giovedì 2 agosto 2007

A Cesare quel che è di Cesare

Ultimo post prima della pausa vacanze.
Finalmente si è scoperchiato un altro vaso di Pandora: la Chiesa Cattolica non paga le tasse, o perlomeno non nella giusta misura.
Questo per effetto della normativa fiscale voluta dal Centrodestra nella scorsa legislatura, che è stata sostanzialmente conservata dall'attuale maggioranza. Dalla Casa delle Libertà al Centrosinistra, la puzza di sacrestia non cambia.
Ecco il cavillo giuridico, escogitato con la furbizia degna del paese natale di Azzeccagarbugli: esentare dal pagamento di ICI ed altre imposte gli immobili che hanno una funzione prevalentemente religiosa.
Vale a dire quasi tutti, anche quelli che garantiscono al Vaticano profitti e che quindi, in realtà, sono riconducibili a natura d'impresa.
Prodi, che ha lamentato l'assenza, nelle omelie dei curati, del richiamo a pagare le tasse, ha fatto autogol, essendo la Chiesa per prima a non pagarle.
Anche questo tema, come spesso accade, è stato ignorato dai telegiornali. Però non si potrà fare finta di nulla molto a lungo.
L'Unione Europea minaccia di intaprendere, in autunno, una procedura d'infrazione contro il nostro paese.
Si tratta solo dell'ultimo capitolo nella storia dei rapporti fra Chiesa e Stato, che dai Patti Lateranensi in poi ha sempre visto il Vaticano godere di un trattamento privilegiato.
Trattamento divenuto incostituzionale, con l'entrata in vigore della Costituzione Repubblicana, informata al principio della separazione fra Stato e Chiesa.
Lo Stato laico e aconfessionale voluto anche dai cattolici deve garantire equità di trattamento a tutte le fedi religiose, senza sconti e favoritismi.
Avanti di questo passo, fra un Papa antimodernista ed arrogante che ripristina la messa in latinorum e una classe politica ossequiosa ed ipocrita, rischiamo che rimettano in auge le decime e poi chissà...magari l'investitura del Premier o del Capo dello stato nella basilica di S. Pietro, come ai tempi luminosi del Sacro Romano Impero.

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