mercoledì 14 novembre 2007

Il funerale di Gabriele è il funerale del calcio


Stamattina si sono celebrati a Roma i funerali di Gabriele Sandri.
Fortunatamente fino a questo momento non si sono registrati altri incidenti.
E' presto per stabilire cosa è successo; tuttavia, il sospetto che il poliziotto in quella maledetta domenica abbia perso la testa c'è tutto.
Forse ha visto troppi film americani, tipo Serpico o Arma Letale, ed ha pensato di poter fermare un'auto secondo lui in fuga con un colpo alle gomme. Forse lo ha preso un raptus...chissà. Aspettiamo.
Però quanto è accaduto dopo la dice lunga su cosa è il calcio italiano.
Formidabile secondo me la sintesi fatta da Michele Serra su Repubblica: Serra dice che dopo la Sicilia, la Calabria e la Puglia, la quarta regione in mano all'antistato è il calcio.
Il mondo del pallone ormai è una zona franca, dominata da gruppi di tifosi violenti ed arroganti.
E' una mandria animata da una logica di scontro, di lotta senza quartiere contro la società, la legge e lo stato, contro la polizia che ne è una delle articolazioni più importanti.
Logica di conflitto dunque, ma in nome di che cosa?
Sicuramente alcune frange di ultras non hanno precisi riferimenti ideologici, ma è un fatto che le curve sono controllate da gruppuscoli, da "cespugli" di estrema destra.
Mentre black-blockers e animatori dei centri sociali occupano gli stabili di periferia in disuso, i centri di propaganda e di reclutamento dei giovani nazifascisti sono gli stadi. Entrambi poi convergono nelle piazze e nelle strade delle città per creare caos e violenza.
Mi sbagliavo solo sull'entità del fenomeno: pensavo che fossero meno numerosi e quindi meno dannosi dei loro colleghi di estrema sinistra.
Non è così, purtroppo il cancro è cresciuto. Ed oggi alcuni di loro erano al funerale di Gabriele, col braccio teso nel saluto romano. Ignobili.
E il calcio che c'entra? C'entra eccome, nonostante calciatori, giornalisti e manager delle società si affannino a dire che certi delinquenti con il pallone non hanno niente a che fare.
Le società portano la pesante responsabilità di aver accettato la vicinanza dei gruppi di ultras; secondo i casi, vengono tollerati perchè sono temuti o fanno comodo.
Si ha paura delle rappresaglie, delle contestazioni, oppure si utilizzano i greggi di tifosi pecoroni come massa di manovra per protestare contro il sistema, contro arbitraggi e complotti veri o presunti, nascondendo così le proprie colpe: campagne acquisti sbagliate o gestioni di bilancio da bancarottari.
Lotito, unico presidente della A che ha avuto il coraggio di spezzare la complicità, per ora è solo a combattere questa battaglia civile. E si muove sotto scorta.
I calciatori a volte accettano l'amicizia dei capataz ultras (come il fascista Di Canio o il semplicione Materazzi) invece di tenerli a debita distanza.
I giornalisti sportivi danno il loro contributo; conducono trasmissioni insulse dove si litiga a ciclo continuo o attraverso i giornali fanno nascere veleni dal nulla.
La politica dorme o si gira dall'altra parte. Ci sono uomini di partito che bazzicano le periferie ed i club di tifosi per accaparrarsi voti. Finchè un fatto eclatante non li obbliga a far finta di occuparsi del problema.
Il calcio è morto; sono convinto che molti come il sottoscritto se ne sono allontanati, disgustati per averlo visto degradato ad un gioco gladiatorio, ad un'insensata guerra permanente. Tutti contro tutti, ma se serve tutti contro la polizia.
E' un mondo inqunato dalla politica, dai quattrini. Le lotte di potere fra big vengono spacciate per campagne moralizzatrici.
Calciopoli è finita con la punizione di un capro espiatorio (Moggi) e l'assoluzione di tutti gli altri mascalzoni (Moratti, Galliani e Carraro in testa).
Andate in pace.
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