lunedì 25 gennaio 2010

PD, la notte dei morti viventi

La base del PD pugliese ha scelto Vendola con una maggioranza bulgara, sconfessando l'apparato e il grande vecchio D'Alema.
In Veneto le varie anime del partito dopo un bel tormentone hanno proclamato il candidato a Presidente, in mezzo ai mugugni della corrente perdente e dopo tre settimane dall'investitura di Zaia nel Centrodestra.
Bersani - la nostra linea non cambia. Ma quale sarebbe la linea?
Se questo è l'antipasto della campagna elettorale Il grande omnibus si sta preparando a prendere un'altra bella scoppola; si vede che gli piace, e proprio non riesce a resistere alla tentazione di rafforzare Berlusconi, di regalargli un altro pezzetto di potere in un paese che ne è ostaggio da troppo tempo.
La linea non si scorge e la bussola appare impazzita nella tempesta magnetica in cui i pidini si sono cacciati con le loro mani.
Mentre a Bologna frana la giunta Delbono, a dimostrare se ce n'era bisogno che la presunta sbandierata diversità dei post PCI è un lontano ricordo del passato, il partito che aveva scommesso molto sulle primarie come elemento qualificante della sua identità (partito popolare basato sul principio dell'investitura dal basso dei dirigenti e degli amministratori), le sgonfia senza misericordia come ha dimostrato il caso pugliese.
Le primarie si fanno se comoda, altrimenti cercano di evitarle il più possibile.
Pesano di più le lotte di potere fra i vari generali e colonnelli: guerra  totale di correnti, a dimostrare che il PD è ancora fondamentalmente il risultato della fusione fredda fra due nomenklature, DS e Margherita, figlie della prima repubblica.
In questo scenario, le ragioni per cui un elettore dovrebbe mettere la crocetta sui candidati del PD alle prossime regionali restano misteriose, mentre i calibri pesanti della destra (Zaia e la Polverini), o i suoi efficaci saltimbanchi come Brunetta si fanno capire molto bene e sono già partiti a raccogliere voti.
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venerdì 22 gennaio 2010

Avatar: un blockbuster con poche emozioni


E' arrivato, dopo una campagna mondiale di marketing a tamburo battente. E' arrivato e secondo me ha deluso un pò.
James Cameron attinge a piene mani da un immaginario western e fantascientifico visto e rivisto.
Avatar è Un Balla coi lupi ambientato nel cosmo, con la differenza che questo finisce bene; o uno Starship Troopers dove gli umani sono i malvagi, succubi del militarismo fascistoide e della loro cupidigia, e il conflitto si risolve a favore degli alieni di Pandora con gli applausi dello spettatore. Perchè quei cattivoni si meritano proprio di soccombere.
Storia lineare, dialoghi semplici, personaggi tagliati con l'accetta. Sarebbe stato interessante per esempio narrare la difficoltà psicologica di Jake Sully nell'affrontare l'identificazione progressiva con la sua nuova natura aliena.
Oppure vedere un pò di tormento in più nel direttore dell'installazione mineraria; che invece, pur essendo dubbioso a un certo punto di fronte alla logica sopraffattrice del violento colonnello sfregiato, si limita a qualche smorfia di disappunto.
Ma probabilmente un film scritto e diretto da James Cameron, grande professionista del genere azione, non può essere nulla di diverso.
Bravo nella dinamica e nel ritmo, fantasioso ancora una volta, nell'immaginare tecnologie militari avveniristiche. Meno bravo e profondo nella scrittura.
Cosa si salva di questa pellicola tanto attesa?
Carina è l'idea che gli umani che occupano abusivamente il pianeta interagiscano coi nativi attraverso degli esseri uguali a loro creati in laboratorio, gli Avatar appunto. Un pò come in Matrix.
Carina anche l'idea che gli indigeni Na'vi, attraverso la loro treccia "magica", riescano a linkarsi con gli animali e la flora: i Na'vi vivono in simbiosi e in armonia perfetta col loro mondo. Altro che gli uomini, incorreggibili distruttori dell'ambiente.
Poi c'è la tecnologia 3D che ne rende la visione unica; senza di questa Avatar sarebbe un semi-cartoon come tanti altri.
Avatar è un trionfo di attori e scenari modificati o creati da zero con la computer - grafica: che sia questo il futuro del cinema? Attori e mondi del tutto virtuali?
Al di là di questo e di qualche critica fin troppo facile a un plot a tratti disarmante, se hai un figlio nella fascia dagli otto ai tredici anni portalo a vedere Avatar, si divertirà e imparerà qualcosa: come evitare lo scontro di civiltà e rispettare la natura, istruzioni per l'uso.
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martedì 19 gennaio 2010

