lunedì 2 giugno 2008

Festa della Repubblica, festa a metà


62 anni fa l'Italia decideva di mettere fine alla monarchia scegliendo la Repubblica. Due anni dopo, con l'entrata in vigore della costituzione, veniva messo in cantiere un nuovo progetto di stato e di società.
Oggi abbiamo celebrato di nuovo quella data, il 2 Giugno 1946, ma sorge la domanda se quel cantiere è mai arrivato al termine, o addirittura se è mai partito.
Gli esponenti della Lega Nord hanno marcato visita alla manifestazione; Bobo Maroni per esempio ha preferito starsene a Varese, in mezzo ai suoi Celti. Scontate le polemiche.
Il rubizzo Calderoli con una delle sue solite uscite ricordava che un ambasciatore era presente, manco si stesse parlando dell'omaggio reso da una delegazione straniera.
La tribù dei Galli Insubri che manda un suo esponente in visita di cortesia nella capitale dell'impero?
E aggiungeva che bisognerebbe interrogarsi sull'opportunità di celebrazioni che costano, in un momento in cui le famiglie faticano a sbarcare il lunario.
Più che un ministro della semplificazione, un ministro del semplicismo e delle baggianate. Comincino, lui e i suoi colleghi della casta, a dare il buon esempio dimezzandosi le ricche indennità che percepiscono.
Gli sgarbi istituzionali dei leghisti non sono una novità, ma appare chiaro che di anno in anno questa come altre ricorrenze della nostra storia (il 25 Aprile ad esempio), vengono celebrate con sempre maggiore stanchezza.
Invece di essere feste popolari animate dalla partecipazione della comunità, tendono a essere sempre più rituali officiati per dovere e consuetudine.
Un primo fattore che influisce in tal senso è l'indebolimento della memoria storica collettiva, che credo sia un fenomeno comune a tutte le società.
Passa il tempo e le persone che hanno vissuto determinati momenti cruciali della storia scompaiono; le generazioni più giovani non possono avere lo stesso coinvolgimento emotivo di chi ha visto e partecipato direttamente.
Questo fenomeno è più marcato in un paese come l'Italia, dove il livello culturale medio punta tristemente verso il basso e dove soprattutto il senso di appartenenza alla nazione è sempre stato relativamente debole.
Questo allentamento del vincolo nazionale si è accresciuto a partire dagli anni 90; il sistema paese, per via dell'inettitudine della nuova classe dirigente che ha preso il posto dei partiti storici, si è avvitato in una spirale di crisi di cui non si vede la fine.
Sono ritornate le lacerazioni fra nord e sud, l'Italia si è lentamente disarticolata. Ci siamo trovati a vivere in un paese a due velocità, dove la parte che tiene la marcia più alta e ha il motore più efficiente non è più disponibile a rimorchiare l'altra parte, che continua ad essere ammalata della sua cronica passività.
Per questo la Lega Nord trova un humus fertile sul quale far crescere un sentimento autonomista che a volte sembra nascondere un proposito separatista.
Per questo può riesumare o inventare di sana pianta una storia alternativa, la storia della Padania, che ha successo fra le platee dei militanti avide di messaggi forti di cambiamento e assolutamente a digiuno di nozioni storiche.
Non siamo alla vigilia di una secessione intesa in senso classico; tale ipotesi allo stato attuale è fantapolitica.
Ma una secessione dolce, questa sì è arrivata a compimento e attende solo la sanzione giuridica di una radicale riforma costituzionale. Ci riusciranno i suoi baldanzosi promotori in camicia verde? Qui troviamo un nodo molto difficile da sciogliere, perchè dubito fortemente che i reggimenti di deputati e senatori del sud di tutte le forze parlamentari accetteranno una riforma come quella targata Lega.
Essa infatti condurrebbe alla chiusura pressochè immediata del rubinetto dei finanziamenti da cui non dipende tanto lo sviluppo del Mezzogiorno, quanto la sua sopravvivenza. Le tabelle sul "come sarebbe" sono disponibili ovunque.
Spetta al grande illusionista e mediatore Berlusconi di far quadrare il cerchio evitando la deflagrazione della sua maggioranza, con l'appoggio esterno del Partito Democratico che nonostante si trovi in netta inferiorità numerica alle camere, paradossalmente in questo frangente può giocare un ruolo fondamentale. Non è casuale che anche Bossi abbia più volte mandato segnali di fumo in direzione di Veltroni.
Non è un discorso da cassandre interessate, è solo la constatazione di una persona consapevole di vivere in un paese che naviga a vista, dove non si sa più da dove si viene ne cosa accadrà domani.
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