amici e ai portatori di voti.
Cresce incontrollabilmente il sottobosco del potere politico - amministrativo italiano, fatto da piccoli caporioni, eletti o assunti che siano.
Cresce il peso che grava in modo sempre più insopportabile sulle casse dello stato, vale a dire sui soldi dei contribuenti.
Ecco perchè nei momenti critici, come il terremoto in Abruzzo, mancano i fondi per la ricostruzione e il governo si inventa un decreto, già battezzato dai maliziosi abracadabra, perchè non ci sono i soldi.
Ecco perchè mancano i fondi per avere servizi pubblici adeguati e la pressione fiscale si conserva ingiusta. La mangiatoia costa.
Circa 20 anni fa le provincie erano 90; oggi se non vado errato sono 103, comprese realtà come l'Ogliastra in Sardegna o Verbania in Piemonte che non servono a niente, se non a creare centri di potere che i partiti, tutti i partiti, occupano.
Nell'ultima campagna elettorale sia Forza Italia che il PD erano concordi nell'eliminazione delle provincie, un tema su cui i politici e gli studiosi di diritto pubblico discutevano già agli inizi del 900.
Naturalmente dopo le elezioni il tema è scomparso dall'agenda. Così gli italiani si fanno prendere per i fondelli. Almeno la Lega, a cui le provincie servono come presidio per la creazione del consenso, è sempre stata apertamente contraria.
L'ultima proposta (Calderoli) prevede di sopprimere una provincia ogni 5, mentre invece andrebbero eliminate tutte dando maggiore impulso a strumenti che l'ordinamento prevede già per la semplificazione amministrativa: l'area metropolitana e i consorzi fra comuni per la gestione integrata dei servizi in territori omogenei.
Ma ogni tentativo di riforma strutturale dello stato e degli enti locali, fin dalla remota l. 142 del 1990 è sempre fallito, perchè i partiti a parole si mostrano disponibili a cambiare, ma nei fatti non vogliono mollare l'osso e mettono i costi in conto alla collettività.
E' la logica usata da Berlusconi nel salvataggio di Alitalia e dai suoi predecessori in mille altre occasioni, mentre si sta profilando il crac della Tirrenia che ancora una volta pagheremo noi secondo lo schema già collaudato proprio con Alitalia.
Allo stesso tempo però sarebbe un errore addebitare ai politici ogni colpa; la colpa è anche di noi cittadini, e non solo perchè, ciechi e sordi di fronte alla realtà, continuiamo ad andare a votare sostenendo questo sistema dei partiti.
Nell'Italia dei campanili l'iniziativa di creare nuove provincie di solito viene accolta bene dalle comunità locali.
I progetti di aggregare i comuni ricorrendo allo strumento costituzionale della fusione invece no, perchè ognuno, anche le più piccole comunità come i morterortesi, vuole preservare la sua identità, le sue tradizioni, in una competizione da strapaese con i vicini.
C'è chi presta orecchio alle sirene come Brunetta che risolvono tutto attribuendo la colpa ai dipendenti pubblici fannulloni (in cui andrebbero inclusi i parlamentari assenteisti, sui quali il brevilineo ministro non ha aperto bocca).
Ma questi sono i veri nodi che non sono ancora venuti al pettine. Questi sono i conti che molti italiani non riescono a fare. Compresi i conti con se stessi.
E' un problema di coscienza e maturità collettiva.

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lunedì 11 maggio 2009

L'ipocrisia dell'Europa sull'immigrazione

Le parole sugli immigrati del Commissario ai diritti umani del Consiglio Europeo - ci auguriamo che l'Italia e il Ministro Maroni non portino avanti la politica dei respingimenti - appaiono essere una foglia di fico che copre gli imbarazzi e l'ipocrisia delle istituzioni europee sulla questione.
Con questa dichiarazione il Consiglio d'Europa prende una posizione politically correct e fa una buona figura con l'Onu e i governi del mondo; mentre la UE, che avrebbe ben altri poteri e capacità d'influenza rispetto ai meri atti d'indirizzo del Consiglio, continua a distinguersi per il suo menefreghismo.
L'emergenza parte da lontano; durante il processo costituente europeo tutti i paesi furono sostanzialmente d'accordo nell'escludere dalla competenza comunitaria le politiche sull'immigrazione.
I paesi che per posizione geografica rappresentano la porta sud dell'Europa (Italia, Malta e Grecia), quando l'immigrazione clandestina ha conosciuto una recrudescenza sono rimasti con il classico cerino in mano. Soli a fronteggiare un problema divenuto gigantesco nel giro di pochi anni.
Miopi i nostri governi sia di centrosinistra che di centrodestra, che hanno dimostrato una completa incapacità di lettura degli eventi, e miope l'Europa che non ha previsto la necessità di parlare e agire con una voce comune sul problema immigrazione.
L'afflusso di persone non comunitarie infatti non riguarda soltanto l'Italia; molti bussano alla nostra porta per cercare di andare altrove, in Francia piuttosto che in Germania o nel nord Europa.
Le parole di circostanza del Commissario ai diritti umani e, cosa ben più grave, il silenzio di Europarlamento e Commissione europea, permettono da un lato di fare bella figura e dall'altro di rimandare le decisioni necessarie.
In questo modo si evita di toccare almeno un paio argomenti spinosi, forieri di aspre divisioni fra i paesi comunitari e nelle opinioni pubbliche nazionali.
Numero uno, rivedere l'entità dell'impegno in soldi e mezzi per aiutare l'Italia e Malta a vigilare quelle che sono a ogni effetto frontiere di tutti.
Numero due, decidere se adottare o meno una politica rigida d'ingressi; è facile supporre che il dibattito infiammato degli ultimi giorni in Italia si proporrebbe anche altrove.
Questo secondo aspetto porta a un altro; L'Europa dovrebbe agire unita per affrontare il tema dei flussi migratori, attuando politiche di sostegno allo sviluppo degli stati da cui parte l'immigrazione e stipulando accordi per regolare gli ingressi e combattere i racket che gestiscono il traffico degli esseri umani.
Invece sembra un barcone alla deriva, come quelli dei disperati che attraversano il canale di Sicilia.

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giovedì 7 maggio 2009

Donne, le peggiori nemiche di Veronica


Insomma Papi Berlusconi grazie a Veronica ha fatto la figura del papi chulo, il protagonista di quella canzone scemotta di alcuni anni fa.
Per la giovane Noemi è un papi figo, prima traduzione possibile del termine; ma chulo in spagnolo significa anche magnaccia, ciò che evidentemente pensa Veronica del suo quasi ex-marito.
La sua sortita ha messo in obiettiva difficoltà il nano di Arcore; Berlusconi ha davanti qualche perplessità dell'elettorato (ma i suoi avversari non si illudano, uno smottamento di voti non è all'orizzonte); perfino il Vaticano ha brontolato.
Berlusconi poi ha dovuto modificare all'ultimo momento le liste per le europee, facendo piangere qualche letteronza, e adesso attorniato dal suo esercito di avvocati capitanati da Grima Vermilinguo Ghedini, dovrà fare un pò di conti.
Perchè una separazione formale dalla moglie (nei fatti i due sono già separati da tempo) non solo intaccherà il suo patrimonio ma soprattutto potrebbe rimettere in discussione gli equilibri di potere in Mediaset.
Berlusconi, come i feudatari medievali, intendeva mantenere gli asset a favore dei figli maggiori di primo letto lasciando agli altri i residui. Figli e figliastri. Adesso, conti da rifare.
Perciò attenzione a ferire i sentimenti e la dignità di una donna, la vendetta è femmina e implacabile come insegna Kill Bill.
Una volta tanto spezzo una lancia a favore del Cavaliere; immaginare, come ha malignato qualcuno, che ci sia stato qualcosa di più di un'amicizia fra Berlusconi e la ragazzotta casertana è perlomeno azzardato.
Il Cavaliere ama le scappatelle e le belle donne da sempre, ma credo che non ci sia granchè da investigare in questo caso.
E' altamente probabile che per la diciottenne Noemi il Cavaliere sia solo una figura paterna, anche se qualcuno dovrebbe spiegarle che un uomo di 72 anni semmai può essere suo nonno; per non parlare del fatto che il rapporto più stretto a quanto sembra Berlusca ce l'ha con i suoi genitori, non con lei.
Ma d'altra parte casi del genere alimentano puntualmente speculazioni pecoreccie, che hanno impennate più alte delle speculazioni di borsa.
Piuttosto a mio parere in questa faccenda di dissidi familiari ormai irranciditi c'è almeno un altro aspetto da sottolineare.
Non mi riferisco allo scandalo della tribuna televisiva gentilmente offerta al Cavalier Fracassa da Vespa, o agli attacchi scomposti e bizzarri alla stampa, Repubblica nella fattispecie, rea di aver dato notizia della festa di compleanno.
Ne tantomeno al solito complotto della sinistra per danneggiarlo, che rappresenta l'espediente retorico preferito dal Cavaliere per trarsi d'impaccio. Niente di tutto questo è in grado di scuotere il senso critico degli italiani.
Mi riferisco all'atteggiamento delle donne verso la Lario; leggendo un pò di commenti sul web e ascoltando qualche telefonata alle emittenti locali viene fuori una mobilitazione di molte donne contro Veronica.
Per esempio: come ha osato, i panni sporchi si lavano in famiglia, non è il momento di creare problemi a un uomo impegnato in mille problemi di governo e così via. Per completare il quadretto c'è anche qualche signora che si beve la tesi del complotto.
Che donne sono queste che criticano Veronica? Donne di destra che difendono il loro leader?
Sì in effetti gli italiani si dividono sempre in fazioni rigidamente contrapposte. Ma forse non c'è solo questo.
L'immagine che abbiamo in mente della donna moderna è quella di un soggetto che lotta per l'emancipazione, conscio dei suoi diritti.
La donna moderna è quella che aspira ad avere una sua identità professionale, affettiva e relazionale autonoma dal mondo maschile, dai vecchi clichè sociali. Tanto per restare al tema, è una donna che non tollera più le avventure extraconiugali.
Certi ragionamenti invece portano a pensare che resiste una mentalità a mezza strada fra la donna di servizio anni 50 e la moglie-madre tradizionale.
Sottomessa e pronta a giustificare o sminuire; pronta a difendere u figghiu dalla nuora arpia, e supina come la vorrebbe Berlusconi.
Una di quelle dichiarazioni che non gli hanno fatto perdere voti femminili, contrariamente a quanto avverrebbe in un paese davvero moderno.
Di fronte all'evidente mancanza di rispetto che Berlusconi dimostra da anni verso sua moglie che alla fine ha perso la pazienza, e allo schifo da basso impero dei posti regalati alle donnine dello spettacolo compiacenti non hanno dubbi: scelgono u figghiu.
Altro che i sicari come Feltri e Giordano: le vere nemiche di Veronica Lario sono le donne.

