lunedì 21 gennaio 2008

Il governo Prodi alla canna del gas


Ci si è domandato spesso cosa avrebbe fatto cadere il governo; alla fine, salvo ulteriori colpi di scena, domani cadrà sul caso Mastella.
Sarà sfiduciato per un incidente di percorso, ovvero le indagini della magistratura campana sui maneggi puzzolenti del clan capeggiato dall'ineffabile duca di Ceppaloni, che fino alle fughe di notizie e alla pubblicazione sui quotidiani delle intercettazioni, si erano svolte nella segretezza.
Il cardinale Bagnasco, cane da guardia del potere papale, con la conferenza stampa di oggi ci ha messo del suo, ha aiutato ad affondare il coltello nel corpo della vittima.
Era più probabile in effetti immaginare una crisi dovuta ai mal di pancia di Dini, padre dell'ennesima scheggia impazzita e inutile della partitocrazia italiana; il burocrate approdato in vecchiaia alla politica che non ha digerito l'esclusione dal loft del Partito Democratico.
Oppure qualcuno poteva pensare che sarebbe caduto per la questione sociale più volte agitata dalla sinistra estrema, quindi per le misure sul Welfare e il mercato del lavoro, troppo incerte e morbide secondo i leader maximi dei vari partiti comunisti di casa nostra.
Il decano del comunismo italiano, Bertinotti, prima di Natale aveva certificato in un'intervista la morte politica dell'esecutivo.
Viene da chiedersi perchè i presidenti dei due rami del parlamento, invece di adempiere alla funzione che gli è propria e mantenere un ruolo super partes, si sbilanciano in opinioni chiaramente di parte (vedi anche Casini nella scorsa legislatura), ma le prassi istituzionali nella seconda repubblica sono cambiate.
Il presidente della camera interferisce nella quotidianità politica e i pubblici amministratori condannati, come Cuffaro, non si dimettono nonostante le sentenze penali di condanna, anzi festeggiano a spumante e cannoli. E' il sovvertimento delle regole più elementari della democrazia.
Mastella perlomeno si è dimesso dalla carica di ministro che ricopriva indegnamente. Un atto compiuto per senso dello stato, ha detto: l'unico della sua carriera di capobastone democristiano.
Allora dobbiamo concludere che la questione Mastella era un evento imprevedibile?
No, invece è il logico corollario di una crisi drammatica dei rapporti fra potere politico e giudiziario, che procede da troppo tempo senza che se ne veda la fine e compromette gravemente la governabilità e la stabilità democratica.
La casta si ostina a non accettare il sindacato giudiziario sulla legalità del suo operato e tenta di fermare in tutti i modi le procure che scoperchiano un vaso di Pandora dietro l'altro.
Mastella aveva già ottenuto molto, ovvero la defenestrazione di De Magistris; le inchieste del PM di Catanzaro d'altronde gettavano un'ombra non solo su di lui, ma anche su Prodi e il Centrodestra.
Gli indagati nelle tre inchieste di De Magistris destinate all'insabbiamento, appartenevano in maniera bipartisan a entrambi gli schieramenti.
Ma ora voleva che la maggioranza solidarizzasse con lui nell'attacco insultante che ha rivolto ai giudici: pretesa eccessiva. Però Mastella sarà quello che probabilmente uscirà meglio dal naufragio.
La politica dell'uomo di Ceppaloni ha un solo obiettivo: mantenere il suo voluminoso didietro ben saldo su qualche poltrona e comandare, maneggiare, lottizzare.
La prossima poltrona, in attesa di trovare un modo per soffocare le nuove indagini a suo carico, gliela offrirà lo squalo che siede dall'altra parte della barricata, Berlusconi.
Ogni giorno ha le sue pene, ripeteva flemmatico Prodi, ma credo che ormai le pene almeno per lui siano finite.
Per gli italiani, che faticano ad arrivare a fine mese, sicuramente non lo sono; il disastro di questa maggioranza è l'ulteriore conferma dell'ingovernabilità del nostro paese, che avrebbe bisogno di una terapia intensiva ma ha di fronte a se un pronto soccorso vuoto.
Chiuso fino a data da destinarsi.
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