giovedì 5 novembre 2009

Crocifisso, l'Italia s'indigna per niente

Maurizio Gasparri: quella sentenza non va rispettata. E infatti: il sindaco di San Remo ha scritto alle scuole del comprensorio per invitarle ad appendere i crocifissi ovunque.
Il sindaco di Montegrotto (Padova) ha detto che non lo toglierà e chissà quanti altri amministratori si preparano alla rivolta contro i giudici "laicisti" di Strasburgo. Sono i Sanfedisti del nuovo millennio.
Quella sentenza non va rispettata: e ci mancherebbe. Quando mai i politicanti italiani, soprattutto a destra, hanno rispettato una sentenza?
Fra l'ennesima gasparrata e la dichiarazione di Berlusconi - non mi dimetterò anche se venissi condannato - non c'è differenza.
Le uniche sentenze giuste sono quelle in sintonia con i desideri di chi comanda o quelle di assoluzione dai reati, sempre che non scatti qualche prescrizione studiata ad arte per vanificare i processi. O al contrario, quelle che condannano gli avversari.
Le altre, che vengano dalla Consulta, dalla magistratura ordinaria o dalla Corte di Strasburgo, non vanno bene.
E', diciamo, una cultura della legalità a intermittenza, naif come quasi tutto ciò che partorisce questo meraviglioso paese di cialtroni.
Perciò i credenti di che si preoccupano? Di che s'indignano? Il crocefisso resterà. Come ha detto una signora in tivù - ne abbiamo bisogno - cioè ne abbiamo bisogno sempre e comunque, anche nelle aule scolastiche o di tribunale. E' come la copertina di Linus.
E' una grande levata di scudi in un paese la cui fede, come in tutto l'Occidente del resto, da molti anni ormai è decisamente annacquata.
Nel paesello del cattolicissimo Veneto dove vivo io solo 1/5 dei residenti va in chiesa alla Domenica.
I banchi dei templi sono vuoti, le vocazioni languono tanto che qui e là cominciano ad apparire sacerdoti africani, con grande scorno dei razzisti padani. Non solo le aziende ormai hanno bisogno di forza lavoro immigrata.
Eppure quando qualcuno rimette in discussione la legittimità dell'esposizione di un simbolo religioso in un ufficio pubblico, gli italiani si riscoprono credenti.
Pazienza per i politici; quelli sono atei devoti, difendono gli interessi della Chiesa in uno stato che invece, Costituzione alla mano, è laico, per ottenere simpatie e voti, benedizioni elettorali, anche se il loro agire spesso non rispetta i principi professati ufficialmente.
Perfino un frequentatore di minorenni e puttaniere incallito come Berlusconi può manifestare indignazione verso l'Europa, e passarla liscia davanti a un'opinione pubblica che invece dovrebbe rilevare immediatamente la sua incoerenza.
Ha ragione quel sacerdote della mia Treviso che sempre davanti alle telecamere ha detto - il crocefisso andrebbe tolto proprio dai palazzi del potere; andrebbe tolto perchè lì Cristo non ha cittadinanza.
Ma la gente, questa sì che sorprende. Il crocefisso è un simbolo che appartiene alla tradizione dell'Italia come di tutto l'Occidente, nessuno può o vuole negarlo.
Ma è una forzatura sostenere che l'imprinting dell'Europa sia solo nel Cristianesimo. Chi lo pensa studi un pò meglio la storia e la filosofia.
E' anche una forzatura dire, come fa l'illustre Gelmini, che la presenza dei crocifissi nelle scuole non significa necessariamente aderire al Cristianesimo, ma confrontarsi con la nostra tradizione. No Gelmini, parliamo di un simbolo che prima di tutto è religioso.
I simboli di fede, sia essa cristiana o musulmana o ebraica o chissà cos'altro, non dovrebbero essere esposti nelle scuole o nei tribunali.
Esporli significa assumere che esista una legge, nel nostro caso quella divina nella sua versione cristiana, superiore rispetto alle leggi dello stato o alla cultura umanistica e scientifica insegnata nelle scuole.
Sulla reale esistenza di tale legge cristiana trascendente (ma il ragionamento vale per qualunque altra religione) non c'è e non ci sarà mai accordo totale fra gli uomini.
Le uniche regole necessarie ad organizzare la vita della società, sono quelle che gli uomini si danno attraverso le istituzioni che hanno creato. Regole condivise per la casa di tutti.
Se lo stato è la casa di tutti e tutti vi si devono poter riconoscere, imporre il simbolo di una religione negli uffici pubblici è sbagliato.
Soprattutto, uscendo dalla teoria, in una realtà come quella di oggi dove ai laici e agli atei si sono affiancati nuovi gruppi di persone di religione diversa.
Ma la gente si tranquilizzi perchè le sentenze non devono essere rispettate, Gasparri dixit. Il crocifisso resterà per la gioia di tutti i fedeli, quelli veri e quelli falsi.

Bookmark and Share

6 commenti:

Zadig ha detto...

Allora, se neghi validità alle argomentazioni della Corte, vorrei sapere per quali altri motivi il crocefisso andrebbe tolto.
Il crocifisso non è un espediente, è un simbolo che riassume tutta la tradizione etico - religiosa del Cristianesimo.
I simboli, come ben sai visto che coltivi la storia, sono importanti eccome.
Un simbolo imposto a tutta una comunità, di cui i cattolici oggi più che mai sono solo una parte, significa assumere che l'idea cristiana sia una verità valida per tutti, a cui tutti si devono adeguare, con le conseguenze per la vita quotidiana che vediamo ogni giorno.
Penso ad esempio alle limitazioni alla libertà di ricerca scientifica, o al sabotaggio del divorzio breve fatto nella scorsa legislatura.
Sottolineo ancora: l'oggetto del discorso è un simbolo imposto negli uffici pubblici.
Nessuno può negare alla Chiesa il diritto di portare avanti la sua missione di evangelizzazione e di esporre i suoi simboli nelle chiese, ma non negli spazi pubblici.
Per ogni simbolo esiste un luogo idoneo.

storico sgrz ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
storico sgrz ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
storico sgrz ha detto...

nfatti poiché è uno stupidaggine che il crocifisso violi la libertà religiosa e il diritto a stabilire come educare i figli non ci siano ragioni perchè esso venga rimosso d'imperio. Come ha fatto notare Adriano Sofri riprendendo Natalia Ginzburg «Non può essere obbligatorio appenderlo. Però secondo me non può nemmeno essere obbligatorio toglierlo». Rimuovere un simbolo non è la stessa cosa che insediarne uno nuovo.

Zadig ha detto...

Ribadisco quanto ho scritto sopra; una questione di simboli come questa si collega a molte altre questioni se vogliamo più pratiche che confermano, ahimè, quanto oggi come oggi siano pesanti i condizionamenti della Chiesa sulla nostra vita pubblica.
Ecco perchè qualcuno ha deciso di partire da lì.

storico sgrz ha detto...

invece secondo me è proprio l'accanirsi sui simboli distoglie energie dalla risoluzione dei problemi pratici cui tu fai riferimetno