martedì 7 aprile 2009

I nordisti e il terremoto in Abruzzo


Stanno ancora scavando per estrarre le vittime dalle macerie (speriamo che trovino altri sopravvissuti), le scosse di assestamento non sono ancora finite, i crolli neppure.
E' ancora impossibile stilare un bilancio sia pur approssimativo dei danni subiti dal patrimonio immobiliare; perfino Berlusconi, sempre pronto a sparare cifre con grande temerarietà, non si sbilancia (e però non rinuncia a farla fuori dal pitale, avendo dichiarato che l'Italia non ha bisogno di aiuti dall'estero, ce la può fare da sola).
Tuttavia i devoti della causa nordista, i leghisti in particolare ma non solo loro, hanno già cominciato a recitare la tradizionale litania.
Stamattina il mio benzinaio di fiducia, comunque un gran brav'uomo, già notava una differenza fra l'atteggiamento degli abruzzesi e dei friulani, che subito dopo il terremoto del '76 si erano rimboccati le maniche per ricostruire tutto.
Gli stessi friulani, da tempo assurti nell'Olimpo neoceltico a simbolo massimo dell'operosità della gente del nord, all'ora di pranzo venivano citati anche in una trasmissione di Telenuovo, la mitica emittente veronese che manda in onda ogni giorno un talk-show politico.
In studio c'erano il solito leghista, il solito pidino, il solito udiccino e il solito leader del solito oscuro partitello localista, che si chiedevano se gli schei che lo stato destinerà alla ricostruzione verranno ben spesi.
Se la gente dell'Aquila si darà da fare o aspetterà con le mani in mano l'aiuto pubblico; se l'Abruzzo può essere classificato come una regione del centro o del sud: nel qual caso sarebbe da iscrivere immancabilmente nel gruppo dei cattivi, con gli zozzoni calabresi, campani e siciliani.
Mentre ascoltavo queste chiacchere in libertà pensavo: ma non possono aspettare che seppelliscano e piangano un pò i loro morti? Che si riprendano dallo shock?
Non sarebbe questo il momento del silenzio, del cordoglio? E dell'aiuto concreto?
Sappiamo bene tutti come sono stati dilapidati e rubati i soldi della ricostruzione in Irpinia (va detto, con la complicità del nord), e sappiamo bene che a Messina, a 101 anni di distanza dal sisma, c'è ancora gente che vive nelle baracche.
Potremmo dibattere per settimane sulle responsabilità, sulla storia; e non mancheranno di certo le occasioni per polemizzare sui meccanismi della ricostruzione.
Ma questo dovrebbe comunque essere il momento del silenzio e della solidarietà, senza se e senza ma.
Le chiacchere strumentali dei politici devoti al nordismo, a cui la gente abbocca sempre con grande facilità senza fermarsi a riflettere, hanno solo un obiettivo: acchiappare più voti e simpatie, in una gara senza fine a chi dimostra di essere il più duro e credibile.
Salvo poi tacere ignobilmente e coprirsi di ridicolo, come hanno fatto i legaioli, quando sarebbe veramente ora di dare fuoco alle polveri: quando il nano di Arcore distribuisce centinaia di milioni di euro per Roma o per tappare i buchi di bilancio di comuni o di società pubbliche sull'orlo del baratro.
Sono parole ciniche e feroci, che non tengono in alcun conto quello che prima di tutto è una tragedia umana, collettiva, di fronte alla quale bisognerebbe limitarsi a tendere la mano e abbracciare quella povera gente che ha perso tutto. Mi sa proprio che non ci salveremo.

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2 commenti:

lia ha detto...

Sono senza parole!
Ho vissuto in prim apersona il terremoto dell'Irpinia dell'80: anche se avevo appena 8 anni e per noi bambini dormire in macchina o nei rimorchi dei camion, mentre fuori si gelava, sembrava vivere un'avventura, ricordo ancora nello sguardo dei miei genitori il senso di frustrazione e d'impotenza. Dover stare a guardia delle proprie case lesionate ma non poterci entrare per recuperare le proprie cose. Evidentemente questi signori qua non hanno mai vissuto un'esperienza simile...

Zadig ha detto...

No, questi signori qua non hanno mai vissuto niente di simile.