lunedì 10 dicembre 2007

I partiti sono come un virus

I partiti italiani sono come un virus che si replica in modo inarrestabile. Non passa quasi settimana senza che l'opinione pubblica sia afflitta dall'annuncio della nascita di una qualche nuova formazione politica.
Nel periodo da Ottobre a Dicembre abbiamo assistito alla lieta novella che la famiglia della partitocrazia si è allargata ad includere nuovi membri.
I Liberaldemocratici di Dini, per ora rappresentativi solo di Dini stesso e del senatore Manzione; la Cosa Rossa che si chiamerà la Sinistra e l'Arcobaleno (la poesia applicata alla politica), che però ha già subito alcune defezioni, come quella di Marco Rizzo che presumibilmente fonderà a sua volta un micropartito per mantenere in vita, in saecula saeculorum, il prezioso simbolo della falce e martello.
Poi abbiamo il Partito della Libertà di Berlusconi (a quando la libertà dai partiti?), di cui non si capisce la novità visto che gli iscritti sono gli stessi di Forza Italia ed il leader è sempre lui, Berlusconi.
Alleanza Nazionale fa i conti con l'abbandono della Destra di Storace; anche su quel lato dell'arco costituzionale si fa a gara per stabilire chi è più di destra, esattamente come a sinistra, ficcandosi le dita negli occhi senza misericordia.
Quasi dimenticavo le tradizionali grandi manovre al centro, con l'UDC casiniana che continua a predicare la necessità di stabilizzare il quadro politico inserendovi una grande forza moderata (la Cosa Bianca).
La persona di media intelligenza si chiede a che pro, visto che molti partiti già esistenti rivendicano di essere i legittimi interpreti delle istanze moderate, compresa la suddetta Forza Italia ed il Partito Democratico stesso.
E così mentre anche i socialisti, divisi da anni fra mille schegge impazzite, tentano l'ennesima improbabile riaggregazione, per giunta fuori tempo massimo, vale la pena di riflettere brevemente su due aspetti di una democrazia moderna.
Ovvero due questioni fondamentali: quella della rappresentanza e quella della governabilità. Un sistema democratico deve garantire parità di trattamento fra le forze politiche, o come si dice la par condicio, per esempio nell'accesso ai mezzi di informazione.
Ma un sistema democratico non può anteporre in maniera assoluta l'esigenza della rappresentanza a quella dell'efficienza ed efficacia del processo decisionale.
Oltretutto, nelle democrazie moderne si osserva una convergenza dell'elettorato attorno ai partiti maggiori e ancor di più attorno ai candidati premier che li guidano. I piccoli tendono a sparire o ad essere assorbiti dai primi.
In Italia invece i cespugli, con percentuali di consensi a volte infinitesimali, resistono a dispetto di tutto ed esercitano un potere di ricatto verso le assi centrali delle coalizioni.
Tutto ciò è antitetico rispetto alla democrazia autentica, perchè piccole quote di elettorato e minuscole consorterie portatrici di interessi talvolta poco nobili tengono in ostaggio un intero paese. Un esempio ne è l'Udeur, che rappresenta circa 400.000 elettori.
In una tale situazione non si riesce a raggiungere l'obiettivo della governabilità, quanto mai prioritario nel mondo di oggi, dove i cambiamenti sono rapidi e richiedono un altrettanto rapido adeguamento da parte della politica, che da noi invece ha il passo della tartaruga.
Che questo governo cada o no, sarebbe assolutamente necessaria una nuova legge elettorale in grado di fare sintesi fra le esigenze della rappresentanza e della governabilità. Ma nella nostra Italietta questo è un sogno. Mostruosamente proibito.
Bookmark and Share

Nessun commento: