lunedì 11 ottobre 2010

L'Italia è in guerra: è chiaro finalmente?

Allora siamo in guerra; dopo l'ultima strage di militari italiani la foglia di fico del Peace Keeping è caduta. Se qualcuno ne dubitava ancora...
Come è maturata la nostra partecipazione alla guerra in Afghanistan, la prima in modo così diretto dal lontano 1940? Facciamo un passo indietro.
Era il 2008 e le elezioni erano alle porte: l'ambasciata statunitense di Roma dichiarò che ci si attendeva un'intensificazione del nostro impegno in Afghanistan, sia in termini numerici che qualitativi.
Vale a dire che Washington si aspettava una partecipazione dei nostri soldati alle operazioni contro i Taliban, uscendo dallo schema tradizionale che ovunque li ha sempre visti impegnati in azioni di sorveglianza, di addestramento di forze locali, o di sostegno umanitario alle popolazioni.
Parisi, allora ministro della difesa dimissionario, disse che una tale richiesta avrebbe dovuto essere rivolta non a lui ma al governo subentrante, che ha  aderito con sollecitudine.
Sono cambiate le regole d'ingaggio e difatti buona parte dei nostri caduti sono morti fra 2009 e 2010.
Questo mentre a Kabul franava il nuovo assetto politico a causa degli errori dell'occidente, e veniva spianata la strada alla controffensiva politica e militare dei Talebani.
Il collasso del  progetto di un nuovo Afghanistan dimostra che lo strumento militare, quando manca una seria iniziativa politica, non può mai essere risolutivo. Una volta di più la storia non è riuscita a essere magistra vitae, tutt'altro, le sue lezioni sono state ignorate (vedi Vietnam).
Perciò ci siamo trovati dentro una guerra che riesplodeva, con il nostro ingombrante alleato americano che ci chiedeva di fare di più.
Il governo del Cavalier Fracassa, carente sulla politica estera come sul resto, non è stato mai capace di imporre in sede NATO una discussione seria per giungere a un cambio di strategia.
Berlusconi Il grande pacificatore, colui che millanta una presunta abilità nel mettere d'accordo tutti, non si è visto.
Nè si è mai visto un dibattito vero e aperto sulla questione, nel parlamento e nel paese: la missione è sempre stata rinnovata in mezzo alle pieghe delle leggi finanziarie, e le opposizioni aiutavano il governo a tenersi su la foglia di fico.
Nessuno di quelli che contano ha avuto l'onestà intellettuale di dire che siamo in guerra. E' giusto essere lì? O è sbagliato? E' in contrasto con l'art. 11 della costituzione?
Tutte le opinioni sono legittime ma prima di tutto servirebbe chiarezza, invece di continuare a ripetere che siamo lì per mantenere la pace, o di limitarsi a proporre di armare i nostri aerei con le bombe come proposto da Ignazio Vercingetorige La Russa.
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