mercoledì 20 febbraio 2008

Boris Pahor, una voce dell'altra storia

Boris Pahor, ne ho sentito parlare per la prima volta Domenica scorsa; era ospite della trasmissione di Fabio Fazio - Che tempo che fa -
Prima non ne sapevo nulla; la scuola non me lo ha fatto mai conoscere.
Classe 1913, triestino, scrittore con all'attivo decine di libri. Cittadino italiano ma di nazionalità slovena, conosciutissimo all'estero, sconosciuto nel nostro paese dove ha sempre vissuto.
Pluripremiato (ha anche la Legion d'Onore francese), ignorato in casa nostra.
L'occasione per la sua presenza in TV è la ristampa di uno dei suoi romanzi più famosi (ma non qui) - Necropoli - dove racconta la sua esperienza di deportato nei campi di concentramento nazisti.
Mi ha colpito non solo perchè ha rievocato quella tragica vicenda con un tocco di profonda umanità, ma anche perchè è una voce dell'altra storia e dell'altra cultura; quella che dal dopoguerra ad oggi in Italia non è mai stata riconosciuta ufficialmente e quindi divulgata.
E' lo stesso atteggiamento che per decenni ha impedito di conoscere nella sua esatta dimensione il dramma delle foibe (chi lo ha studiato nei libri di storia?), che ha portato a tollerare con un certo disagio gli esuli istriani fuggiti dai titini alla fine degli anni '40.
Non era opportuno parlarne per ragioni diplomatiche, di rapporti con la vicina Jugoslavia e perchè la sinistra comunista, che ha influenzato la memoria della resistenza, voleva rimuovere una pagina imbarazzante.
Voleva cancellare l'altra storia, quella degli sconfitti o di chi, pur non essendolo, non si allineava al nuovo corso politico e culturale.
Pahor rientra in quest'ultima categoria perchè è uno sloveno di Trieste, città conquistata dall'Italia al termine della prima guerra mondiale, dove il Fascismo ha cercato di marginalizzare la presenza slovena.
Ed è poi un intellettuale legato all'umanesimo cattolico e quindi inviso alla parte dominante della cultura italiana del dopoguerra, condizionata dal Marxismo e dal PCI.
Fortunatamente, l'altra storia prima o dopo riemerge dalla nebbia in cui qualcuno cerca di cacciarla.
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