martedì 8 luglio 2008

Guerra in Iraq: la scelta di Joshua Key


C'è anche chi si ribella alla guerra in Iraq, la scellerata avventura militare voluta ostinatamente da Bush.
Joshua Key, autore del libro "Il racconto del disertore", si è rifugiato in Canada con la famiglia, dove ha chiesto asilo politico; come accadeva negli anni 70 a chi non voleva partire per il Vietnam.
E' scappato per non dover più partecipare alle violenze commesse dai militari statunitensi contro i civili iracheni (in particolare i raid nelle abitazioni) ed è finito nei guai.
Alcuni giorni fa ha vinto un ricorso alla Corte Federale del Canada, che ha deciso il riesame del caso. C'è ancora la possibilità che non finisca fra le mani della giustizia militare americana.
Joshua Key non è il solo ad aver fatto questa scelta, come si può vedere nel sito canadese dedicato al problema, ma la sua vicenda, a differenza di altri, ha fatto più notizia perchè ha dedicato alla sua esperienza un libro di successo.
La sua scelta apparentemente ripropone l'antico dilemma fra l'imperativo della coscienza e l'obbedienza alle regole, in questo caso le regole militari.
Ma c'è di più, è anche la ribellione alle palesi illegalità commesse in Iraq; nelle parole di un altro reduce della campagna irachena "io credo che se al soldato viene dato un ordine che sa essere sia illegale che immorale, ha il dovere di rifiutarne l'esecuzione".
Sappiamo ancora poco dei soprusi e delle stragi commesse dall'esercito USA nell'inferno iracheno.
Tuttavia è chiaro, come ci racconta Key e come dimostrato dagli orrori di Abu Ghraib, o dal bombardamento al fosforo su Falluja, che la questione si pone sia sul piano dell'etica che su quello delle regole d'ingaggio e del diritto internazionale che a più riprese è stato violato.
L'America ha spacciato un'avventura militare motivata da interessi economici e strategici per un conflitto volto a liberare gli iracheni e avvicinarli alla democrazia; la democrazia imposta con metodi di guerra totale e spregiudicata, curiosa teoria.
E per combatterla ha reclutato, ancora una volta, i figli della Working Class, i giovani disoccupati privi di prospettive e di scarsa cultura, che come i civili iracheni sono vittime di una politica di pura potenza.
Eppure, come dimostra il caso di Joshua, I figli in divisa della Working Class in questo momento sono forse la punta più avanzata della coscienza critica americana.
Speriamo che, come i loro padri obbligati a partecipare alla guerra in Vietnam, riescano a scuotere definitivamente l'opinione pubblica. Fra qualche mese negli USA si vota.
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