martedì 15 aprile 2008

Elezioni 2008, il Centrodestra e il fattore B

Les jeux sont fait. Le elezioni politiche, mentre è ancora in svolgimento lo spoglio per le amministrative, hanno dato il loro verdetto, chiaro.
Centrodestra vittorioso e Centrosinistra (in versione light) perdente. Berlusconi è ancora una volta sugli scudi con percentuali pari al 46,8% alla Camera e al 47,3% al Senato. Il distacco rispetto a PD più Italia dei Valori corrisponde a circa l'8%.
Adesso per il Cavalier Fracassa arriva il compito di governare. E sarà un onere pesante. E' stato più parsimonioso rispetto al passato nella tradizionale distribuzione delle promesse, ha dimostrato un'inusuale cautela, speculare a quella di Veltroni; comunque la coperta finanziaria è probabilmente troppo corta per fare anche quel poco di cui si è parlato.
Eravamo malmessi prima del 13 Aprile, continueremo a esserlo dopo. La crescita infatti è azzerata, per via delle debolezze storiche della nostra economia e della congiuntura internazionale.
L'equilibrio dei conti pubblici resta precario, perchè in circa quindici anni, da che è nata la seconda repubblica, tutti i partiti non sono stati in grado di eliminare le cause strutturali, le tare ereditarie che bloccano la modernizzazione: evasione fiscale record (pari a circa 100 mld di euro l'anno), spesa pubblica irrazionale e sprecona, costi eccessivi dell'apparato politico - amministrativo più propriamente detto casta.
Almunia della UE, nel commentare l'esito delle elezioni 2008, oggi si augurava che il nuovo governo continui l'opera di risanamento dei conti.
Più che un auspicio un avvertimento sottotraccia per Berlusconi, che nei cinque anni di governo precedente è stato, a causa della finanza allegramente creativa di Tremonti, come un alunno continuamente rimandato agli esami di riparazione.
Sarà pure che l'uomo di Arcore si presenta con una veste nuova, con un'immagine più sobria e responsabile, ma conoscendolo non c'è da ben sperare. Il fiume risponde alla sorgente, sempre. E in questo fìume nuota il caimano.
Ma gli italiani lo hanno voluto e se lo terranno; anche se farà pagare alla collettività il sostentamento di Alitalia o di Malpensa, le sanzioni europee per la mancata riforma della legge Gasparri (300.000 euro al giorno, fino a che l'abuso non verrà sanato), il ponte sullo Stretto di Messina (se si farà come ha detto) e così via.
Ha i numeri necessari in parlamento; tuttavia, che questi siano sufficienti non è affatto scontato. Sempre i numeri (che non mentono) dicono che il PDL da solo non avrebbe vinto alcunchè, risultando poco più grande del PD come massa critica di consensi (cioè 37,4 % contro il 33,2%).
Per inciso la somma dei voti di Forza Italia e AN nel 2006 è superiore a quelli del PDL: Berlusconi non sfonda più, è fermo al suo limite massimo di espansione.
L'elemento veramente decisivo è stato il fattore B: Bossi. La Lega raddoppia i voti, portandosi all'8%. E presenterà il conto.
Chiederà una serie di riforme costituzionali e legislative per avviare il federalismo e pertanto entrerà in conflitto con le componenti del PDL che, vuoi per convinzione politica (ammesso che in Italia esista ancora questo sentimento), vuoi per radicamento elettorale, il federalismo non lo gradiscono.
Berlusconi è maestro nel mediare e tenere insieme forze diverse, ha sempre concesso qualcosa a tutti i suoi compagni di merenda, vediamo se in futuro ci riuscirà ancora.
La Lega esprime sempre più l'insofferenza e il distacco di una parte del paese verso il centro, come postavo tempo fa. I voti alla Lega restano patrimonio suo, sono un'ipoteca per la tenuta del Centrodestra su cui non scherzare.
E questo disagio trasversalmente percorre tutta l'Italia: l'astensionismo aumenta come aumentano i voti del partito di Di Pietro, autore di una bella performance elettorale motivata dalla richiesta crescente di legalità. I partiti meditino, se hanno voglia di farlo.
Finora nella loro bronzea imperturbabilità non l'hanno fatto, visto che nelle liste (non solo quelle del PDL) erano presenti diversi inquisiti e condannati per illeciti di varia natura. Totò Cuffaro andrà al Senato.
Quanto al PD, credere che ce la potesse fare come suggerito a più riprese da Scalfari su Repubblica, era illusorio.
Ma Veltroni ha fallito lo stesso perchè l'obiettivo reale a cui puntava era, se non il pareggio, perlomeno portare il suo partito oltre il 35%. Il risultato è onorevole, ma senz'altro nel loft è considerato non soddisfacente.
Giudizio sospeso, in attesa che il Partito Democratico prenda un'identità e faccia capire al paese cos'è il riformismo di cui parla.
Una piccola nota di speranza; gli elettori hanno dimostrato più maturità degli eletti, spariscono i partitini e si semplifica il quadro politico. Di fatto, sono loro ad aver dato un bel contributo alla riforma della politica.
Come spesso accade nella nostra Italiotta le novità autentiche arrivano più dal basso che dall'alto.
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