mercoledì 5 novembre 2008

Bravo Obama, ma adesso viene il difficile


Ce l'ha fatta; temevo che certe diffidenze, per non parlare delle pulsioni razziste latenti in alcuni ambienti della società USA, potessero penalizzarlo. Invece ce l'ha fatta. Un trionfo.
I numeri impressionano; Obama sfonda oltre il 51%, conquista alcune roccheforti dei Repubblicani come il Nevada, l'Indiana e la Florida.
Anche l'Ohio e la Pennsylvania, che secondo molti sarebbero stati l'ago della bilancia, hanno detto Obama.
I Democratici si rafforzano nettamente al Senato e questo è un buon auspicio per l'attuazione delle politiche presidenziali.
Molto più limitato invece il successo nelle corse per i governatori degli stati, ovviamente influenzate dal fattore locale: i Democratici strappano un solo governatore agli avversari.
Ai seggi è andato circa l'80% del corpo elettorale, superando il precedente record di affluenza del 66% che risale addirittura al 1908, il che è tutto dire.
Obama ha scatenato un terremoto politico e ha vinto perchè ha saputo interpretare le aspettative più forti della società americana.
Gli americani hanno vinto perchè hanno dimostrato una grande maturità, hanno confermato di essere una democrazia capace di reinventarsi, di rinnovarsi e di sperare ancora nel futuro.
Dall'altra sponda dell'oceano arriva un segnale di vitalità, pare smentita l'opinione secondo cui gli USA sono già spacciati.
Sicuramente si archiviano in modo definitivo, questo possiamo già dirlo, le vecchie catalogazioni e differenziazioni sociali ed etniche.
E' un'anticipazione del futuro dell'Europa, dove prima o poi faranno capolino anche nella vita politica leader e dirigenti figli di immigrati.
Per dirla tutta anche i politicanti di casa nostra, a destra e a sinistra, pensano di aver vinto qualcosa. Mettono il cappello sopra la vittoria di Barack sulla base di temerari parallelismi.
Walterone Veltroni dice che il vento sta cambiando e ne trae una speranza di riscatto politico ed elettorale, proprio come aveva fatto nel caso della vittoria di Zapatero.
Lo Zelig del riformismo italiano non perde un'occasione per affermare di assomigliare a questo o a quello, gli va tutto bene.
La differenza è che mentre i progressisti degli altri paesi, nelle alterne fortune della politica, a volte vincono e restano saldamente al comando, lui come chi lo ha preceduto li ha sempre fatti perdere o li ha portati a governare in alleanze spurie, che non avevano futuro.
Da destra le veline di Berlusconi Bondi e Bonaiuti dicono che Obama assomiglia al Cavaliere. Lui poi, con il suo inarrivabile talento per l'avanspettacolo, rincara la dose dicendo che quando incontrerà Obama gli consiglierà, perchè è più anziano e dunque più saggio, come si governa.
Sono certo che il Presidente neoeletto stia aspettando con impazienza la lectio berlusconica sull'arte del governo.
Ho visto una vignetta con uno scambio di battute, dove il legame fra Berlusconi e Obama si riduceva al fatto che entrambi bevono il caffè e usano il dopobarba. Perfetta.
Come sempre i politici italiani sfruttano le elezioni di altri paesi, in particolare quelle americane, per farsi propaganda.
Penosi e ridicoli. Almeno i leghisti restano coerenti con la loro truce e volgare impostazione razzista, Obama non gli piace.
Il vero insegnamento che la casta dovrebbe trarre dalle elezioni USA, al di là di entusiasmi eccessivi e strumentali, è che in America si fa largo il nuovo, anche anagraficamente parlando, mentre qui il tanfo del vecchiume, la gerontocrazia inetta e corrotta domina, e non si vede la possibilità che sia tolta di mezzo.
Tornando a Obama, e adesso? Adesso per il nuovo Presidente arriva una sfida durissima e qui si vedrà quanto vale.
Il mentecatto texano Bush gli lascia infatti alcune polpette avvelenate; per esempio la disoccupazione di massa, per esempio un pesante deficit dell'erario federale, svuotato da tagli alle tasse irrazionali e iniqui (difatti ne hanno beneficiato solo le elites sociali) e dalla guerra in Iraq.
Per Obama non sarà affatto semplice far quadrare i conti; ha puntato molto sul rilancio delle politiche sociali (nel campo sanitario, dell'istruzione e del sostegno alla disoccupazione), ma di quali risorse potrà realisticamente disporre?
Altro regalino, la crisi delle borse e delle istituzioni finanziarie che hanno obbligato Washington a bloccare centinaia di miliardi di dollari per evitare il crollo del sistema del credito.
A questo proposito bisogna sottolineare, e non mi pare che molti lo abbiano fatto, che cinesi e indiani hanno dato una robusta mano a sostenere tali interventi con acquisti di titoli pubblici americani.
Perciò gli USA sono esposti con le due principali potenze emergenti, che presumibilmente cercheranno di condizionarne la politica.
Sempre grazie ai Repubblicani, Obama si troverà poi a muoversi in quadro di relazioni internazionali molto deteriorato.
E' deteriorato in Medio Oriente, dove vi sono spine nel fianco come l'Afghanistan, l'Iraq, la Palestina e l'Iran, è critico nell'est Europa dove è rinata la tensione con la Russia, a causa del progetto dello scudo spaziale e della guerra estiva in Georgia.
Anche con noi europei i rapporti non sono così idilliaci; il militarismo avventurista di Bush ha creato critiche e malumori, soprattutto nell'opinione pubblica che adesso inizia a chiedersi cosa cambierà nella politica estera americana.
In Africa date le sue origini si spera in un sostegno allo sviluppo più continuo ed energico. Difficile dire cosa farà, ma è inutile attendersi grandi sconvolgimenti.
Questo secondo me è un altro punto fondamentale. Obama è talmente innovativo che ovunque ci si aspetta qualcosa da lui.
L'associazione mentale fra lui e Kennedy è istantanea e senz'altro avrà il suo bel daffare. Comunque vada, per il momento viva Obama.

Bookmark and Share

Nessun commento: