mercoledì 19 settembre 2007

Sir Robert Plant


Robert Plant, leggenda vivente del rock. E' difficile scrivere qualcosa su un tale, gigantesco personaggio.
Potremmo dire, prima di tutto, che a quasi 40 anni dall'esordio discografico con i Led Zeppelin (era il 1969, un esordio col botto, di quelli che hanno cambiato la musica), Sir Robert è ancora artisticamente vivo. Un miracolo.
Cantante, o meglio artista appassionato e curioso, sensibile alla sperimentazione ed alle contaminazioni, dopo lo scioglimento dei Led Zep nel 1980 ha sempre ricercato nuove strade.
Un percorso di esplorazione delle tante possibilità della musica, secondo alcuni con risultati contraddittori, ma se non altro non si è mummificato, non è diventato la caricatura di se stesso (chi ha detto Rolling Stones?).
Percy, come lo chiamavano i suoi compagni negli anni gloriosi dei Led Zeppelin, è un senatore del rock, l'appellativo Sir gli calza bene; è vissuto in mezzo al glamour ed agli eccessi delle rockstar, senza però autodistruggersi come altri suoi colleghi.
Anzi, col passare degli anni ha assunto atteggiamenti sempre più sobri, signorili, decisamente british.
Ma soprattutto è un uomo capace di rimescolare le carte. Con complici sempre diversi. Quello che sta avvenendo con gli Strange Sensations, il nuovo progetto in cui ha coinvolto musicisti giovani e virtuosi come John Baggott (ex Portishead e Massive Attack).
Un ottimo album nel 2005 (Mighty Rearranger) ed uno nuovo che dovrebbe essere pronto nel 2008. Infaticabile Plant, senz'altro non è più capace dei vocalizzi di un tempo, ma l'entusiasmo, l'amore, è intatto.
Chi come me lo ha visto dal vivo a Pordenone nel Novembre 2005 può confermare.
Sir Robert è, nello scenario complessivamente desolato della musica di oggi, un ponte. E' un vero "Mighty Rearranger" che avverte la necessità, quasi l'urgenza di ricapitolare la grande lezione che parte dal blues, passa per il rock ed arriva al crossover di oggi.
Un lungo viaggio che inizia dai maestri blues come Willie Dixon e Robert Johnson e attraversa le tendenze di un trentennio.
Provare, per credere, Dreamland (2002) o la raccolta Sixty Six To Timbuktu (2003).
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