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domenica 3 maggio 2009

In attesa di nuovi miti


R. Guttuso, Testa del Che (1967)

Il film di Steven Soderbergh sul Che Guevara pone un tema fra i tanti: quello dei miti, politici o culturali, che caratterizzano un'epoca.
Come il XIX secolo è stato caratterizzato da Giuseppe Garibaldi, il XX secolo è stato indubbiamente caratterizzato da Che Guevara, che assurge a simbolo massimo della figura del rivoluzionario.
La vita e la morte del Che sono la sublimazione di un'etica, di un impegno personale rigoroso e lontano dai compromessi, che coerentemente ha portato il leggendario comandante a sacrificarsi durante il fallimentare tentativo di insurrezione in Bolivia.
Nel quadro dedicatogli da Renato Guttuso vediamo la testa del Che esposta su un piatto. E' un destino simile a quello di S. Giovanni Battista, che pagò con la morte per decapitazione la sua predicazione contro le ingiustizie e la corruzione del potere.
Che Guevara come il personaggio dei Vangeli fu mutilato per spregio dai militari boliviani, che gli amputarono le mani, e l'immagine impietosa del suo cadavere sul tavolo delle autopsie fece il giro del mondo.
La figura di Ernesto Guevara tende a superare le tradizionali divisioni ideologiche e si è spesso guadagnata il rispetto e l'ammirazione anche di persone molto lontane dal comunismo.
Questo significativo film in due parti del resto è stato diretto da un regista americano: l'America contro cui Che Guevara si è battuto.
Questo perchè, considerazioni ideologiche a parte, Che Guevara è la rappresentazione della purezza, dello spirito eternamente giovane e perciò rivoluzionario per definizione.
Anche chi non è comunista può ammirare Che Guevara che prima di abbracciare il comunismo era una persona animata da un profondo senso morale: un uomo dalla parte degli sfruttati e degli umiliati sempre e comunque.
Prima di leggere Marx e imbracciare il fucile girò l'America Latina per curare i poveri, come è stato raccontato ne I diari della motocicletta.
In tal senso l'argentino morto per spingere alla rivolta i campesinos di un'altra nazione è riuscito a diventare l'icona di un secolo.
Dopo aver visto il fim resta una domanda: quali potranno essere i miti della nostra epoca, che appare così lontana da qualsiasi coinvolgimento valoriale se non ideologico, oltrechè dalla speranza.

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