giovedì 16 ottobre 2008

Frodi alimentari cinesi: a chi facciamo la predica?


Le forze dell'ordine a Napoli hanno sequestrato prodotti alimentari cinesi, importati clandestinamente perchè non in regola con le normative europee sui requisiti richiesti. Fra questi una partita del famoso latte alla melamina.
Da tempo è in corso una campagna di stampa contro la Cina, accusata di immettere in commercio prodotti non a norma, o addirittura gravemente nocivi per la salute dei consumatori.
C'è stato il caso dei giocattoli prodotti con la plastica tossica, quello delle scarpe contenenti sostanze proibite e così via.
In ognuno di questi episodi è intervenuto il politico di turno, in quest'ultimo il ministro Zaia, a lanciare filippiche contro i cinesi e a rassicurare i cittadini sulla sicurezza dei prodotti che compriamo ogni giorno, a cui la stampa ha dato ampio risalto.
I controlli sono ferrei, ci dicono, e faremo di tutto per garantire la qualità di quello che si consuma ogni giorno.
Ma chi ci crede? E soprattutto con che coraggio ce la prendiamo con i cinesi? Anche le produzioni italiane spesso sono finite nell'occhio del ciclone.
E' solo di qualche settimana fa la scoperta che alcune aziende lombarde ed emiliane, subfornitrici di nomi importanti come Galbani e Granarolo, compravano prodotti avariati (fra cui formaggi conditi con la merda di topo) e li lavoravano, mischiandoli a prodotti freschi, per rivenderli in una partita di giro a costi ribassati alle stesse Galbani e Granarolo.
E la mitica Galbani ha fatto un'altra pessima figura quando si è scoperto, qualche giorno fa, che nel deposito di Perugia ai prodotti scaduti si cancellava la data di scadenza per piazzarli sul mercato. E meno male che vuol dire fiducia...
Se si va a leggere il comunicato dell'azienda nel suo sito, si ha la chiara sensazione di essere presi per i fondelli.
La linea ufficiale è, come sempre, che non sapevano e che sono intervenuti per far cessare i comportamenti illeciti.
Mi ricorda le giustificazioni delle grandi multinazionali dell'abbigliamento come Benetton o Nike, che sostengono di non sapere che i loro terzisti asiatici sfruttano la manodopera infantile.
E poi ci siamo dimenticati lo scandalo di un paio d'anni fa sull'ovoprodotto, anche questo marcito e pieno di vermi, che sempre i soliti subfornitori spregiudicati lavoravano per rivenderlo alle aziende alimentari?
Cosa c'è nel saccottino o nei biscotti che mangiamo alla mattina? Quali sono le politiche dei grossisti o delle direzioni acquisti delle grandi aziende? E poi ci preoccupiamo per quello che arriva dalla Cina.
Ma la cosa peggiore forse è l'omertà strisciante che copre queste frodi alimentari tutte italiane, da parte dei media che fino ad ora hanno affrontato poco e male la questione.
Se non fosse per qualche reporter o qualche giornale ficcanaso come Repubblica, il silenzio sul problema sarebbe assordante. Qui prodest?
A proposito di Repubblica; da questo quotidiano arriva il reportage sui prodotti come formaggi, caseina etc che importatori europei, fra i quali diversi italiani, fanno arrivare da posti ameni come la solita Cina ma anche Russia e Bielorussia, aggirando i controlli doganali in triangolazioni da malditesta. Le tivù non ne hanno parlato.
Il problema delle frodi alimentari va ben al di là della Cina, ci riguarda da vicino. Riguarda in primo luogo l'Italia, paese con una forte inclinazione alle truffe ai consumatori, che vanta precedenti funesti come il caso del vino al metanolo, che ha fatto morire o menomato diverse persone.
Riguarda l'Europa dove ha avuto origine il dramma della BSE, altrimenti detto morbo della mucca pazza; certi fenomeni vi sono un pò ovunque.
Ad esempio si spaccia per made in Italy ciò che non lo è, come l'olio di semi corretto alla clorofilla e spacciato per extravergine che è stato scoperto sul mercato inglese. Anche loro...
E' un problema di etica, materia difficile sulla quale, e spiace molto dirlo, noi occidentali con la nostra civiltà in declino non possiamo più dare lezioni a nessuno.
Quindi anche ai cinesi, più o meno fanno quello che facciamo noi.

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