giovedì 14 maggio 2009

Un record italiano: 32 elettori e 34 candidati


Le sorprese nel circo Italia non finiscono mai; siamo impareggiabili nel dare spettacolo, anche se molto spesso è uno spettacolo fantozziano, cioè grottesco.
In provincia di Lecco c'è un paesello, Morterone, che conta 32 residenti e ben 34 candidati al consiglio comunale, come ha riportato oggi Repubblica - Milano.
Uno scherzo? No, una verifica in Comuni - Italiani conferma: 32 abitanti. Perciò ci sono anche due persone non residenti che aspirano a un seggio nel prestigiosissimo ente.
E' un caso limite ma tutto sommato l'Italia vi si può specchiare dentro. La persona di media intelligenza si chiede che senso ha mantenere in vita un comune di 32 abitanti.
Che senso ha, in una nazione dove i comuni sono circa 8.000 e oltre la metà è sotto i 15.000 abitanti, mantenere in vita enti così piccoli?
Dal punto di vista della razionalizzazione del settore pubblico o da quello del risparmio sui trasferimenti nessuno.
Ma molti enti pubblici uguale molti careghini da spartire: più seggi, più direzioni generali, più gettoni di presenza o indennità da riscuotere, più assunzioni clientelari e più consulenze esterne, talvolta inutili ma sempre lautamente pagate, da regalare agli amici e ai portatori di voti.
Cresce incontrollabilmente il sottobosco del potere politico - amministrativo italiano, fatto da piccoli caporioni, eletti o assunti che siano.
Cresce il peso che grava in modo sempre più insopportabile sulle casse dello stato, vale a dire sui soldi dei contribuenti.
Ecco perchè nei momenti critici, come il terremoto in Abruzzo, mancano i fondi per la ricostruzione e il governo si inventa un decreto, già battezzato dai maliziosi abracadabra, perchè non ci sono i soldi.
Ecco perchè mancano i fondi per avere servizi pubblici adeguati e la pressione fiscale si conserva ingiusta. La mangiatoia costa.
Circa 20 anni fa le provincie erano 90; oggi se non vado errato sono 103, comprese realtà come l'Ogliastra in Sardegna o Verbania in Piemonte che non servono a niente, se non a creare centri di potere che i partiti, tutti i partiti, occupano.
Nell'ultima campagna elettorale sia Forza Italia che il PD erano concordi nell'eliminazione delle provincie, un tema su cui i politici e gli studiosi di diritto pubblico discutevano già agli inizi del 900.
Naturalmente dopo le elezioni il tema è scomparso dall'agenda. Così gli italiani si fanno prendere per i fondelli. Almeno la Lega, a cui le provincie servono come presidio per la creazione del consenso, è sempre stata apertamente contraria.
L'ultima proposta (Calderoli) prevede di sopprimere una provincia ogni 5, mentre invece andrebbero eliminate tutte dando maggiore impulso a strumenti che l'ordinamento prevede già per la semplificazione amministrativa: l'area metropolitana e i consorzi fra comuni per la gestione integrata dei servizi in territori omogenei.
Ma ogni tentativo di riforma strutturale dello stato e degli enti locali, fin dalla remota l. 142 del 1990 è sempre fallito, perchè i partiti a parole si mostrano disponibili a cambiare, ma nei fatti non vogliono mollare l'osso e mettono i costi in conto alla collettività.
E' la logica usata da Berlusconi nel salvataggio di Alitalia e dai suoi predecessori in mille altre occasioni, mentre si sta profilando il crac della Tirrenia che ancora una volta pagheremo noi secondo lo schema già collaudato proprio con Alitalia.
Allo stesso tempo però sarebbe un errore addebitare ai politici ogni colpa; la colpa è anche di noi cittadini, e non solo perchè, ciechi e sordi di fronte alla realtà, continuiamo ad andare a votare sostenendo questo sistema dei partiti.
Nell'Italia dei campanili l'iniziativa di creare nuove provincie di solito viene accolta bene dalle comunità locali.
I progetti di aggregare i comuni ricorrendo allo strumento costituzionale della fusione invece no, perchè ognuno, anche le più piccole comunità come i morterortesi, vuole preservare la sua identità, le sue tradizioni, in una competizione da strapaese con i vicini.
C'è chi presta orecchio alle sirene come Brunetta che risolvono tutto attribuendo la colpa ai dipendenti pubblici fannulloni (in cui andrebbero inclusi i parlamentari assenteisti, sui quali il brevilineo ministro non ha aperto bocca).
Ma questi sono i veri nodi che non sono ancora venuti al pettine. Questi sono i conti che molti italiani non riescono a fare. Compresi i conti con se stessi.
E' un problema di coscienza e maturità collettiva.

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