Discorso di un ex-craxiano


Parla un ex - craxiano.
Oggi ricorre il decimo anniversario della scomparsa di Craxi. Il suo decennale cade in un momento particolare.
Berlusconi, dopo essersi ripreso dalla tranvata in pieno volto rimediata a Milano, e dopo la pausa melensa e ipocrita del partito dell'amore graziosamente concessa per Natale, ha ricominciato a fare il Caimano, a proporre riforme che faranno strame dello stato di diritto.
In questo scenario è tornata d'attualità la questione Craxi; agitarne la memoria come un vessillo, ricordarlo come un martire perseguitato dalla magistratura politicizzata o comunque asservita a interessi terzi, serve ad ammantare di nobiltà una manovra che ha due obiettivi.
Salvare il Cavalier Fracassa dalle inchieste che  gli pendono sulla testa e sancire il principio per cui la classe politica non è processabile, come invece avvenne durante Mani Pulite; cioè il golpe, il momento fosco di sospensione della democrazia, la via giudiziaria per il raggiungimento del potere da parte dei comunisti e chi più ne ha più ne metta, su cui l'apparato mediatico berlusconiano insiste da anni.
Gli speciali della tivù, l'intitolazione della strada a Milano, l'editoriale di Minzolini e adesso la commemorazione in grande stile (per la prima volta da quando è morto) ad Hammamet alla presenza di Cicchitto, Frattini e Brevilineo Brunetta: tre illustri trapiantati (o rinnegati?) di area socialista. Si scoperchiano le tombe per strumentalizzare i morti.
Berlusconi che sta utilizzando il nome e l'eredità politica di Craxi per la propria convenienza, nella campagna elettorale del 2001 aveva definito i socialisti impresentabili: impossibile fare un'alleanza con aggregazioni socialiste o accogliere candidati di provenienza socialista nelle liste di Forza Italia.
Il Berlusca si era accodato al gruppo di chi, pur  essendo stato legato a Craxi a filo doppio, faceva finta di non averlo nemmeno conosciuto.
Prima Craxi è stato ignorato, o additato quale peggiore delinquente della storia repubblicana, non solo dalla sinistra ma anche dalla destra (in particolare da quella ex - missina oggi accasata nel PDL); adesso se ne opera la rivalutazione.
Craxi è utile nella nuova fase della guerra contro i giudici, per far passare il principio per cui i politici non si toccano, che poi è il leit-motiv della storia dei rapporti fra magistratura e ceto politico nella nostra Italietta.
Aldo Moro infatti, ben prima che Craxi diventasse la guida del PSI, aveva detto - La Democrazia Cristiana non si processa. Aldo Moro, ovvero uno dei martiri più importanti dell'iconografia repubblicana.
Lo stesso uomo che ha guidato governi coinvolti in scandali ed è stato leader di un partito che ha preceduto e insegnato ai socialisti come intascare le tangenti.
Quella Democrazia Cristiana che già dagli anni '50 si finanziava con le mazzette degli appalti e i dollari di Washington, mentre dall'altro lato della barricata i comunisti facevano politica con la fede dei militanti, ma pagavano i conti grazie ai soldi di Mosca e ai finanziamenti sottobanco del mondo cooperativo.
Craxi è arrivato buon ultimo in un sistema che era già consolidato, anche se per anni  ne è stato presentato come l'artefice pressochè unico.
Altrettanto vero è che il sistema di corrutele e di spartizione affaristica della cosa pubblica proprio negli anni '80, gli anni del Craxismo, ha raggiunto un livello di spregiudicatezza senza pari. Ma vi partecipavano tutti a parte alcune mosche bianche.
L'errore di Craxi è stato deprimere l'azione politica a tutto vantaggio della gestione del potere; il PSI, che tradizionalmente era un partito popolare (anche se non maggioritario a sinistra) si trasformò inesorabilmente in un partito di assessori.
Da partito degli onesti (si diceva una volta in una galassia lontana lontana - vedi, quello è onesto, è un socialista) al partito di Mario Chiesa, De Michelis, Larini e Raggio.
Io vengo da una famiglia socialista e ho creduto nel riformismo di cui Craxi si proponeva come guida; ho impiegato anni a venire a patti con la realtà, a capire i limiti e le colpe dell'uomo di cui ciclicamente tutti parlano.
A capire che quello della legalità è il Tema con la T maiuscola che tarpa le ali al nostro paese; ho fatto il mio percorso individuale e ho sofferto ripensando a quello che considero un tradimento da parte del gruppo dirigente del PSI.
Il riformismo è il discorso politico, ancora attualissimo, che questo Centrosinistra da operetta avrebbe dovuto prendere in mano. Il riformismo è il grande incompiuto da Craxi fino al PD.
Considerare Bettino Craxi come il vero unico Belzebù d'Italia è fuori luogo; perfino una persona solitamente saggia come Michele Serra si è avventurata in un'interpretazione a dir poco ardita, che testimonia la resistenza di questo mito negativo.
Secondo Serra l'avventurismo craxiano e la sua aggressività contro i comunisti spinsero l'area di sinistra ad arroccarsi in un isolamento che è all'origine dei guai di oggi. Alla fine è colpevole anche di questo. E sia.
Fra chi grida contro di lui come Beppe Grillo e chi invece lo vuole rivalutare per secondi fini, non scelgo nessuno.
Meglio semmai riconoscerne le colpe, che sono evidenti, e qualche merito, e lasciarlo in pace. I morti sono morti e nel presente ci sono ben altre cose di cui occuparsi.
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lunedì 11 gennaio 2010

Rosarno comune denegrizzato

L'Italia che cambia. Dai comuni denuclearizzati a quelli denegrizzati. Dalle città per la pace, come proclamano certi cartelli all'ingresso dei nostri paesi, a quelle per la guerra.
Guerra fra italiani e immigrati, ma soprattutto guerra fra poveri. Oggi si combattono bianchi e neri, domani potrebbero essere bianchi contro bianchi.
La miseria non ha un solo colore, e la township dove stavano ammassati i clandestini in mezzo alle pantegane non è tanto diversa dalla Rosarno bianca con le pezze al posteriore che si è scatenata: operazione White Year, finalmente niente più negri a Rosarno, almeno  per il 2010.
Pazienza se adesso manca la manodopera a buon mercato, che raccoglieva le arance per le nostre tavole; arriverà qualche altro disperato da mettere sotto. Anzi, hanno già pensato alla soluzione - Faremo arrivare i rumeni. Saranno più docili degli africani?
I rosarnesi hanno sdoganato la parola negro, che dopo gli incidenti  dell'altro giorno adesso tutti usano con grande disinvoltura, con un senso di liberazione. Finalmente si può dire. Gli italiani divisi su tutto si ritrovano uniti sotto la bandiera della xenofobia, alimentata dalla povertà avanzante.
I rosarnesi però, come tutti gli altri italiani che approvano la rivolta contro i clandestini, non sanno un pò di cose.
Non sanno che nell'America dell'800 gli immigrati italiani erano considerati bianchi finti, sostanzialmente dei negri. E non sanno che in Francia, in Argentina e in altri posti ci sono stati pogrom anti-italiani in tutto e per tutto simili a quello di Rosarno.
Gli italiani che applaudono i calabresi (particolarmente ammirata da queste parti è la base leghista), non si chiedono perchè è esploso questo dramma.
Rosarno è una delle tante città dove manca il lavoro, quello vero, quello buono, e le istituzioni hanno smobilitato da tempo.
Dove l'alternativa è fra emigrare e  non fare un cazzo in attesa del colpo di fortuna, che può essere un impiego di tipo assistenziale o il reclutamento nella criminalità organizzata.
Gli italiani fanno come Maroni che mostra il pugno duro contro gli immigrati clandestini; invece di puntare il dito contro chi aveva il potere di intervernire e ha fatto finta di niente, o contro chi fa venire i clandestini per sfruttarli, se la prendono con l'ultima ruota del carro.
Con le vittime del meccanismo, che per una notte si sono abbandonate alla violenza, com'era successo a Castelvolturno. 
Tutti si sono girati dall'altra parte: governo, regione, prefettura, questura, carabinieri, inps, ispettorato del lavoro, onorevoli locali; e pochi hanno il coraggio di dire una verità pura e semplice, che non serve essere del sud per conoscere: a Rosarno non si muove foglia che la ndrangheta non voglia.
Qui non siamo di fronte alla reazione, anche se scomposta, di una comunità. La rappresaglia contro la rivolta violenta dei clandestini è avvenuta perchè la criminalità ha dato il suo placet.
Come al solito, nel baccano delle chiacchiere sterili che animano la nostra vita pubblica, molti non hanno capito un cazzo di niente, a tutto beneficio dei manovratori del vapore che se la caveranno ancora.
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